di Fabio Desideri (*)
Accedendo al sito del Comune di MILANO si legge nella sezione ELENCO DEGLI INTERVENTI REALIZZABILI CON S.C.I.A. quanto segue:
- Interventi di manutenzione straordinaria…qualora riguardino le parti strutturali dell’edificio;
- Interventi di restauro e risanamento conservativo…qualora riguardino le parti strutturali dell’edificio;
- Interventi di ristrutturazione edilizia…compresi quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione, con la stessa volumetria preesistente…;
- Per gli immobili sottoposti a vincoli…gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino degli edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente…;
- Varianti a permessi di costruire che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modifichino la destinazione d’uso e la categoria urbanistica, non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo…;
- Varianti in corso d’opera che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico edilizie e siano attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici ed ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e delle altre normative di settore.
Dalla lettura di queste regole. semplici e di facile interpretazione, dal punto di vista edilizio ed urbanistico, emerge una domanda derivante dalle centinaia di cantieri che hanno cambiato il volto del tessuto urbano del capoluogo lombardo: “Come mai la politica, sia quella lombarda che quella nazionale, non ha mai avanzato i dubbi e le perplessità che in genere manifesta difronte a qualunque trasformazione edilizia-urbanistica del territorio? Anzi, quella nazionale, aveva addirittura approvato, in prima lettura, il cosiddetto D.D.L. “salva Milano”, il quale sembrerebbe fosse stato predisposto per rimuovere le limitazioni urbanistiche ed edilizie che si presuppone – non conoscendo gli atti e le contestazioni – siano, in qualche modo, alla base delle inchieste avviate dalla Magistratura?
Emerge anche un’altra riflessione che scaturisce dalla seguente considerazione, le norme vigenti in Italia sulla materia urbanistico-edilizia stabiliscono che: Il sindaco esercita la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nella concessione o nell’autorizzazione.
Alla luce di questa prescrizione vincolanti delle norme vigenti sulla materia urbanistico-edilizia ogni primo cittadino, di ciascuno degli ottomila comuni italiani, può non essere un esperto della materia, ma è tenuto quantomeno a conoscere – seppur in linea di massima – la differenza tra S.C.I.A. e PERMESSO DI COSTRUIRE, ed è comunque preposto ad esercitare la vigilanza sull’attività urbanistico – edilizia nel territorio comunale.
Secondo la legislazione vigente la SCIA può essere avviata dal proprietario dell’immobile ma è necessaria che sia affiancata dalla relazione di un tecnico abilitato. Quest’ultimo ha il compito di attestare la conformità delle opere agli strumenti urbanistici approvati e il rispetto delle norme settoriali applicabili.
Emerge quindi un’ulteriore domanda: ” Chi si occupa di amministrazione pubblica può non sapere quanto stabilito dal D.P.R 380 del 2001 e le prescrizioni che lo stesso detta per le opere realizzabili tramite S.C.I.A. e quelle per cui è necessario il Permesso di Costruire…?”
(*) Segretario nazionale PPI