Politica

Riforma Csm e giustizia, con l’emendamento Cartabia addio ai magistrati che entrano ed escono dalla politica

Non potrà essere più possibile esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e politici. È una delle novità che potrebbero entrare nella riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario a cui sta lavorando la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che oggi ha avuto una serie di incontri con i delegati dei partiti di maggioranza. Si tratta di punti di un “confronto aperto”, spiegano fonti di via Arenula, e quindi saranno possibili ulteriori modifiche. Non si tratta perciò ancora di emendamenti formalizzati ma di proposte per “soluzioni percorribili“, come detto ieri dalla stessa guardasigilli.

Il divieto varrà sia per sindaci e amministratori (tanto di piccoli paesi, quanto di grandi città), sia per i parlamentari. Nella formulazione della modifica da introdurre nella riforma del Csm, si accolgono le proposte della commissione ministeriale, presieduta da Massimo Luciani, che supera le distinzioni del ddl Bonafede incardinato in Parlamento (che distingueva tra tre livelli) e si introducono così obblighi che impediscano il ripetersi di casi di magistrati che abbiano in contemporanea incarichi elettivi e/o politici, come il recente di Catello Maresca, già candidato sindaco a Napoli e attualmente consigliere comunale, assegnato proprio ieri dal plenum di Palazzo dei Marescialli alla Corte d’Appello di Campobasso con funzioni di consigliere.

 

Ecco l’ipotesi di emendamento alla riforma del Csm:

CANDIDABILITÀ E LIMITI TERRITORIALI: divieto di candidarsi nel collegio, in cui è compreso in tutto o in parte l’ufficio giudiziario in cui i magistrati hanno prestato servizio negli ultimi tre anni.

ASPETTATIVA: all’atto dell’accettazione della candidatura i magistrati devono essere posti in aspettativa senza assegni, obbligatoria per l’intero periodo di svolgimento del mandato, con diritto alla conservazione del posto e computo a soli fini pensionistici del periodo trascorso in aspettativa. La ratio del provvedimento allo studio del confronto tra maggioranza e ministero della Giustizia tiene conto dell’articolo 51 della Costituzione che all’ultimo punto recita: “Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”. L’articolo in questione però – viene sottolineato dai promotori delle nuove norme – non vieta che per legge si possano mettere limiti, dissuasori e divieti per i magistrati che ricoprono cariche elettive ammninistrative o parlamentari.

Sulla riduzione del numero massimo dei magistrati fuori ruolo (oggi è 200), è stato formulato un principio di delega: si stabilirà poi, con i decreti attuativi, il nuovo limite. Ci potrebbe essere anche una delega alla tipizzazione delle tipologie di incarichi extragiudiziari, per i quali è previsto il collocamento fuori ruolo e di quelli per cui è prevista l’aspettativa (si dovranno determinare con chiarezza quali sono gli incarichi per cui è previsto il fuori ruolo e quali quelli per cui è prevista l’aspettativa). Ulteriori paletti allo studio: fuori ruolo non prima di dieci anni di effettivo esercizio delle funzioni giurisdizionali; limite massimo dieci anni (salvo alcune eccezioni).

Fonti di via Arenula sottolineano che oggi l’accesso in magistratura è un “grave problema evidenziato dal trend di più concorsi”. Ultimo concorso di luglio: 310 posti; al 3 dicembre: 1.532 le correzioni effettuate, considerati idonei 88 candidati. La proposta di riforma è la seguente: accessibilità al concorso direttamente dopo la laurea (si elimina dottorato, esame di avvocato, scuole di specializzazione); valorizzazione tirocini formativi e ufficio per il processo; attribuzione alla Scuola Superiore della Magistratura dell’organizzazione di corsi di preparazione al concorso in magistratura per i tirocinanti e per chi abbia svolto funzioni nell’ufficio per il processo Pnrr; previsione di tre elaborati scritti e di riduzione delle materie orali.

Al centro del confronto tra la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e i partiti di maggioranza per la riforma del Csm, il sistema elettorale per eleggere i futuri componenti di Palazzo dei Marescialli. La proposta per ora è sul tavolo, sotto forma di bozza, non ancora formalizzata in emendamenti al ddl in Parlamento. Si parla di collegi binominali, sistema maggioritario con correttivi, per rappresentare gruppi minoritari e parità di genere sulle candidature. Un sistema maggioritario, quindi, con collegi binominali, a turno unico, con un’unica preferenza. Le candidature sarebbero almeno sei (il triplo di quelle da assegnare). Se non arrivano spontaneamente il triplo delle candidature, rispetto ai posti da assegnare per ogni collegio, si integrano per sorteggio tra i magistrati che non hanno negato la loro disponibilità. E scatta il sorteggio anche nel caso in cui non sia assicurata la parità di genere.

 

PARITÀ DI GENERE: tra le candidature minime almeno la metà debbono essere del genere meno rappresentato.

LE DUE OPZIONI: 1) Ipotesi senza aumento del numero dei consiglieri: collegio unico nazionale per i 2 componenti della giurisdizione di legittimità; 2 collegi per la designazione dei 4 magistrati requirenti; 4 collegi per la designazione dei magistrati giudicanti. 2 seggi assegnati ai migliori terzi classificati. Totale, 7 collegi.

CORRETTIVO DEL MAGGIORITARIO: 2 seggi da assegnare ai migliori terzi Tutti i magistrati votano per tutti (ognuno vota 3 schede: legittimità, pm e merito); 2) Ipotesi con aumento del numero dei consiglieri: collegio unico nazionale per i 2 componenti della giurisdizione di legittimità; 2 collegi per la designazione dei 5 magistrati requirenti, con recupero del migliore terzo classificato (tra i due collegi binominali, si elegge chi tra i due colleghi ha avuto il miglior risultato come terzo) ; 4 o 5 collegi per la designazione dei magistrati giudicanti, con integrazione dei tre migliori terzi classificati. Totale, 8 collegi. Correttivo del maggioritario, 6 o 4 seggi da assegnare ai migliori terzi.

FUNZIONAMENTO DEL CSM: attribuzione al Comitato di Presidenza della formazione delle commissioni; introduzione dell’incompatibilità, per i membri effettivi della sezione disciplinare, a partecipare alle commissioni I, III, IV e V – quelle che decidono su incarichi direttivi e semidirettivi, trasferimenti di ufficio e valutazioni di professionalità; apertura alla composizione di segreteria e ufficio studi di componenti esterni (avvocati, professori universitari, dirigenti amministrativi) previo superamento di un concorso. Al momento, sono composti solo da magistrati.

ASSEGNAZIONE INCARICHI DIRETTIVI. Introduzione di regole procedimentali: pubblicità degli atti (sul sito intranet del Csm, nel rispetto dei dati sensibili) e richiamo ai principi della legge 241/90, trasparenza etc.; definizione dei procedimenti, per l’assegnazione degli incarichi direttivi, in base all’ordine temporale di vacanza, salvo deroghe per gravi e giustificati motivi e ad eccezione dei posti di primo presidente e procuratore generale della Cassazione, di carattere prioritario; Impedire le cosiddette “nomine a pacchetto”: selezione di una rosa di candidati sulla base dei Curricula; audizione obbligatoria dei candidati selezionati; diritto di voto per avvocatura nei consigli giudiziari; partecipazione a specifici corsi organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura, della durata minima di tre settimane anche non consecutive, quale requisito per l’ammissione alla procedura funzionali all’acquisizione di competente organizzative; Individuazione di un contenuto minimo di criteri di valutazione, tra cui l’anzianità, per verificare tra l’altro anche le capacità organizzative.

VALUTAZIONI DI PROFESSIONALITÀ: coinvolgimento di avvocati e professori nei Consigli giudiziari; articolazione del giudizio positivo in: discreto, buono o ottimo; introduzione di norme di semplificazione; previsione della rilevanza, ai fini della successiva valutazione di professionalità, di condotte di natura; disciplinare accertate in via definitiva.

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Suicidio assistito c’è il primo sì alla Camera dei deputati

 

La legge sul suicidio assistito ottiene il primo sì in Parlamento. Le commissioni congiunte Giustizia e Affari sociali della Camera hanno approvato il testo base, che reca disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita, dando mandato ai relatori Alfredo Bazoli (Pd) e Nicola Provenza (M5S) a riferire in Assemblea. Il testo, nato per recepire la sentenza della Corte costituzionale 242/2019 in materia di fine vita, sarà in aula lunedì 13 dicembre per la discussione generale.

A favore hanno votato Pd, M5s, Leu, Iv e Più Europa. Contrario tutto il centrodestra con Lega, Forza Italia, Coraggio Italia e Fdi che hanno espresso il loro no. Il testo base è stato modificato con l’approvazione di alcuni emendamenti. Nel corso dell’esame nelle commissioni di merito è stata inserita la non punibilità retroattiva per i casi precedenti alla legge.

La norma così recita: “Non è punibile chiunque sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima dell’entrata in vigore della presente legge, qualora al momento del fatto ricorressero i presupposti e le condizioni di cui all’articolo tre della presente legge e la volontà libera, informata e consapevole della persona richiedente fosse stata in inequivocabilmente accertata”.

Prevista anche l’obiezione di coscienza per medici e infermieri: “Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione” .

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