Il Vicepresidente vicario di Confcommercio e Presidente Fipe, Lino Enrico Stoppani, è intervenuto alla presentazione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare per testimoniare l’ormai consueto sostegno del sistema Confcommercio. “Un anno fa, ci siamo separati con l’idea che il 2024 sarebbe stato un altro passo verso il raggiungimento degli obiettivi dell’agenda ONU 2030, in particolare per quanto riguarda la riduzione dello spreco alimentare. Questo riguarda principalmente l’obiettivo 12, che promuove consumi e produzioni responsabili (in particolare i target 12.1 e 12.3)”. “Le grandi trasformazioni richiedono una visione chiara, una direzione, regole ben definite, investimenti, ma anche un contesto culturale che faccia sentire ognuno di noi parte di una sfida collettiva. Oggi, purtroppo, questo contesto sembra mancare. Un esempio significativo è un post di Elon Musk su X (ex Twitter), dove ha dichiarato che l’epoca della diversità, dell’equità, dell’inclusione è terminata”. “È un periodo – ha detto Stoppani – in cui si mette in discussione l’efficacia delle istituzioni multilaterali, si promuovono politiche di tipo prima noi, si chiudono le frontiere e si alzano i dazi. In un ambiente così, temo che anche l’obiettivo di ridurre lo spreco alimentare, seppur perseguibile a livello nazionale, fatichi a trovare il clima culturale favorevole per il suo raggiungimento. I dati dell’Osservatorio lo confermano: lo spreco pro-capite è aumentato di oltre nove punti percentuali, il picco più alto degli ultimi quattro anni. Un dato preoccupante è che l’incremento maggiore si registra nelle regioni meridionali, tra i ceti più popolari, nei piccoli comuni e nelle famiglie senza figli, che non sono una minoranza nella struttura demografica del nostro Paese”. “Fra le principali cause di spreco indicate dagli intervistati – ha aggiunto Stoppani – molti collegano il problema a come acquistano i prodotti. Noi, come settore della distribuzione, abbiamo una grande responsabilità, ma non possiamo affrontarla da soli. Una delle principali problematiche riguarda la confusione tra “consumare preferibilmente” e “scadenza” (TMC). È necessario superare questa confusione con campagne informative mirate, possibilmente a livello pubblico. Infatti, il 48% degli intervistati afferma che acquistare prodotti appena oltrepassati la data di TMC è una pratica che fanno per risparmiare. Questo dimostra che i consumatori sono consapevoli della possibilità di valutare i prodotti dopo il TMC, ma è una pratica difficile da adottare per ridurre lo spreco. Chi si farà carico di una comunicazione efficace su questo tema?” Secondo Stoppani, “l’investimento principale che dobbiamo fare riguarda il dare valore al cibo. Si tratta di un valore immateriale, simbolico, prima che economico. Se il cibo diventa solo una merce, la battaglia contro lo spreco è persa. In questo contesto, è fondamentale sottolineare l’importanza dei modelli di consumo e degli stili alimentari, che possono rappresentare una difesa contro la trasformazione del cibo in una commodity. La ristorazione può avere un ruolo importante nel rafforzare questo argine, essendo uno spazio di socializzazione e conoscenza del cibo, nonché di creazione di tendenze e modelli, a volte non sempre positivi. Occorre investire in cultura ed educazione alimentare per far emergere il valore della qualità, dell’importanza della conoscenza e di un consumo consapevole. La dimensione etica del cibo si esprime anche nella possibilità di portare a casa il cibo non consumato al ristorante. Su questo tema sono nate numerose iniziative, e mi permetto di spendere qualche parola in più”. Stoppani ha sottolineato che “questa misura, prima di essere valutata per i suoi effetti pratici nel contrasto allo spreco, deve essere considerata per il suo valore simbolico ed educativo. Personalmente, credo che abbia un grande impatto nel sensibilizzare le persone e nel far apprezzare maggiormente il cibo. Un cittadino su due vorrebbe che i ristoranti consentissero di portare a casa gli avanzi. Voglio lanciare un messaggio chiaro: la stragrande maggioranza dei ristoranti già lo fa, anche se con un packaging funzionale. Tuttavia, è necessario un lavoro di comunicazione, poiché il 40% degli intervistati afferma che non viene mai proposto. E questo, vi assicuro, va ben oltre i risultati concreti che possiamo ottenere”.
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