Medicina

La minaccia dell’influenza aviaria e le possibili implicazioni per l’uomo

di Gianluca Maddaloni

 

L’influenza aviaria (HPAI), è una malattia infettiva che colpisce principalmente gli uccelli, sia selvatici che domestici, ma può occasionalmente interessare anche altri animali e, raramente, gli esseri umani. La diffusione del virus dipende da diversi fattori, tra cui il contatto diretto e indiretto con animali portatori. In particolare gli uccelli infetti rilasciano il virus attraverso saliva, secrezioni respiratorie e feci. Il contatto diretto con questi animali è il principale mezzo di trasmissione. Il virus sopravvive meglio in ambienti freddi e umidi, dove può persistere a lungo su superfici come acqua, suolo, attrezzi e vestiti contaminati. Gli uccelli selvatici, in particolare quelli acquatici come anatre e oche, sono spesso portatori asintomatici e diffondono il virus durante le migrazioni. Movimentazioni di pollame domestico infetto, uova fertili e materiali contaminati possono inoltre favorire focolai sia locali che internazionali. L’influenza aviaria può infettare i mammiferi, tra cui maiali e gatti, e in rari casi gli esseri umani, di solito tramite esposizione diretta a volatili infetti o ambienti contaminati. Sebbene il rischio di trasmissione all’uomo sia basso, la possibilità di un salto di specie che renda il virus trasmissibile da uomo a uomo rappresenta una seria preoccupazione per gli esperti. Il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, ha recentemente evidenziato la rapidità con cui il virus si sta propagando. Secondo il professore, esiste la possibilità che, entro il 2025, il virus possa acquisire la capacità di trasmissione interumana.

I sintomi nell’uomo sono simili a quelli dell’influenza stagionale, ma possono evolvere in forme gravi, come la polmonite. Le categorie a rischio includono le donne in gravidanza, gli anziani e le persone immunocompromesse. Per limitare il rischio di infezione e contenere l’eventuale emergenza sanitaria, è essenziale evitare il contatto diretto con uccelli malati o morti. Adottare misure igieniche adeguate, come lavarsi frequentemente le mani e disinfettare gli attrezzi utilizzati a contatto con il pollame. Monitorare attentamente gli allevamenti intensivi, dove le condizioni di sovraffollamento favoriscono la rapida diffusione del virus. Negli ultimi mesi, alcuni rari casi di trasmissione del virus dell’influenza aviaria all’uomo hanno destato preoccupazione tra gli esperti. Tra questi, spiccano i casi di un agricoltore negli Stati Uniti e di una teenager in Canada. L’agricoltore, che lavorava a stretto contatto con il pollame infetto, ha sviluppato gravi sintomi respiratori e febbre alta, richiedendo il ricovero ospedaliero. La teenager canadese, invece, è stata contagiata dopo l’esposizione a uccelli selvatici infetti e ha riportato complicazioni polmonari significative. Entrambi i pazienti sono stati trattati con antivirali, ma i casi hanno evidenziato la necessità di rafforzare le misure preventive per proteggere chi lavora in settori a rischio. La possibilità di un salto di specie del virus dell’influenza aviaria richiede un’attenzione costante da parte delle autorità sanitarie e della comunità scientifica. La prevenzione rimane fondamentale, non solo per proteggere la salute pubblica ma anche per evitare potenziali disastri economici legati agli allevamenti di pollame. Essere preparati significa investire in ricerca, sorveglianza epidemiologica e formazione degli operatori del settore. Come ha sottolineato il professor Bassetti, il tempo per agire è ora

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