Cronaca

L’Italia ha esaurito le risorse naturali. Peggio di noi solo il Giappone

Nel 2024 l’Italia è arrivata a consumare il 500% delle sue risorse, ovvero cinque volte le sue possibilità annuali. E così, già prima della fine di maggio, avrà prosciugato tutte le fonti naturali del suo territorio. Peggio di lei soltanto il Giappone. Se non ci sarà un’inversione di tendenza, nel prossimo futuro soltanto l’Italia dovrebbe, ‘immaginariamente’, avere una superficie grande tre volte il pianeta Terra per soddisfare la crescente domanda di risorse da parte degli italiani. Per non parlare poi di Stati Uniti (cinque volte la Terra), Australia (quattro volte), Russia con la Germania (3 volte). Questi sono soltanto alcuni dei principali dati diffusi dall’Unicusano che, nella sua ultima infografica, analizza approfonditamente la crisi climatica e la stabilità alimentare, mettendone a fuoco i rischi e le conseguenze sociali, territoriali e imprenditoriali.
Scorrendo l’infografica si nota come, a dispetto della credenza popolare, a incidere di più sulla crisi climatica di più il nostro pianeta siano il Qatar, gli Emirati Arabi, gli Stati Uniti e il Lussemburgo, mentre nella classifica dei più virtuosi spiccano Indonesia, Ecuador e Jamaica. Dunque nessun Paese europeo ha davvero adottato politiche contro la crisi climatica e il depauperamento delle risorse: il Vecchio Continente consuma più di quanto la terra riesca “naturalmente” a produrre in un anno. E così fioccano gli overshoot day: in pochi mesi (per l’Italia sono cinque) si sono esaurite le risorse rinnovabili che il pianeta è in grado di rigenerare nell’arco di 365 giorni. A maggio 2023 l’Italia aveva già consumato tutte le risorse del 2024. Un aspetto di cui tener conto il prossimo 19 maggio, quando il Belpaese inizierà a bruciare in preoccupante anticipo anche le risorse del 2025. Ad aggravare la situazione, secondo lo studio dell’Unicusano, concorrono l’eccessivo utilizzo della plastica, lo spreco alimentare e l’accessibilità al cibo. Se da un lato sono 5,25 i trilioni di pezzi di plastica che, da anni, navigano nei nostri mari contribuendo alla creazione di isole di plastica (con estensioni che toccano i 10 milioni di chilometri quadrati, ovvero grandi otto volte l’Italia), dall’altro, a livello globale, si registra uno spreco alimentare del 30% del cibo prodotto, causando l’emissione di 4,8 miliardi di tonnellate di gas serra nell’atmosfera E di ciò che mangiamo, invece, almeno 5 grammi a settimana sono microplastiche. Soltanto in Italia lo spreco alimentare tocca i 67 Kg all’anno pro capite. Il cibo, tuttavia, è paradossalmente vittima e propulsore dei cambiamenti climatici: è responsabile di un terzo delle emissioni globali.
L’infografica dell’Unicusano mette poi in evidenza come la crisi climatica in atto non ha ripercussioni soltanto a livello ecologico, sociale e alimentare, ma colpisce duramente anche il tessuto produttivo e imprenditoriale di un Paese. Tra il 1980 e il 2020 Germania, Francia e Italia hanno registrato le perdite economiche più elevate. Oggi il 79% delle aziende ha paura dell’impatto del cambiamento climatico e il 97% ne ha già risentito per l’energia, l’agricoltura, il turismo, le infrastrutture.  La Terra del futuro spaventa e a ben vedere: superamento della soglia della temperatura entro i prossimi 10 anni, clima simile a quello del Sahara per 3,5 miliardi di persone entro 50 anni e un aumento delle temperature estive di +5°C entro il 2070. E la lista continua: superamento della soglia di tolleranza del calore (con rispettivo aumento del tasso di mortalità), estinzioni, sfollamento di più del 30% della popolazione europea che, oggi, vive entro 50 km dalle coste.
A pagare le conseguenze di inondazioni, siccità, innalzamento dei mari, erosione dei suoli, ondate di calore, come sempre, saranno le minoranze: piccoli agricoltori, donne, disoccupati, popolazioni indigene, Paesi poveri e in via di sviluppo dove l’agricoltura è vita, persone che vivono in aree urbane a basso reddito.

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