Politica

Crisi economica dei partiti, problemi per le europee

di Viola Scipioni

Candidarsi per le elezioni europee costa caro soprattutto perché, a differenza delle elezioni politiche, i collegi in cui è divisa l’Italia sono appena cinque. Di conseguenza, chi ambisce ad ottenere un seggio al Parlamento europeo deve fare la propria campagna elettorale praticamente ovunque sul territorio nazionale e ciò significa anche investire una considerevole somma di denaro. Per i partiti, quindi, è una spesa non da poco: manifesti, volantini, locali per comizi e convegni, viaggi, alloggi, campagne sui social network e agenzie di comunicazione costano caro.

La difficoltà a finanziare questo tipo di campagne incomincia dal 2013, con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, motivo per il quale i movimenti politici di maggiore rilevanza possono contare solo sulle donazioni private o sul due per mille, oltre alle donazioni mensili di ogni singolo parlamentare.

Gli unici che sembrano saper gestire economicamente queste spese sono Fratelli d’Italia. Il partito del Presidente del Consiglio, infatti, ha ricevuto 3,5 milioni di euro in donazione per le ultime elezioni politiche del 2022 e, proprio in quella occasione, ha chiesto 30 mila euro a chi volesse ottenere una candidatura favorevole per un posto alla Camera o al Senato. Diversamente invece è il discorso per i colleghi di coalizione: la Lega registra come ultima perdita la cifra di 3,9 milioni, senza dimenticare i 49 milioni ancora da versare nelle casse dello Stato dai tempi di Bossi; FI, nonostante le importanti donazioni dei fratelli Berlusconi e di Paolo Berlusconi, vanta un debito di 90 milioni di euro. All’opposizione, il Pd non vede più le donazioni private come principale fonte economica, quanto piuttosto il due per mille; nel 2022, il partito di Schlein ha chiesto 50 mila euro a chi volesse la poltrona in Parlamento, ma le numerose uscite economiche sul fronte dei propri lavoratori ha aumentato le difficoltà. Nonostante il M5S sia diventato un partito a tutti gli effetti, il due per mille e le donazioni private online non sembrano bastare. Il Terzo Polo vede pochissimi finanziatori, anche se comunque molto generosi; tuttavia, è probabile che il divorzio tra Italia Viva e Azione colpisca le casse dei due partiti.

Non sarebbe sorprendente, quindi, che in primavera ci possa aspettare una campagna elettorale povera ad esclusione di FdI che, avendo soltanto sette dipendenti nella sede principale del partito in via della Scrofa, è riuscito a contenere le spese.

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