Economia e Lavoro

Marcia indietro degli stipendi degli italiani. La classifica Ocse ci piazza al 25 posto su 36, perse due posizioni. Studio dell’Osservatorio Job Pricing

Gli stipendi italiani perdono 2 posizioni nelle classifiche internazionali posizionandosi al 25esimo posto su 36 del gruppo Ocse e all’11esimo su 17 dell’Eurozona. Lo rivelano i dati dell’Osservatorio JobPricing. Anche in termini di crescita, i salari italiani si dimostrano il fanalino di coda: negli ultimi trent’anni hanno perso il 2,9%, unici del gruppo a non essere aumentati. Secondo lo studio, sono stagnanti le retribuzioni annue mentre l’inflazione cresce, con la conseguenza che gli italiani perdono potere di acquisto. La Retribuzione Annua Lorda (Ral) 2021 si attesta a 29.301 euro, mentre la Retribuzione Globale Annua (Rga) a 29.840 euro. Rispetto al 2020 la variazione RGA è del -0,2%, quella RAL dello 0,3%. In entrambi i casi, la variazione  dell’ultimo anno è stata peggiore della variazione media annua del periodo 2015-2021.

La crescita di lungo periodo (2015-2021) mostra un sostanziale immobilismo salariale, ma, in questo  lasso di tempo, le Ral sono cresciute maggiormente (2,1%) rispetto alle Rga (0,8%). Date le tendenze sulla crescita dei prezzi, il potere d’acquisto dei lavoratori è eroso  dall’inflazione: i prezzi sono cresciuti del 1,9% nell’ultimo  anno e del 4,7% tra il 2015 e il 2021. Il JP Salary Outlook mostra inoltre che i salari globali medi degli operai (24.996 euro) sono gli unici a crescere, seppure solo dello 0,6%. Dirigenti (112.906 euro), quadri (56.981 euro) e impiegati (31.329 euro) registrano, tutti retribuzioni globali in diminuzione: rispettivamente -2,3%; -1,8%; -0,9%. Nonostante i dirigenti guadagnino in media 13 mila euro di Rga e un Ceo possa arrivare a guadagnare  fino a 208mila euro – fa notare lo studio – in Italia il grosso  delle retribuzioni si attesta sotto la soglia dei 35 mila euro, esponendo il 90% dei lavoratori a continue perdite di potere di acquisto dovute all’inflazione. A livello regionale, tra Nord e Sud e Isole c’è un differenziale di circa 3.800 euro sulla Ral e di circa 4.500 euro sulla Rga. Tra Nord e Centro il differenziale non arriva a 1.000 euro di Ral e 1.300 euro di Rga. Al Nord si guadagna il 3,3% in più rispetto alla Ral media nazionale, al centro lo 0,2% in più e al Sud e nelle isole il 9,7% in meno. La classifica si inverte però se si guardano le tendenze degli ultimi 5 anni dove le retribuzioni sono aumentate del 4,2% per Sud e isole, del 3,3% per il Centro e solo dell’1,1% per il Nord. Sul podio della classifica regionale la Lombardia (Ral 31.553 euro), seguita da Trentino-Alto Adige (31.001 euro) e Liguria (30,223 euro). Agli ultimi posti Puglia (26,075 euro) Calabria (25,438 euro) Basilicata (24,956 euro).  Spiccano – fa notare l’Osservatorio – con le dovute cautele nel considerare il periodo 2021, i tassi positivi del Piemonte (+1,4 %), dell’Umbria (+1,5 %) e della  Basilicata (+2,2 %) quelli negativi della Liguria (-1,4 %), del Friuli-Venezia Giulia (-1,1 %), della Campania (-1,1 %). In generale, quasi tutte le regioni hanno registrato una  variazione annua peggiore della variazione media annua del  periodo 2015-2021. Sui settori, con una Ral di 44.513 euro e una Rga di 47.066 euro, i Servizi Finanziari si confermano il settore meglio pagato e quello con il più alto tasso di crescita generale 2015-2021. All’ultimo posto per retribuzioni troviamo invece il settore dell’agricoltura. Infine, lo studio mostra che nel 2021 il gender pay gap aumenta dell’8,6%, passando da 12,8 a 13,9%.

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