Economia e Lavoro

Cgil, Cisl e Uil di nuovo in piazza contro le scelte del Governo. Grande manifestazione a Napoli

 

C’è un Paese in crisi. Cgil, Cisl e Uil chiedono al governo il cambiamento necessario. Lo hanno fatto con le piazze piene di Bologna Milano, sono tornati a farlo a Napoli. In città è confluita la rabbia e le istanze della piattaforma nazionale e, in particolare, delle otto regioni del Sud. Per questo il segretario regionale del Quadrato rosso ci ha detto di aver preparato questa manifestazione “sentendo il peso di una grande responsabilità. Perché è l’ultima tappa, arriva dopo il successo delle manifestazioni precedenti, ma soprattutto perché pensiamo che questa manifestazione, portando in piazza le regioni del Mezzogiorno, abbia un grande valore e il dovere di creare ancora più spinta affinché il governo ascolti le richieste dei sindacati. Tutti i provvedimenti decisi finora lasciano senza risposta i grandi problemi e le grandi contraddizioni del Sud. Dal Documento di Economia e Finanza al Decreto Lavoro, le scelte di questa maggioranza non forniscono alcuna soluzione”.

La priorità, neanche a dirlo, resta iltema salariale. “Perché se nel nostro Paese esiste un problema legato ai bassi salari, tanto che in Europa i nostri stipendi sono tra i più bassi, al Mezzogiorno scontiamo un doppio gap, con il resto del continente e con le regioni del Nord”.

L’autonomia differenziata

La manifestazione è un punto di arrivo, costruito per settimane attraverso le assemblee sui luoghi di lavoro. Tra i temi caldissimi che le hanno animate e hanno trovato il consenso e scosso le coscienze dei lavoratori, c’è l’autonomia differenziata. “Per spiegare a lavoratori e cittadini di cosa parliamo, basta dire che, qualora passasse l’idea che il 90% per cento delle tasse deve rimanere nella disponibilità delle singole regioni e non deve essere versato allo Stato per una equa redistribuzione, il Sud subirà una ulteriore disuguaglianza. Solo per fare alcuni esempi – ci spiega Nicola Ricci – la Lombardia incassa per IRPEF, Iva e Ires 70 miliardi di euro, se trattenesse nelle proprie casse il 90% di questi introiti, noi saremmo penalizzati. Il Veneto e l’Emilia-Romagna viaggiano intorno ai 30 miliardi. Questo metterebbe le regioni del Nord nelle condizioni di avere un sistema sanitario che potrà attrarre grandi professionalità e luminari della medicina. I nostri giovani laureati che al Sud non trovano lavoro andranno al Nord. Stesso discorso sul tema dell’istruzione. Al Nord si potrebbero fare grandi contratti integrativi. Sul settore dei trasporti, sul lavoro, tutte materie delegate alle regioni. Con quelle risorse il divario tra Sud e Nord esploderebbe. In Campania si pagano 18 miliardi di euro di tasse, non reggiamo il confronto con il Nord. La Calabria incassa 5,7 miliardi di euro, la Puglia 12,5 miliardi. E sulla nostra regione alla fine graverebbe il peso maggiore”.  Il segretario, per spiegarci cosa dovrebbe fare un governo che davvero volesse risolvere i grandi divari del nostro Paese, tira in ballo l’esempio della Spagna. Il recente accordo firmato dalle comisiones obreras, i sindacati, e dal governo di Madrid. Nell’intesa, al fine di combattere l’inflazione e l’impennata del costo della vita, si prevede, in pochi anni, un aumento salariale del 10%, il 4% subito. Una scelta che arriva a poco tempo dal provvedimento con il quale si è di fatto spazzata via la precarietà, riducendo al minimo la possibilità di utilizzare contratti a termine. “Il nostro governo vive sulla luna e non tiene in debita considerazione le difficoltà strutturali del Paese. So bene che il modello spagnolo qui non è replicabile, ma in qualche modo si dovrà comunque intervenire su lavoro, salari e precarietà”.

Ecco la miccia di questa protesta che cresce. “Oggi portiamo in piazza i cittadini, le associazioni, la società civile per chiedere un cambio di passo. Anche sulla situazione della sanità. Qui al Sud siamo costretti a sopportare liste di attesa interminabili e il mancato rispetto di diritti basilari. In termini economici la sola Campania ha un deficit annuo di 400 milioni di euro e i nostri cittadini per curarsi sono costretti ad andare in Lombardia o in Emilia-Romagna”. Il problema, quando si parla di condizione del Mezzogiorno, è anche di natura culturale. “Ci siamo stancati di sentirci ripetere, anche in questi mesi, nelle riunioni, nelle motivazioni che indirizzano alcune scelte, nell’atteggiamento del governo, che le risorse devono essere dirottate al Nord perché ‘lì sì che si riescono a fare investimenti e piani di rilancio’. Mentre al Mezzogiorno la ricetta resta sempre la stessa: assistenzialismo e ammortizzatori sociali. È tutto sbagliato. Il Sud ha bisogno di investimenti, di far rinascere l’industria, il manifatturiero. Noi abbiamo molte eccellenze, bisogna che si creino le condizioni per farle emergere, per offrire prospettive ai giovani, alle donne, agli over 50. Questo è possibile solo investendo sul territorio per consolidare quello che già c’è, ma anche per creare un piano eccezionale di rinascita”.

Fonte collettiva.it

Related posts

Riforma fiscale finanziata per metà dalla crescita del Pil

Redazione Ore 12

Imprese, Disco verde del Governo al Codice degli incentivi

Redazione Ore 12

Le feste porteranno un boom del turismo. Previste 13,8 mln di presenze. Lo studio di Assoturismo-Confesercnti

Redazione Ore 12