Roma Capitale

Quaranta anni fa la morte del Sindaco ‘etrusco’ di Roma Luigi Petroselli. Una storia straordinaria che lo legò per sempre alla Capitale

A quaranta anni dalla scomparsa Roma e Viterbo, sua città natale, hanno ricordato la figura straordinaria del Sindaco della Capitale Luigi Petroselli.
Luigi Petroselli morì all’improvviso a 49 anni, al termine di un accorato intervento al comitato centrale del Pci. Era stato eletto sindaco di Roma, al suo secondo mandato, da appena un mese, dopo aver guidato la città per due anni.
L’”etrusco” Petroselli, si legge nel ricordo fatto dall’amministrazione comunale di Viterbo, ha lasciato in eredità una città orientata verso il futuro, sicuramente più umana e ricca di un rigenerato senso di comunità. Politico e uomo di alti valori, tenace, sensibile e affettuoso tra la gente come nel privato, è considerato ancora oggi il sindaco di Roma più amato e modello di riferimento per tanti amministratori.
Luigi Petroselli fu eletto sindaco di Roma il 27 settembre 1979, dopo le dimissioni dello storico dell’arte Giulio Carlo Argan, fu confermato alla guida del governo della Capitale il 17 settembre 1981. Nelle elezioni per il consiglio comunale, aveva raccolto 130mila voti di preferenza. La sua esistenza si spezzò all’improvviso il 7 ottobre, a conclusione di un intervento al comitato centrale del Pci. Appena due anni. Eppure Petroselli lasciò un’impronta indelebile nella storia politica e amministrativa di Roma. “La grande metropoli può non essere il ‘male’ – affermava – se il suo sviluppo riesce a rifondarsi su una crescita civile e culturale di massa e sull’instaurazione di nuovi rapporti tra gli uomini”.
Lavorò all’“unificazione della città intorno a nuovi valori”, dal centro alla periferia, attraverso il recupero e la riqualificazione delle parti più degradate, il reinserimento e l’integrazione dei ceti più emarginati. E affrontò grandi sfide culturali, come il progetto per la realizzazione del parco archeologico dei Fori imperiali: uno straordinario patrimonio dimenticato diventava elemento di trasformazione della città moderna.
Petroselli aveva maturato la sua esperienza politica e amministrativa a Viterbo.
Nel capoluogo della Tuscia nasce il primo marzo 1932 da Giulio, tipografo antifascista, ed Eufemia Fratini. Dopo la scuola primaria, decide di entrare nel seminario diocesano, che lascia al compimento del quinto ginnasio. Frequenta quindi il liceo classico statale. Nel 1950 prende la tessera del Pci. Si iscrive alla facoltà di Lettere e filosofia presso l’università di Roma, proseguendo l’impegno nel partito.
All’intensa attività politica si affianca l’esperienza nelle istituzioni: è consigliere comunale nella città di Viterbo dal 1961 e consigliere provinciale dal 1963. Lucidi e appassionati i suoi interventi contro l’abnorme espansione urbanistica nella città dei papi, che condannava il centro storico all’abbandono, e per la gestione pubblica dell’acqua.
Nel 1966, nell’11esimo congresso nazionale, viene eletto nel comitato centrale del Pci. Nello stesso anno, in Campidoglio, si unisce in matrimonio con Aurelia Sergi, siciliana, insegnante di matematica e scienze.
Da segretario di una piccola federazione come quella viterbese passa a dirigere il comitato regionale del Pci, a 37 anni, al posto di Enrico Berlinguer.
Nel 1976 è capolista a Roma e nel 1979, il 27 settembre, diventa sindaco della Capitale del paese. Un percorso prestigioso, grazie alle sue qualità, che gli consentono di conquistare autorevolezza e consenso. Dedica tutte le sue energie, senza risparmio, all’impegno per rendere concreta una nuova idea di Roma.
Muore “sul lavoro” a soli 49 anni. La partecipazione ai funerali, prima a Roma poi nella sua città natale, è immensa.
Se il ricordo di Luigi Petroselli è ancora vivo, lo si deve alle sue intuizioni, al suo impegno non comune, all’esempio di una vita vissuta sempre, da uomo libero, al servizio della comunità. Con umiltà e un senso delle istituzioni profondo.

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