Economia e Lavoro

Giornalismo,  nuove interpretazioni dell’articolo 34. Presa di posizione del gruppo Gino Falleri: “Difendiamo insieme il pubblicismo italiano”

Sul sito dell’Ordine Nazionale – www.odg.it – con data 31 marzo, appare notizia del varo da parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (CNOG) di nuove modalità per il praticantato, rendendole di fatto operative entro breve, come se improvvisamente fossero stati attribuiti al CNOG dei “super poteri” che nessun Parlamento, né tanto meno il legislatore gli ha concesso, nemmeno per proprietà transitiva. 

 

Il bello è che, alla luce di ciò, ci si trincera dietro al fatto che, pur senza averne i poteri, il Ministero vigilante pare abbia riconosciuto al CNOG una facoltà: quella di modificare la Legge istitutiva dell’Ordine, funzione che nel nostro paese ancora democratico, a noi di Giornalisti 2.0 Gruppo Gino Falleri risulta ancora fortunatamente di esclusiva spettanza del Parlamento.

 

Anche una matricola al primo esame universitario di Diritto Amministrativo capirebbe che, non osservando, né tenendo conto della gerarchia delle fonti normative, qualcosa di profondamente strano c’è, visto che per modificare la Legge che con precisione dispone norme per l’iscrizione al Registro Praticanti, non si può assolutamente fare affidamento all’inesistente negozio giuridico del cosidetto “aggiornamento interpretativo”.

 

Certo potrebbe essere un nostro limite, ma non ci risulta che Leggi dello Stato possano essere modificate da “aggiornamenti interpretativi” ed infatti il nostro Ordinamento giuridico non si regge minimamente su di essi, ma su pilastri e strumenti talmente consolidati, non a caso a fondamento della democraticità del nostro Paese, dai quali non si può affatto prescindere.

 

Come Giornalisti 2.0 Gruppo Gino Falleri riteniamo, pertanto, che queste nuove modalità per il praticantato non solo siano sollevabili in giudizio, ma investano seriamente questioni di validità per gli stessi Esami di Stato a cui ignari colleghi, se vi accederanno per mezzo di un “aggiornamento interpretativo”, finiranno per presentarsi senza avere i titoli previsti invece dalla Legge vigente.  

 

Per noi, il fatto è davvero insolito anche perché finirà per generare tutta una serie di corresponsabilità degli Enti di Diritto pubblico che favoriranno la presentazione delle domande di acceso al praticantato attraverso un “aggiornamento interpretativo”, e questo persino in barba alle dichiarazioni del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, esposte in occasione del sessantesimo anniversario della Legge istitutiva dell’Ordine, il quale ha espressamente detto come nell’attuale scenario dell’informazione, si ha oggi necessità  “di robuste garanzie” e non certo davvero di “aggiornamenti interpretativi”.

 

Quello che, a rigor di cronaca, riteniamo poi opportuno ricordare è la delibera dello scorso 8 novembre 2022, con cui il CNOG aveva già provato a formulare nuove modalità per diventare giornalisti professionisti, decidendo motu proprio di renderla addirittura operativa dal 1 gennaio 2023. L’argomentata contestazione seguita il 3 dicembre da parte del Ministero vigilante bloccò questa iniziativa, facendo notare come le modalità di accesso al praticantato giornalistico non potevano essere modificate da un organismo intermedio come l’Ordine che, se non fosse tornato rapidamente ad adeguarsi alla vigente Legge, sarebbe addirittura incorso in un suo possibile commissariamento.

 

Nessuno dice che non sia ragionevole l’urgenza di una Legge sull’informazione, ma per noi ad essere ragionevole deve essere prima il CNOG che anziché provare a bypassare le leggi dello Stato, deve innanzitutto ricordarsi di armonizzarsi a quella esistente che va indubbiamente rimodulata ed adeguata.

 

Noi Giornalisti 2.0 Gruppo Gino Falleri crediamo che queste innovazioni vadano però oggi messe in campo con un occhio all’Europa e non al “proprio orticello”. Non a caso nel suo discorso sullo stato dell’Unione, la stessa Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha giustamente affermato che “l’informazione è un bene pubblico” e non certo di una categoria professionale, pur legittimata ad operarvi.

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