La guerra di Putin

C’è del marcio al Cremlino

di Giuliano Longo

Il sistema sovietico era caratterizzato da una massiccia corruzione e da enormi inefficienze, la Russia di oggi ha tenuto il passo con l’Unione Sovietica in fatto di corruzione. Per un po’ la Russia è stata persino senza proiettili, ma mentre questo aspetto è stato risolto, ci sono una serie di altri problemi nel “sistema” che mettono alle strette  il governo russo e i particolare Putin.

 

Un primo aspetto è il fallimento della prima fase dell’invasione in ucraina a febbraio dello scorso anno, quando  l’esercito russo ha commesso un errore dopo l’altro, vedendo le sue forze corazzate colpite dai combattenti ucraini. Si è scoperto che l’armata della operazione Z,  non era all’altezza del lavoro e, politicamente, che Putin aveva sottovalutato Zelensky e l’intervento della Nato e di Washington.

 

Un esercito pigro non ben addestrato o non ben guidato. Dopo perdite molto pesanti in uomini e attrezzature, molti generali e colonnelli anziani sono stati sostituiti e l’esercito si è riorganizzato imparando a combattere una guerra moderna.

 

Cambiamenti sostanziali evidenziati oggi dalla resistenza alla controffensiva ucraina che, per ora, non sfonda nonostante l’impegno della NATO e dell’Occidente guidato da Washington.

 

Ma è ormai evidente che la stesse certezze non valgono per la sicurezza interna.L’eccezionale livello di sabotaggi e uccisioni all’interno della Russia ci dice che il sistema di sicurezza interna è al disotto , molto al disotto, di quello che era con L’Unione Sovietica.

 

Oggi i il gioco  interno ed estero dei Servizi russi è quello di gettare i suoi avversari dalla finestra, avvelenarli, farli saltare per aria con le loro auto o sparargli per strada.

 

Questi atti sembrano essere la norma, ma rappresentano una cattiva fama per qualsiasi governo che voglia essere considerato affidabile e responsabile. Tanto più che gli autori non vengono mai catturati o puniti, probabilmente perché gli omicidi sono stati tutti decretati in precedenza.

 

In questi giorni  il gruppo Wagner, di  Prigozin ha tentato, se non un vero e proprio colpo di Stato, una azione di forza contro i vertici militari e contro Putin (in maniera più soft) , marciando, per poi ritirarsi da  Rostov sul Don dopo essersi avvicinato a 200 chilometri da Mosca.

 

Prigozhin rivendica il sostegno popolare per la sua operazione, tutto da dimostrare, perché non bastano 25mila uomini sia pur superaddestrati a sconvolgere il sistema, occupandone i centri del potere, come avveniva e avviene in paesi del terzo mondo e dell’Africa.

 

Ma questa in se non è una stranezza,  davvero strano è che Prigozhin sempre più critico e insultante nei confronti del Cremlino e dei vertici militari, non sia stato arrestato e incarcerato prima, o secondo l’attuale consuetudine politica russa, liquidato.

 

Anzi è sparito per 48 ore sino a quando il portavoce di Putin, Preskov ha dichiarato che il capo della Wagner “è in esilio in Bielorussia”, mente le autostrade verso Mosca si liberano, a Rostov sul Don torna la normalità, il ceceno Kadirov ritira le sue truppe scelte e addirittura media ucraini sospettano che la Wagner punti di entrare in Ucraina dalla Bielorussia.

 

Insomma questa storia dell’esilio a Minsk pare più una toppa per nascondere il relativo rischio corso dal Cremlino, un rischio che comunque ha avuto il suo effetto mediatico globale.

 

L’ex cuoco di Putin che ha scosso l’albero senza far cadere il frutto e se la sta godendo sotto immunità, a casa di Lukascenko con il meritato riposo del guerriero, comunque presente in spirito nei dorati corridoi del Cremlino.

 

E pensare che Putin aveva tenuto un discorso alla nazione (piuttosto succinto) in cui definiva l’operazione Wagner “tradimento” e la marcia su Mosca un “ammutinamento”, “una pugnalata alle spalle” alla Russia, dichiarando che ambizioni e interessi personali avevano spinto Prigozin al tradimento, sul quale la Procura di Mosca aveva avviato un procedimento.

 

Poi, ancor più strano, spunta il leader bielorusso grande amico di Vladimir,  Lukascenko, che blocca la minaccia su Mosca, mentre Putin, la scia scappare il suo ex cuoco come un normale Narkos spalleggiato dai governi del suo Paese. Anzi, c’è di più, poiché gli  ritira pure  l’accusa di tradimento e lascia scappare impunito .

 

Ma va là. Ammettiamo pure che il capo della Wagner abbia reagito alla esclusione della sua Wagner (sanguinosamente provata a Bakhmut e Soledar)  dai più recenti bandi  per l’arruolamento di milizie private, nonostante medaglie, riconoscimenti ufficiali e fanfare.

 

Ammettiamo anche che l’ex “cuoco” del Presidente avesse da tempo fiutato che i militari, ormai insofferenti dei suoi continui attacchi e insulti,  avessero deciso di far fuori lui e la sua banda tirandogli addosso qualche missile dalle parti di Rostov.

 

Ma che c’entra Lukaschenko, quando potenze ben più importanti di Minsk quali Cina e Turchia, solidarizzano con l’attuale governo russo e le stesse reazioni della Casa Bianca sono molto caute? Ci voleva un maggiordomo per far finta di tirar fuori le castagne dal fuoco allo Tzar. Minsk non è la svizzera e le immunità  potrebbero anche durare poco.

 

La vicenda sarebbe conclusa (non nelle sue conseguenze politiche), ma appare sempre più come il gioco delle tre carte, con la curiosa e improbabile affermazione di Putin che la Russia non sarebbe ricaduta nella guerra civile come nel 1917.

 

Come se qualche migliaio di mercenari equivalesse ai milioni si soldati della “Guardia Bianca” (anche allora sostenuta dalle potenze occidentali), che trascinarono in Russia la vera guerra civile fino 19921.

 

Questa affermazione avrebbe  un senso solo se  Putin temesse un vero colpo di stato dell’Esercito o di altri ambienti economici e che Prigozin gli sia servito servito ad anticipare e sventare questo pericolo.

 

Nel gioco delle tre carte ci vuole un mazziere ed un socio che faccia finta di giocare e continui a vincere. Orbene, Putin e Prigozhin sono fraterni amici  di lunga data, e ovviamente Vladimir deve “aver sofferto” nell’attaccare il suo sodale, salvo garantirgli sottobanco l’immunità.  Tanto che ancora la Wagner “vive e lotta insieme a Lui” in Africa miniera (in tutti i sensi) di corposi interessi.

 

Se il grosso problema per la Russia fosse stato quello  quello di portare la Wagner sotto il comando dell’esercito russo, Putin, il suo Ministro della Difesa Shoigu  e tutto lo Stato Maggiore, avrebbero fallito.

 

 Non basta che la Duma (parlamento russo) si affretti a promulgare una nova legge sulle milizie private, che storicamente,  come i pretoriani della antica Roma, problemi ne creano sempre, anche in America come è successo con la vicenda della BlacKwater i cui dirigenti furono graziati da Trump nonostante i conclamati crimini in Iraq  e in Afghanistan

 

Ma c’è un aspetto più politico che attiene alle trame interne del Cremlino. Scorrendo  media e i blog russi si nota che Prigozin gode di popolarità  in certi settori, soprattutto quelli che vogliono più sangue e distruzione in Ucraina.

 

Risultano quindi piuttosto posticce  le sue recriminazioni contro una guerra che non si doveva combattere, quando proprio le sue milizie di distruzioni e di guerre si nutrono.

 

Prigozhin è un propagandista di talento e sa come sfruttare i social media. È stato riferito che ha persino violato la televisione russa per diffondere il suo messaggio.

Ma l’altro lato della medaglia dimostra che la sicurezza interna russa e i leader politici non sono riusciti a cogliere la gravità della minaccia che hanno dovuto affrontare abbozzando.

 

Quindi non c’ bisogno di raffinate analisi per capire che l’apparato di sicurezza russo (altro che vecchio KGB) non è all’altezza, corrotto, forse infiltrato dagli alleati di Prigozhin o almeno dalle coalizioni anti-regime di Putin.

 

In una certa misura Putin con l’invasione  avrebbe inscenato una bellicosa farsa di Impero sovietico o Tzarista,  senza avere il completo controllo della situazione e spaventando, ad esempio, i suoi oligarchi di cui Prigozin è un esponente.

 

In Tal senso singolare è l’affermazione del cuoco secondo la quale i militari e il governo russo mentirebbero al popolo sull’andamento disastroso del conflitto ucraino.

 

Se il sistema scricchiola come afferma il segretario di stato americano Blinken, sicuramente a Mosca c’è qualcosa di marcio  e dovremo aspettare per vedere cosa succederà nei prossimi giorni o settimane,  se mai ( e non è detto) le nebbie sul Cremlino si dissiperanno.

 

Ma è nostra opinione personale, che nemmeno un golpe vero e proprio, nonostante i gridolini di gioia di Zelensky, porrà fine al conflitto in Ucraina. Anzi, c’è il rischio che arrivi qualcuno peggio di Putin.

aggiornamento la Guerra di Putin ore 14.02

Related posts

Dimissioni ai vertici del Ministero della Difesa russo

Redazione Ore 12

Borrell (Ue): “La Russia ha provocato molte vittime con armi vietate dalla Convenzione di Ginevra”

Redazione Ore 12

Ecco perché la Banca centrale russa ha alzato il tasso di riferimento al 12%

Redazione Ore 12