Rimettere in sesto l’Europa con 800 miliardi e forse più, questo il succo del piano presentato dal 77enne Mario Draghi, che nella introduzione delinea fosche previsioni per il futuro del nostro continente.
“Saremo una società che sostanzialmente si rimpicciolirà”,ha affermato lunedì a Bruxelles l’ex presidente della Banca centrale europea, presentando le sue idee per rilanciare l’economia e frenare l’ondata di predominio americano e cinese. “Condividiamo questa torta che diventa sempre più piccola ― con un numero sempre minore di persone” ha aggiunto.
Una analisi da anni ampiamente condivisa da esperti, economisti e storici, ma alla quale Draghi tenta di offrire oggi una soluzione politica, non nuova per gli europeisti più tenaci, ma che cade in momento storico di mutamenti geopolitici e bellici che la rende attuale.
Il punto sul quale Draghi ha insistito è che l’Unione Europea ha un grosso problema di produttività perché i lavoratori europei generano meno “output all’ora“rispetto a quelli degli Stati Uniti.
In gran parte l’aumento della produttività è connesso alla sviluppo tecnologico ed è ormai evidente che negli ultimi 20 anni l’America (tallonata dalla Cina) ha dominato la transizione al digitale, mentre l’Europa, nonostante le sue eccellenze nel settore, non è stata all’altezza nel settore.
“Le aziende leader nella ricerca e nella spesa per investimenti sono le stesse che avevamo 20 anni fa: le automobili”, ha affermato. “Gli Stati Uniti erano gli stessi, automobili e farmaceutica, 20 anni fa. Ora è tutto digitale“. Non solo, la Cina non sta solo recuperando terreno. In settori come l’industria dei veicoli elettrici, sta addirittura sorpassando l’Europa.
Le cause dei problemi dell’Europa sono tante e probabilmente e hanno origine dalle scelte politiche, economiche, finanziarie, che sono state fatte nei decenni dalla sua costituzione,
E’ ad esempio ostacolata, come ammette lo stesso Draghi, da mercati finanziari mal progettati ; dall’energia è troppo costosa ; dalla ricerca e sviluppo casuale e suddivisa tra molti paesi diversi; dalla sua politica che rende faticoso e qualsiasi accordo.
Di qui la proposta, che già da tempo circola a Bruxelles, di eliminate l’unanimità, ma di concordare una maggioranza qualificata. Proposta che già di per se verrebbe frantumata dai Paesi meno rilevanti dell’Unione. ,
La proposta di Draghi focalizzata su energia pulita, alta tecnologia e resilienza, è ambiziosa, forse anche troppo. Le proposte spaziano dalla riforma del mercato energetico, a regole più flessibili sulle fusioni e, per la burocrazia di Bruxelles, persino a modifiche al processo di consultazione legislativa dell’UE, come già detto.
Draghi propone di investire una notevole potenza finanziaria : 800 miliardi di euro in più all’anno in investimenti pubblici e privati, il che rappresenterebbe un balzo in avanti nella spesa per un continente che è ancora indeciso se sprofondare nel deficit e indebitarsi, oppure pareggiare i conti.
Insomma Supermario propone una serie di soluzioni apparentemente nuove, ma in gran parte antiche , per realizzare le quali occorrerebbe la bacchetta magica o un pozzo di san Patrizio finanziario. Ma tutta la storia della UE ha insegnato che la bacchetta magica non esiste.
Il problema più acuto è quello del denaro. Draghi vuole più prestiti congiunti. Essendo sempre stati visti come un grande tabù, l’UE li ha introdotti in modo limitato durante la pandemia di Covid per aiutare il finanziamento della ripresa economica.
Ma già questa ipotesi viene bloccata da paesi, come la Germania e i Paesi Bassi, che hanno limitati livelli di debito e sono restii a sostenere i loro vicini più indebitati. Tant’è che poco dopo gli applausi di rito a Draghi il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ha affermato con piglio deciso che “la Germania non accetterà”un prestito congiunto. Ecco perché ci sono dei limiti a molte delle ambizioni di Draghi.
Più “risorse proprie”,come dice Bruxelles per le tasse a livello UE, richiedono che ogni paese le accetti prima che possano essere introdotte, “mission impossible”in questo panorama politico.
Altre fonti di denaro, come attingere ad esempio ai fondi UE accantonati per aiutare i paesi europei meno sviluppati a recuperare, incontrerebbero problemi politici simili.
Certo il merito di Draghi è quello di aver parlato chiaro, contrariamente al consueto burocratese di Bruxelles. Un discorso che alla fine individua un declino “storico”del nostro continente dai confini orientali in subbuglio e dal Mare Nostrum (tutto europeo) solcato dai barchini dei migranti, quando non scelgono la rotta balcanica
Ma come possono i leader europei impedire che ciò accada? Il declino del continente non è preordinato da alcuna legge mosaica ed è già accaduto che l’Europa, anche dopo due devastanti guerre, si risollevasse.
Nessuno avrebbe potuto aspettarsi il miracolo economico che seguì le due guerre mondiali e che vide le dimensioni del prodotto interno lordo (PIL) pro capite dell’Europa occidentale, avvicinarsi a quello degli Stati Uniti.
E i duri shock degli ultimi due decenni (finanziario, epidemico e oggi bellico) bene o male hanno spinto i governi a mettere da parte i loro interessi particolari e ad avviare qualche le riforma.
Ma sopravvivere non basta. La crescita annua di qualche punto o decimale di PIL, nell’arco di un decennio potrebbe divenire un divario irrecuperabile rispetto ad altre realtà globali aggressive e competitive, lasciando a noi europei solo le briciole della torta di Draghi…. sempre più piccola.
Balthazar