Politica

La candidatura di Cuperlo: “Chi ha idee sul dopo del Pd ha dovere di esporle”

di Fabiana D’Eramo

Al cammino congressuale del Pd si è aggiunto l’ultimo segretario della Federazione giovanile comunista, Gianni Cuperlo, presidente della Fondazione dem e deputato. Ci provò anche alle primarie del 2013. Vinse Renzi. Stavolta però non è in ballo solo la segretaria, insiste, ma l’esistenza del Pd. “Ci ho riflettuto, so benissimo che ci sono due candidature favorite”, aggiunge, “ma è un congresso talmente importante che nella prima fase, quella dove a votare saranno gli iscritti, chi ha delle idee sul dopo credo abbia il dovere di esporle e discuterle.”

Insieme a Gianni Cuperlo, ad oggi, sono in corsa per la Segreteria del Partito Democratico Stefano Bonaccini, Elly Schlein e l’ex Ministro Paola De Micheli. Il triestino si è fatto avanti in un secondo momento, a un paio di mesi dalla sfida ai gazebo. Ci ha pensato su tanto. Alla fine, però, l’annuncio alla vecchia maniera, in un’intervista a Repubblica. A convincerlo, appunto, l’allarme per le sorti del Pd: “In questi anni abbiamo cambiato nove segretari e vissuto tre scissioni. Forse dovremmo riflettere sul perché”. E questa riflessione va fatta “nella chiarezza delle idee, fuori da trasformismi che hanno impoverito l’anima della sinistra”, spiega Cuperlo.

Una sinistra “di partito”, quella che vorrebbe rifondare. Forse diversa da quella immaginata da Schlein, fino ad ora non solo figura di rinnovamento, e novità generazionale e di genere, ma soprattutto simbolo dell’ala radicale del Pd, quella da cui arriva Cuperlo e dove immagina di sedurre i suoi sostenitori. Con la sua entrata in scena, dunque, il quarto candidato alla segreteria avvantaggia Bonaccini?  “Questa è la critica che più mi amareggia”, ha risposto Cuperlo. Vero è che il deputato triestino convoglia in lui l’area più a sinistra del Pd, quella che pur non spalleggiando il riformismo di Bonaccini, non si riconosce nella sinistra woke di Schlein, nella sua inesperienza confusa per mancanza di spessore politico, troppo sganciata dall’apparato, dalla struttura. Ma Cuperlo insiste che non c’è volontà di spaccare il fronte sinistro. Al contrario. Evitare altri strappi, suturare le ferite, farle coagulare. “Non ho mai smesso di crederci, nel Pd, neppure quando sarebbe stato facile disilludersi”, ha ricordato in questi giorni.

E infatti tra toni nostalgici e trasognanti si inseriscono le sue proposte. Cuperlo insinua una mano tra un gomito e l’altro, si scusa per il ritardo – “non è cosa da prendere alla leggera” – e parla della sua candidatura come di un atto di coraggio e di speranza: “Se seguissi la razionalità non dovrei farlo, a volte però prevalgono i sentimenti e questa prova credo sia giusto affrontarla”. E ancora: “So che diversi pensano sia una follia, altri invece credono vi sia una ragione più forte di qualunque timore su quale potrà essere il risultato”, ossia evitare al Pd “l’incubo di una deriva greca come per il Pasok o francese con la tradizione socialista precipitata nell’irrilevanza”. Il quarto candidato sembra infatti deciso ad affrontare una discussione spiacevole, ma necessaria, sulle “cause di una crisi che in quindici anni ci ha visto perdere sei milioni di voti”.

Ed è per questo che dice di volere un congresso che non parta dai nomi, ma dalle idee. “Penso che la priorità sia un intervento forte di contrasto alla povertà. Dobbiamo ripartire da questa fotografia sapendo che la sinistra deve trovare qui una delle ragioni e radici della sua ripartenza”. E su questo sembra d’accordo con i suoi sfidanti. Sulla decisione del governo di togliere il Reddito di Cittadinanza: “è una misura intollerabile. Di che giustizia stiamo parlando?”. Apre infatti ad una nuova alleanza con il Movimento Cinque Stelle, nella speranza di fare fronte comune contro la “pessima manovra di bilancio”. Propone di “investire sulla scuola e sulla ricerca” e “garantire tasse universitarie ridotte in misura maggiore per le fasce sociali più in difficoltà”. E insiste nell’urgenza di trovare “una vera cooperazione almeno su due fronti, la sanità e la transizione ecologica”, che non dovrebbero dividere nessuno.

Con queste idee alla mano aggiunge una casella in più alla lista delle opzioni possibili, un nuova promessa di rinnovamento, una nuova rifondazione dell’identità dispersa. Nel frattempo il segretario uscente prova ad accelerare la data del congresso. Letta è al lavoro per anticipare i tempi della scelta, incalzato da chi non comprende come possa essere possibile che ci si metta sei mesi per fare un congresso di un partito. La speranza è che una nuova candidatura non sia solo l’ennesimo sintomo di una sinistra prigioniera di una discussione infinita su sé stessa, e per questo condannata a dividersi.

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