Primo piano

Gaza, la mancanza di una soluzione politica preannuncia un’altra guerra senza fine

 

di Giuliano Longo

Dopo gli attacchi mortali di Hamas del 7 ottobre, un’invasione di terra della Striscia di Gaza da parte delle Forze di difesa israeliane (IDF) forse era inevitabile  e il governo di Benjamin Netanyahu non aveva altra scelta dopo il trauma che ha colpito Israelenel profondo.

Ma l’IDF non è riuscito a prevenire l’attacco, mentre la strategia politica di Tel Aviv secondo cui Israele avrebbe potuto tacitamente sostenere il governo di Hamas a Gaza, dividendo così i palestinesi bloccando  indefinitamente le loro aspirazioni a uno stato, si è rivelata errata.

Ma a quasi due settimane e mezzo dall’inizio della guerra, l’invasione dellaStriscia da terra da parte di Israele si va delineando, mentre lo stessoNetanyahuha già parlato di una guerra che richiederà molto tempo.

Alcuni sono i fattori che si intrecciano, il primo riguarda le relazioni USA-Israele. Inizialmente Washingtonha sostenuto le misure adottate da Tel Aviv appoggiando anche un’invasione di terra.

Successivamente Biden ha chiesto ad  Israele di rispettare le “leggi di guerra” e di proteggere i civili di Gaza.  Ora, da quando Hamas ha rilasciato alcuni ostaggi, gli Stati Uniti stanno premendo per avere il tempo per riportare a casa più civili israeliani senza un’ulteriore escalation.

Così che alcuni settori israeliani  accusano  gli Stati Uniti di debolezza ingannati dalle tattiche dilatorie  di Hamas, mentre in realtà il dissenso è ai più alti livelli dell’élite politica e militare di Gerusalemme, situazione che ha indotto gli Stati Uniti a moderare i piani di guerra israeliani.

Dall’inizio del conflitto Washingto ha Posto due quesiti a Tel Aviv.   Innanzitutto, come si sarebbe sviluppata  un’invasione di terra. E in secondo luogo, come Israele dopo il successo militare e aver rimosso Hamas dal potere, affronterà il problema di Gaza e più in generale quello dei palestinesi.

Prima del 7 ottobre, la leadership israeliana era unita nella convinzione che mantenere Hamas al potere fosse preferibile piuttosto che rioccupare Gaza, dato che qualsiasi intervento avrebbe creato numerose vittime e una censura internazionale che da molte parti si è manifestata.

L’IDF sta premendo per un’invasione terrestre globale che conquisterebbe l’intero territorio via terra, mare e aria. Altri esperti di sicurezza sostengono che Israele rafforzerà il blocco e occuperà le aree meno popolate nelle regioni meridionali e centrali di Gaza. In questo modo potrebbe evitare un con un conflitto urbano come quelli che hanno devastata la Siria.

Anche i partner della coalizione di estrema destra di Netanyahu sostengono questo modello di assedio, ma vogliono usarlo come trampolino di lancio per portare avanti la loro intenzione di integrare un’occupazione militare con insediamenti civili e l’eventuale annessione di queste parti scarsamente popolate di Gaza.

Lo stesso Netanyahu è combattuto fra indecisione e atteggiamenti aggressivi che rasentano la paranoia. Secondo alcune fonti il premier  israeliano è riluttante ad abbandonare lo status quo prebellico della Striscia  e preferirebbe raid chirurgici a breve termine da parte delle forze speciali.

A complicare le cose, sia Netanyahu che l’élite dell’IDF sono bersagliati, con fughe di notizie da parte dei media, con accuse per le responsabilità dell’attacco del 7 ottobre e per la continua paralisi politica e militare di Israele. Mentre in Israele sono ben pochi quelli che si pongono il problema di cosa succederà dopo la fine del governo di  Hamas.

L’ingresso del  moderatoPartito Blu e Bianconel governo israeliano di “coalizione di emergenza”ha in parte calmato gli Stati Uniti e il leader del partito, ora ministro della Difesa Benny Gantz,ha convocato un comitato incaricato di determinare il futuro di Gaza dopo Hamas.

Ma i comitati governativi israeliani non sono noti per il loro rapido processo decisionale, mentre Netanyahu ha costantemente lavorato per monopolizzare il potere e ridurre al minimo gli input politici di Blu e Bianco, dell’élite dell’IDF e persino del suo stesso ministro della Difesa. Ed è proprio questa indecisione, i litigi interni e la mancanza di un piano a lungo termine a preoccupare l’amministrazione Biden.

Ricordiamo che Quando Israele creò una “zona di sicurezza” nel sud del Libano nel 1985,l’allora ministro della Difesa, Shimon Peres, affermò che quell’anno sarebbe stato l’ultimo dell’IDF nel paese, ma Israele non pose fine alla sua occupazione fino alla metà del 2000,lasciando alle milizie filo-iraniane di  Hezbollah,il merito della “ritirata” israeliana.

Un ritiro delle truppe israeliane senza un futuro politico di Gaza post uscita assomiglia notevolmente a quanto si è verificato in Iraq e in  Afghanistan.E’ pur vero che la storia non si ripete solo che qui non si tratta di epoche ma di eventi degli ultimi anni.

aggiornamento l’attacco a Israele ore 12.31

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