Economia e Lavoro

La dignità del lavoro, quando la sicurezza non è notizia

di Wladymiro Wysocki*

Qualche settimana di cronaca a seguito del gravissimo incidente sul lavoro del cantiere di Firenze, un giro di interviste, dichiarazioni, servizi nei telegiornali, qualche proposta di legge e come sempre accade il silenzio nei giorni a seguire. Riporto alcuni fatti presi dai giornali locali del nostro territorio per sollevare una riflessione come sono solito approcciare all’argomento. Lunedì 11 marzo, infortunio sul lavoro alla Nunki Steel, San Giorgio di Nogaro (Udine) un ragazzo di 38 anno rimane gravemente infortunato per lesioni al torace per una caduta nel serbatoio.

Stesso giorno, Bastia Umbra, operaio di 43 anni travolto da un macchinario durante il lavoro di montaggio di Umbria Fiere.

Cantiere Azimut Benetti, Livorno, lavoratore di 43 anni si ferisce con un paranco. Roma, nella giornata di mercoledì 6 marzo, giardiniere si ferisce con la motosega al volto e nello stesso giorno un 36 enne, ad Albano Laziale nei Castelli Romani, precipita dal balcone mentre monta un condizionatore.

Reggio Emilia, il 5 marzo un lavoratore precipita da diversi metri dal tetto del capannone morendo sul colpo. Incidenti, infortuni, malattie professionali questa è la realtà quotidiana dove ogni giorno siamo costretti ad assistere quasi impotenti a una emergenza della quale non si riesce a porre fine.

Dall’inizio dell’anno ad oggi gli infortuni mortali stanno aumentando drammaticamente superando 180 casi.

Drammi silenziosi, dove nessuno ne parla e talvolta senza una vera spiegazione.

Assistiamo a tante proposte, quasi una gara a chi cala la carta vincente senza renderci conto che la soluzione l’abbiamo sotto ai nostri occhi, ma non vogliamo vederla o forse fa comodo per qualche tornaconto economico non volerla vedere. Si parla sempre della mancanza della cultura della sicurezza nel nostro Paese, ma sappiamo benissimo che il luogo per diffondere la cultura è la scuola. Quella scuola che tanto si nomina per il diritto allo studio, il diritto agli affitti a norma di legge, una scuola che possa preparare al meglio i nostri ragazzi. Ma quando la scuola non prepara i nostri ragazzi a combattere nel mercato del lavoro, non solo per trovarne uno e possibilmente dignitoso sotto il profilo della remunerazione, ma per poi non farne del lavoro una disgrazia allora stiamo guardando nella direzione sbagliata.  Nella recente storia della letteratura della sicurezza tutti hanno sentito, almeno letto su qualche adesivo il D. Lgs. 626 del 1994, la legge della sicurezza sul lavoro, e forse è più presente a memoria questa, poiché abrogata da tempo, che non il D. Lgs. 81/08 e s.m.i. che per l’appunto nel 09 aprile del 2008 ha abrogato la “famosa 626”. Doveva essere il Decreto Legislativo della svolta, si parla di formazione, addestramento addirittura normata con un accordo stato regioni dedicato (21.12.2011) e poi da quello ne sono venuti altri. Quindi la formazione e addestramento sono gli strumenti fondamentali, e ad oggi nel 2024 dove di formazione se ne parla ovunque e se ne occupano molte più realtà di quelle che erano gli addetti nel 1994 la storia non cambia. Onestamente la corsa all’inasprimento delle sanzioni, una legge sull’omicidio sul lavoro, la patente a punti, non sono la strada per far divulgare la cultura e la conoscenza della sicurezza sul lavoro.

Non sarà il terrore o un nuovo certificato a fermare la sanguinosa emorragia delle vittime e dei mutilati del lavoro.

E’ molto più probabile che i corsi della formazioni vengano erogati con la sola finalità di ottemperare da una parte a un obbligo e dall’altra solo per un fattore economico. Quindi tutto inutile per come devono essere pensati i corsi. Dobbiamo pensare a un nuovo modo di erogare la formazione, attualmente si punta a un annoiare i lavoratori di articoli e illustrare materiale audiovisivo e slide della qualunque su tematiche che seppure sono della materia ma poco coinvolgono i discenti per quello che è la loro reale attività. Anche il ruolo del docente deve essere totalmente rivisitato e colui che è abilitato a questo arduo compito deve avere non solo le conoscenze tecniche ma anche una capacità di far coinvolgere attivamente i partecipanti. Jhon Dewey, pedagogista statunitense, aveva fondato un modello educativo sull’esperienza concreta, l’interazione di gruppo e la riflessione degli argomenti trattati. L’apprendimento esperienziale è un processo di apprendimento attivo che avviene attraverso l’osservazione e la trasformazione delle esperienze acquisite e non un apprendimento passivo di nozioni, concetti come avviene nelle aule. Sempre secondo Dewey fondamentale è la motivazione, ovvero l’impulso a dare il via al processo conoscitivo.

Il bravo formatore non deve fermarsi alla sola presentazione di leggi e norme ma deve coinvolgere, deve renderne tutti partecipi e meglio ancora creare dei stimoli e delle curiosità nella materia così da rendere attivi i partecipanti anche nel proseguo nelle loro attività quotidiane. Jean Piaget, psicologo, pedagogista, filosofo svizzero, definiva l’apprendimento come processo.

Kurt Zedeck Lewin, psicologo tedesco, valorizza l’approccio esperienziale in gruppo, dove il gruppo è una realtà dinamica e l’azione del singolo può modificare le azioni del gruppo stesso.

David Kolb, educatore e pedagogista statunitense, riprende tutte le teorie sopra descritte ed elabora il famoso ciclo di Kolb, secondo cui l’apprendimento è circolare, esperienza concreta, osservazione riflessiva, concettualizzazione astratta, sperimentazione attiva. Senza andare troppo nello specifico ho voluto riportare solo alcuni aspetti di strumenti che abbiamo già a disposizione per ottimizzare la nostra formazione ed addestramento nei luoghi di lavoro. Quello che lascia l’amaro in bocca è che non si guarda mai al vero problema, lo si analizza e si cerca di studiare per trovare delle soluzioni.

Se qualcosa ad oggi non ha funzionato la soluzione non è la sanzione ma moltoprobabilmente è la modalità sbagliata che si esegue tutto quello che la sicurezza nei luoghi di lavoro richiede.

Allora torniamo a un passo indietro ai concetti di comunicazione, partecipazione e condivisione come la stessa nostra Costituzione Italia recita all’articolo 46 “Ai fini delle elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione,  la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alle gestione delle aziende”.

E magari riscoprendo la nostra Costituzione ricordiamo che all’articolo 1 ci richiama che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.Facciamo di questo lavoro un bene da tutelare e preservare non da temerlo perché causa di morte.

 

*Esperto di sicurezza sul lavoro

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