Norme fiscali

  Cedolare secca, cresce l’appeal per la sostitutiva sugli affitti

  

La cedolare secca per gli affitti prosegue la sua corsa. Dalle ultime statistiche del Mef sulle dichiarazioni dei redditi 2024, si rileva infatti, in modo netto, il trend di crescita continua del numero dei locatori che optano per la tassa piatta. Il fattore distintivo di questo regime risiede nella possibilità di sostituire le imposte tradizionali con un’unica imposta sostitutiva. Inoltre, il regime di tassazione opzionale applicato ai redditi da fabbricati ad uso abitativo dati in locazione sostituisce, oltre all’Irpef, anche le relative addizionali, l’imposta di registro e l’imposta di bollo. Per tale ragione è considerata a tutti gli effetti un’agevolazione.

Con la cedolare secca oltre 21 miliardi di imponibile
L’ammontare imponibile originato nel 2023 dagli affitti rientranti nel perimetro della cedolare secca è stato pari a 21,6 miliardi di euro, in pratica +8,6% rispetto al 2022, mentre il gettito effettivo dell’imposta dichiarata ha oltrepassato i 3,7 miliardi di euro, registrando un +8,6% rispetto all’anno precedente, sempre il 2022. A seguire, prenderemo in esame l’andamento del gettito a seconda della tipologia del regime di affitto scelto dal locatore.

Imponibile da 13,7 miliardi di euro dalla cedolare secca al 21%
La cedolare secca si distingue per 3 distinte aliquote applicabili ai diversi tipi di contratti di locazione, offrendo comunque opzioni vantaggiose per i proprietari in tutti i casi. In particolare, l’aliquota al 21%, per i contratti di locazione a canone libero, che offrono maggiore flessibilità nella definizione del canone e in cui rientrano anche gli affitti brevi di un solo immobile, nel 2023 ha garantito un imponibile di 13,7miliardi di euro, mettendo a segno un + 7,4% rispetto ai 12,8 miliardi del 2022. In media, i quasi 2 milioni di locatori che l’hanno scelta, 1.976.000 per l’esattezza, hanno percepito un reddito d’affitto lordo di 6.940 euro nel corso del 2023.

Cedolare secca al 10% con 7,4 miliardi di euro di imponibile
Il 10% si applica sui contratti a canone concordato, riservati a specifici comuni con alta tensione abitativa o a categorie particolari come studenti universitari e locazioni transitorie (da 1 a 18 mesi). Questa aliquota ridotta è particolarmente vantaggiosa per i proprietari che desiderano accedere a benefici fiscali mantenendo canoni competitivi. Lo dimostra il fatto che è stata preferita da oltre 1 milione di proprietari, 1.108.560, i quali in media hanno raccolto un affitto annuale lordo nel 2023 pari 5.720 euro.

Contratti d’affitto brevi, aliquote del 26% e del 21%
Per i contratti di locazione che non superano i 30 giorni, gli importi costituiscono redditi diversi. Dalle statistiche delle Finanze sono solo 30mila i proprietari che l’hanno utilizzata. L’imponibile registrato è stato comunque di 438 milioni di euro, mentre il guadagno medio è stato superiore a 14mila euro annui lordi, 14.207 euro per l’esattezza. Una somma cospicua rispetto ai canoni delle altre tipologie contrattuali d’affitto. L’aliquota del 26% è applicabile solo dal secondo immobile locato in poi, mentre il primo può beneficiare dell’aliquota al 21 per cento. Questo regime è valido per un massimo di quattro immobili locati brevemente, oltre i quali l’attività è considerata imprenditoriale.

Gettito dell’imposta oltre i 3 miliardi nel 2023
Dopo aver esaminato l’andamento delle adesioni e dell’imponibile, passiamo ora all’analisi del gettito effettivo dell’imposta collegata alla cedolare secca. Nel 2023, s’è registrato un ammontare pari a 3,7 miliardi di euro, in media 1.280 euro per ciascun locatore.

Fonte Agenzia delle Entrate

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