Economia e Lavoro

Consumi, Confesercenti: “Il caro vita gela la spesa degli italiani. Crescita in termini reali azzerata anche nel 2023”. Ecco il report di Istat

 

di Chiara Napoleoni

L’Istat conferma: il caro-vita gela i consumi degli italiani, costringendo le famiglie a spendere di più per acquistare di meno. Nel 2022 la spesa delle famiglie è cresciuta dell’8,7% in valori correnti, ma l’aumento è un ‘effetto ottico’ dovuto all’aumento dei prezzi: al netto del tasso di inflazione – che lo scorso anno ha raggiunto l’8,7% – i consumi sono rimasti fermi. La corsa dei prezzi, dunque, ha inciso pesantemente sui consumi e sul potere d’acquisto delle famiglie, in particolare quelli più deboli, e continuerà a pesare anche nell’anno in corso. Così Confesercenti in una nota. La polarizzazione tra le famiglie consumatrici – come sottolinea anche l’Istituto di statistica – è evidente: il 50% di esse non ha speso più di 2.197euro. Inoltre, di fronte ad un così elevata corsa dei prezzi, i nuclei familiari hanno reagito sia attingendo ai risparmi accumulati durante la crisi sanitaria dovuta al Covid (con il tasso di risparmio salito al 15,6% nel 2020) sia – e si tratta del 30% delle famiglie secondo Istat – modificando i propri comportamenti di consumo, anche alimentari, limitando quantità o qualità degli acquisti alla ricerca del risparmio. Secondo nostre stime, anche per l’anno in corso la variazione in termini reali dei consumi potrebbe essere pari a zero, visto che il tasso di inflazione si mantiene su livelli comunque elevati (circa il 5,7% in media annua). Uno scenario difficile per famiglie e piccole imprese, che inciderà anche sulla crescita: in una fase in cui il contributo di investimenti ed esportazioni al Pil si ridimensiona, la debolezza dei consumi interni condiziona pesantemente la possibilità di una ripresa economica, non solo quest’anno ma anche per il 2024. Un quadro difficile di economia stagnante, in cui il caro vita continua a frenare i consumi, con il rischio di un ulteriore avvitamento della domanda interna, e dunque l’economia. Per questo è fondamentale proseguire con i sostegni al potere d’acquisto delle famiglie: bene dunque la manovra approvata dal governo che si concentra sui redditi medio-bassi, tra cui il provvedimento relativo all’aumento della no tax-area ad 8.500 euro, ma occorrerebbe una ulteriore riflessione sui redditi più bassi, che non vengono pienamente coinvolti nei benefici delle modifiche previste per l’Irpef. Ma andiamo a vedere nel dettaglio il report dell’Istat: “Nel 2022, la stima della spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è di 2.625 euro in valori correnti, in forte aumento (+8,7%) rispetto ai 2.415 euro del 2021. Tale incremento, tuttavia, non corrisponde a un maggiore livello di spesa per consumi anche in termini reali. Infatti, considerata la forte accelerazione dell’inflazione registrata nel 2022 (+8,7% la variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, IPCA), la spesa in termini reali rimane sostanzialmente inalterata. Poiché la distribuzione dei consumi è asimmetrica e più concentrata nei livelli medio-bassi, la maggioranza delle famiglie spende un importo inferiore al valore medio. Se si osserva il valore mediano (il livello di spesa per consumi che divide il numero di famiglie in due parti uguali), il 50% delle famiglie residenti in Italia ha speso nel 2022 una cifra non superiore a 2.197 euro (2.023 euro nel 2021). Le famiglie hanno posto in essere strategie di risparmio per far fronte al forte aumento dei prezzi che ha caratterizzato il 2022, in parte grazie a quanto accumulato negli anni di crisi dovuta al Covid. Nel 2020 e nel 2021, infatti, il tasso di risparmio lordo delle famiglie consumatrici è stato, rispettivamente, del 15,6% e del 13,2%, prima di ridiscendere ai livelli pre-Covid attestandosi attorno all’8%. In molti casi si è trattato anche di modificare le proprie scelte di acquisto, in particolare nel comparto alimentare. Il 29,5% delle famiglie intervistate nel 2022 dichiara, infatti, di aver provato a limitare, rispetto a un anno prima, la quantità e/o la qualità del cibo acquistato. Comportamento che trova conferma anche nei dati Istat sul commercio al dettaglio, che registrano in media, nel 2022, per la vendita di beni alimentari, un aumento tendenziale in valore (+4,6%), soprattutto nei discount, e una diminuzione in volume (-4,3%). Più in dettaglio, nel 2022, a fronte del marcato incremento dei prezzi di Alimentari e bevande analcoliche (+9,3% la variazione su base annua dell’IPCA), le spese delle famiglie per l’acquisto di questi prodotti sono cresciute del 3,3% rispetto all’anno precedente (482 euro mensili, pari al 18,4% della spesa totale): il 21,5% della spesa alimentare è destinato alla carne, il 15,7% a cereali e a prodotti a base di cereali, il 12,7% a ortaggi, tuberi e legumi, il 12,0% a latte, altri prodotti lattiero-caseari e uova, l’8,5% alla frutta e il 7,9% a pesce e frutti di mare.

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