Esteri

Somalia, come gli Stati Uniti hanno minato la lotta per una nazione unificata  

 

Con la sua costa di 2100 miglia la Somalia è così ricca di risorse e strategicamente significativache una sua vera sovranità sarebbe  un anatema per gli Stati Uniti, ecco perché hanno inviato truppe,  imposto una zona verde nella sua capitale, supervisionato la fallita operazione di “mantenimento della pace” delle Nazioni Unite, sostenuto un governo fantoccio e hanno organizzato nel 2008 l’alleanza militare AFRICOM(United States Africa Command)con un supportodella Marina UE lungo la costa somala.

Il paese ha sofferto per decenni di dilaganti saccheggi di pesce e scarichi tossici, mentre  si stima che abbia le più grandi riserve petrolifere costiere al mondo non sfruttate.

Inoltre si trova vicino allo stretto di Bab-El Mandeb e allo stretto di Hormuz, attraverso il quale passa ogni giorno il 40% del petrolio mondiale.Vanta anche cinque porti all’interfaccia tra Africa, Medio Oriente e Asia. L’interruzione della catena di approvvigionamento del 2021 causata dalla nave portacontainer bloccata nel Canale di Suez era solo un assaggio di ciò che potrebbe accadere se scoppiasse una guerra in queste acque. La Somalia è afflitta da una lotta tra secessionisti e unionisti, che si identificano anche come nazionalisti.I funzionari in tutti e 6 i suoi stati membri federali resistono  all’autorità federale. I movimenti politici più separatisti risiedono in Jubaland, Puntland e soprattutto Somailand, anche se invia rappresentanti al parlamento federale a Mogadiscio. I governanti del Somaliland, hanno chiesto il riconoscimento come stato indipendente negli ultimi 30 anni, ma né le Nazioni Unite né nessuno dei suoi 193 stati membri ha accettato la proposta anche se il sentimento secessionista è forte nella capitale dello stato, Hergeisa.

Una sezione dell’US 2023 National Defense Authorization Act riconosce informalmente l’indipendenza del Somalilanddelineando un piano per la cooperazione militare diretta tra gli Stati Uniti e lo stato separatista.  Attualmente lo US Africa Command (AFRICOM) sembra non aver più grande interesse per la sua militare a Gibuti, mentre proliferano le intenzioni di basi militari di Cina, Francia, Giappone, Italia e Arabia Saudita che necessitano tuttavia di ampi ormeggi. Un voto popolare sarebbe essenziale per la causa unionista, ma gli Stati Uniti e i loro alleati hanno impedito alla Somalia di istituire il sistema elettorale praticato in Occidente  progettando la sconfitta del presidente Mohammed Abdullahi Mohammed, alias Farmaajo, estremamente popolare che tentava  di costruire un esercito in grado di difendere la sovranità somala e rimuovere le forze straniere, comprese le truppe statunitensi. Dopo 32 anni di conflitto seguito al crollo dello stato nel 1991 quasi il 50% dei somali vive nei centri urbani e nei campi per sfollati interni (IDP) quindi le possibilità di una vera consultazione popolare esisterebbero. A questa situazione si aggiunga cheil Kenya ha interferito nella politica somala quando Uhuru Kenyatta era presidente con migliaia di soldati  che occupano  lo Jubaland dal 2011 come parte della missione delle Nazioni Unite,ma il nuovo presidente, William Ruto, cerca di  essere un buon vicino e un buon socio in affari con la Somalia, l’Etiopia e l’Eritrea.

Eppure l’esercito keniota collabora con gli islamisti Al Shabaab per contrabbandare carbone dalla Somalia agli Stati del Golfo abbattendo alberi a tutto spiano e desertificando il territorio. Ci sono rapporti secondo cui anche gli Emirati Arabi Uniti vogliono sviluppare e gestire le operazioni portuali di Kismayo nel Jubbaland, ma anche il Kenya vuole quel porto e la Turchia, prima del devastante terremoto, sembrava interessata a  comprare il porto di Mogadiscio.  I governi dell’Uganda e del Burundi guadagnano un sacco di soldi contribuendo con truppe alla missione di mantenimento della pace dell’ONU che dovrebbe combattere Al Shabaab, quindi l’ultima cosa che vogliono fare è proprio quella di sconfiggerla.

Giu.Lo.

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