Esteri

La terrificante resilienza dello Stato Islamico

 

di Giuliano Longo

Le autorità austriache hanno annunciato l’arresto di due persone il 7 agosto per aver pianificato attacchi a grandi eventi nei pressi di Vienna, tra cui concerti di Taylor Swift. I sospettati, un diciannovenne noto ai servizi di sicurezza e un diciassettenne, sono cittadini austriaci che si ritiene siano stati radicalizzati dalla propaganda estremista dello Stato islamico (IS) e di Al-Qaeda.

A questi piani sventati è seguito l’accoltellamento  nella città di Solingen, nella Germania occidentale, il 23 agosto, che uccise tre persone e ne ferì altre otto. L’ISIS ne ha rivendicato la responsabilità  il giorno seguente.

Per comprendere il messaggio che l’ISIS intendeva trasmettere attraverso questi attacchi, dobbiamo considerare la nuova strategia dei vertici del gruppo terroristico  dopo la sconfitta del 2019, quando l’ultimo suo baluardo di Baghuz in Siria, fu liberato e ripulito dalle sue milizie.

Tra il 2014 e il 2016, l’IS ha attirato l’attenzione dei media internazionali per la sua campagna e l’insediamento di un suo cosiddetto califfato islamico in Iraq e Siria, reclutando uomini e donne da 80 paesi, commettendo atrocità contro minoranze tra cui curdi, shabak, cristiani e yazidi nei territori in Iraq e Siria caduti sotto il suo controllo.

Una coalizione globale composta da 87 partner internazionali, tra cui paesi e organizzazioni come la NATO, è stata creata per sconfiggere l’IS. Una volta che il gruppo ha perso il controllo di tutto il suo territorio, è  scomparso dall’attenzione dei media, e dell’opinione pubblica, ma non dai servizi di intelligence di tutto il mondo, compresi quelli russi.

Questo calo di copertura mediatica si è verificato nonostante le conseguenze gravi e durature delle azioni del gruppo, in particolare per gruppi etnici come gli yazidi.

Sono ormai trascorsi 10 anni dalla campagna di genocidio e schiavitù sessuale dell’IS contro gli yazidi in Iraq. Ma  150.000 sopravvissuti vivono ancora in tende nei campi profughi e 2600 risultano ancora dispersi. Evidentemente è una minoranza troppo marginale per richiamare l’attenzione dei media occidentali.

Ma torniamo al punto. La perdita di territorio fisico è stata un duro colpo per l’immagine di IS come entità potente ed espansiva. Tuttavia, le sue capacità ideologiche e operative sono state ben lungi dall’essere sradicate

Lo Stato islamico ha dimostrato una notevole capacità di adattamento e resilienza passando  da una struttura territoriale centralizzata a una rete  clandestina di cellule decentralizzate che operano principalmente nell’Africa subsahariana, dimostrando di essere ancora in grado di orchestrare e ispirare attacchi in tutto il mondo.

Alcuni di questi attacchi sono stati anche di alto profilo militare come quando nel 2021, gruppi affiliati all’IS hanno assalito  la prigione di Al-Sina in Siria per liberare i loro compagni militanti.

La battaglia che ne seguì con le Syrian Democratic Forces (una milizia nel nord-est del paese guidata dai curdi sostenuti dagli Stati Uniti) durò dieci giorni e causò la morte più di 500 persone . Non certo numero di membri dell’IS che riuscirono a fuggire dalla prigione, ma si ritiene che siano stati tra i 30 e i 300.

Poi, nel marzo 2024, una branca del gruppo nell’Asia centro-meridionale, lo Stato Islamico-Khorasan, https://www.theguardian.com/world/2024/mar/25/moscow-crocus-city-concert-hall-shooting-details-is-islamic-state-vladimir-putinha attaccato la sala concerti Crocus City Hall di Mosca provocando 137 morti e 180 feriti. Questo incidente ha sottolineato la capacità dell’IS di colpire ben oltre il Medio Oriente.

L’IS può sembrare meno minaccioso rispetto al periodo della sua massima visibilità mediatica, quasi fisica sui social con le terrificanti immagini di decapitazioni. Ma questi attacchi, e altri di risonanza minore, che pure sono avvenuti in Europa, , servono come promemoria. E dimostrano che  nonostante la perdita del suo califfato, il gruppo rimane una minaccia potente che cerca continuamente di proiettare potere e diffondere paura in tutto il mondo.

L’attentato sventato sventati ai concerti di Taylor Swift ci dicono  che l’IS può ancora pianificarli ovunque, spesso usando persone radicalizzate in patria, senza inviare terroristi dall’estero. Ciò indica che l’ideologia del gruppo rimane viva e che i giovani sono ancora vulnerabili alle sue narrazioni estremiste e violente.

In secondo luogo, la scelta dei concerti di Swift era strategica. Un attacco a un evento di così alto profilo avrebbe attirato una notevole attenzione mediatica internazionale, favorendo potenzialmente il reclutamento. In effetti, il gruppo potrebbe aver già raggiunto parte del suo obiettivo, ottenendo l’attenzione mediatica sulla sola pianificazione dell’attacco, anche se sventato.

Infine  vale la pena considerare il potenziale elemento misogino degli attacchi pianificati. Simile a quello dinamitardo al concerto di Ariana Grande a Manchester nel 2017, che fu pianificato contro una cantante i cui concerti sono frequentati prevalentemente da adolescenti e giovani   ragazze. Dimostrando l’ordine  politico e sociale patriarcale promosso dall’IS, che sino dalla sua comparsa nel 2014 ha dettato i ruoli e le posizioni gerarchiche degli uomini e in via subordinata delle donne, all’interno del gruppo.

Vienna ha già sperimentato il terrorismo in passato; la città ha affrontato un attacco nel 2020 in cui sono morte quattro persone . Ma i  tentativi più recenti  evidenziano una diffusa radicalizzazione in corso che va ben oltre l’indottrinamento su internet.

Coloro che sono suscettibili alla radicalizzazione non sono confinati in una specifica fascia d’età. Anche se i giovani sono spesso evidenziati come particolarmente a rischio, persone di tutte le età possono essere vulnerabili alle influenze estremiste, spinte da una varietà di fattori personali, sociali, politici e ideologici.

Per quanto riguarda l’Europa il maggior numero di atti terroristici di matrice islamica si registrano in Francia a seguire per numero di attentati, Gran Bretagna,Germania e Svezia, Austria, Danimarca, Ungheria, Belgio e Spagna. In Russia il numero degli attacchi è sicuramente maggiore in considerazione di conflitti etnici e della presenza di numerose comunità e territori islamici.

In Africa siamo di fronte invece ad una vera e propria guerra con la presenza di milizie dello stato islamico e qaediste in Mali, Nigeria, Burkina Faso, Niger, Ciad e Somalia. Ma anche nell’area centrale e in quella equatoriale, come in Repubblica Democratica del Congo e Mozambico e con la sanguinosa presenza di Boko Haram in Nigeria.

Situazioni e conflitti che non vedono solo la presenza o addirittura la guida dell’ISIS, ma si intrecciano con situazioni locali e comunque legate all radicalismo islamico, notoriamente sostenute da corposi interessi quali droga, contrabbando e commercio di esseri umani.

Certamente Interpol ed Intelligence sono all’erta e sono frequenti, anche in Italia, le notizie di arresti o lo smantellamento di reti nell’ambito del radicalismo islamico militante e aggressivo.

 Ma è la situazione internazionale instabile, con i sui conflitti diffusi, che rappresenta il vero terreno di cultura di questo radicalismo terroristico. Tanto che  parafrasando Mao Tze Tung ”grande è il disordine sotto i cieli, quindi la situazione è eccellente”…. anche per l’Isis.

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