I beni immobili che una società, in conformità al proprio oggetto sociale, costruisce su un terreno di sua proprietà e, successivamente, vende a un terzo, devono essere sottoposti alla disciplina tipica dei “beni merce” e non a quella dei “beni patrimoniali”. Questo principio è stato espresso dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 25550 del 24 settembre 2024.
Il caso ha riguardato una società edile che aveva acquistato un terreno sul quale ha costruito un fabbricato residenziale, ultimato nel 2002. L’intero fabbricato è stato poi alienato, a titolo oneroso, nel 2007.
Prima di entrare nel merito della vicenda processuale, occorre premettere che, nell’ambito del reddito d’impresa, i beni relativi all’impresa sono classificati in tre categorie:
- beni merce – si tratta dei beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa
- beni patrimoniali – sono i beni che fanno parte dell’organizzazione aziendale per decisione dell’imprenditore. Di solito sono acquistati a titolo di investimento e spesso sono destinati al mercato locativo
- beni strumentali – si tratta dei beni funzionali, per natura o per destinazione, allo svolgimento dell’attività imprenditoriale.
A seguito di controlli effettuati nei confronti della società, l’Amministrazione finanziaria ha rilevato che, tra i ricavi di competenza dell’anno in cui era stata eseguita la cessione del fabbricato, non è stato indicato l’intero corrispettivo ricevuto a seguito della vendita. Ciò in quanto la società, in relazione al fabbricato ceduto aveva applicato la disciplina tipica dei “beni patrimoniali” e, pertanto, aveva assoggettato a tassazione solo la differenza tra la spesa sostenuta per l’edificazione del fabbricato e il ricavo ottenuto dalla sua vendita (plusvalenza).
Secondo l’ufficio, considerato che la società oggetto di controllo, svolgeva attività di costruzione e commercializzazione di beni immobili, il fabbricato dalla stessa costruito e poi alienato doveva essere sottoposto alla disciplina prevista per i beni merce.
Constatata tale anomalia, l’ufficio ha emesso un atto di accertamento rettificando sia il reddito d’impresa imputabile alla società, che, conseguentemente, il reddito di partecipazione dichiarato dai soci della società stessa (articolo 5 del Tuir, Dpr n. 917/1986).
L’accertamento è stato basato, principalmente, sul disposto dell’articolo 85, primo comma, del Testo unico, in base al quale, tra l’altro, sono considerati ricavi “…i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa”.
A seguito dell’impugnazione promossa dalla società, la Ctp di Alessandria (sentenza n. 93/2013) ha respinto le obiezioni di parte, mentre la Ctr del Piemonte (sentenza n. 612/2015) ha accolto il ricorso ritenendo corretta la tassazione dell’operazione sopra descritta secondo la disciplina delle plusvalenze e ha annullato l’atto di accertamento.
I giudici della Corte di cassazione, dopo aver richiamato alcune precedenti pronunce (cfr Cassazione, nn. 4417/2020 e 23987/2020) nelle quali si è evidenziata la distinzione tra le tre categorie di beni sopra riportata, hanno affermato che “…l’immobile oggetto della compravendita non aveva, alla luce dei criteri delineati dalle pronunce riportate, nemmeno nella prospettazione delle parti e cioè in ragione delle circostanze di fatto per come descritte nella sentenza, natura di bene patrimoniale perché pacificatamente non destinato al mercato locativo, né natura di bene strumentale atteso che difettava di ogni destinazione alla realizzazione dell’attività di impresa”.
Questa soluzione, tra l’altro, era del tutto coerente con l’assenza di un registro dei beni ammortizzabili della società che riportasse l’immobile tra i beni patrimoniali.
La suprema Corte ha, quindi, confermato che il bene in esame doveva essere qualificato come “bene merce” e, di conseguenza doveva applicarsi il citato articolo 85 del Tuir.
Ha, quindi, affermato il seguente principio di diritto “in tema di determinazione del reddito d’impresa, il corrispettivo della vendita di un complesso di unità immobiliari, effettuato da una società avente come oggetto principale l’attività di compravendita di immobili, costituisce, a norma dell’art. 53 (ora art. 85). Comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 917 del 1986, ricavo interamente tassabile, atteso che la tassabilità della sola plusvalenza riguarda il corrispettivo realizzato mediante cessione di beni relativi all’impresa diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio essa è diretta. (Cass. 13747/2016”.
Per questi motivi è stato accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Fonte Agenzia delle Entrate