di Chiara Napoleoni
La stretta sulle pensioni dei medici è destinata a cambiare e la marcia indietro riguarderà anche gli altri dipendenti pubblici che dall’anno prossimo avrebbero subito un taglio consistente dell’assegno una volta usciti dal lavoro. Le modifiche sono state confermate a Sky Tg24 dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, che non ha precisato cosa ha in mente il governo, aggiungendo però che si deve evitare che, per scansare le nuove regole, ci sia una corsa ai pensionamenti che svuoterebbero gli uffici.Senza correzioni alla manovra, chi – tra medici, infermieri, maestri e dipendenti di Comuni e Regioni – ha iniziato a lavorare a metà degli Anni ’80 avrebbe visto un taglio all’assegno che nei casi peggiori poteva arrivare a un quarto della pensione, con tuttavia un risparmio per le casse dello Stato piuttosto esiguo nei primi anni (11,5 milioni nel 2024). Salvo ripensamenti, come sta avvenendo l’impatto sarebbe stato devastante per tanti ex dipendenti pubblici con tagli fino a 11mila euro l’anno. Una misura che intendeva ridurre significativamente le pensioni di circa 700.000 dipendenti pubblici: la revisione mira a modificare le aliquote di rendimento delle pensioni per diverse categorie di lavoratori pubblici, in particolare quelli che hanno iniziato a lavorare prima del 1996: c’è scritto nell’articolo 33 della bozza della Legge di Bilancio 2024 riguardante le “Disposizioni in materia di adeguamento delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali”. Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “queste modifiche peggiorative confermano che rimane sempre più importante introdurre una deroga per tutti i docenti e per il personale Ata della scuola, perché svolgono mansioni che comportano alla lunga una percentuale di burnout altissima: riteniamo di pensare che i dati ufficiali non vengono resi pubblici dai ministeri preposti, proprio perché si evidenzierebbe il problema. La verità è che il lavoro a scuola va considerato usurante e la formazione universitaria, come altri tipi di contributi accumulati negli anni, devono essere riscattati gratuitamente. Come pure occorre introdurre agevolazioni fiscali e investimenti appropriati per le pensioni complementari, per rivalutare quello che ad oggi rimane un contributo figurativo da parte dello Stato”. La penalizzazione può raggiungere oltre il 20% dell’assegno per la quota retributiva per le anzianità retributive più basse. I lavoratori maggiormente penalizzati dalla nuova misura saranno maestri, infermieri, dipendenti comunali, medici pubblici e ufficiali giudiziari. Queste categorie, in particolare, vedranno una significativa riduzione dell’assegno pensionistico. La nuova misura, se approvata come indicato dalla bozza, sarà applicata a coloro che andranno in pensione a partire dal primo gennaio 2024. Questo riguarderà in particolare i dipendenti pubblici che hanno iniziato a lavorare tra il 1981 e il 1995. Nel caso di una maestra d’asilo che avrà una retribuzione annua di 30 mila euro lordi e andrà in pensione nel 2024 all’età di 67 anni (avendo iniziato a lavorare l’1/1/1990), si prevede un taglio annuale lordo dell’assegno pensionistico di 4.432 euro. Se consideriamo l’aspettativa di vita media di 84,8 anni per una donna, il taglio complessivo dell’assegno pensionistico durante la sua vita pensionistica potrebbe ammontare a 79.776 euro. Riassumiamo brevemente le nuove regole per capire come dovrebbe funzionare il nuovo taglio pensioni future degli attuali dipendenti pubblici ex INPDAP con quota retributiva nel periodo 1981- 1995: per chi aveva zero contributi prima del 1996 (senza quota retributive sulla pensione), non cambia nulla; per chi ha fino a 15 anni di contributi ricadenti nel sistema di calcolo retributivo della pensione futura (avendo iniziato a lavorare fra il 1981 e il 1995) – applicando pertanto il sistema misto di calcolo pensione – si applicano le nuove aliquote di rendimento sulla quota retributiva; per chi ha oltre 15 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 1995 non cambia niente, perché continuano ad applicarsi le vecchie aliquote di rendimento.