La guerra di Putin

Ucraina: Bakhmut è una Verdun di oggi o solo un simbolo per entrambe le parti? 

di Giuliano Longo

Nello scorrere la stampa occidentale sembra che Bakhmut si ormai una macelleria di perdite russe, conclamate da Kiev e riportate dall’intelligence britannica che si avvale prevalentemente di fonti ucraine.

Da  parte russa si sa ben poco se non le esternazioni di Ragozin  capo dei mercenari della Wagner che su quel fronte è in prima linea, ma comincia pure a dare fastidio allo Stato Maggiore militare di Mosca  .

Forse un po di storia serve a rinfrescare la memoria. Bakhmut (Artemivs’k per i russi)   nel XVII secolo fu una  fortezza russa contro le scorrerie dei tatari di Crimea, ma anche la  la prima miniera per l’estrazione del sale per la quale è ancora famosa, oltre che per la produzione di alcolici. 

Durante la seconda guerra mondiale Artemivs’k, fu protagonista nel 1942 di una strage ad opera dei soldati nazisti e dei collaborazionisti ucraini, tornando all’Unione Sovietica nel 1943.

Nel corso della  guerra del Donbass la città fu brevemente controllata dalla milizia della Repubblica Popolare di Doneck fino al 7 luglio 2014, quando l’esercito ucraino ne rivendicò la liberazione, assumendo il nome attuale nell’ambito della decomunistizzazione dell’Ucraina.  Ma dopo l’invasione russa la città di oltre 73mila residenti, è diventata uno dei principali obiettivi dell’esercito di Putin .

Gli esperti, in primis quelli americani, affermano che la cittadina non ha poi questo gran valore strategico sotto il profilo militare trovandosi peraltro nell’Oblast filo russo del Donesk, ma è proprio qui che si starebbe consumando una carneficina.

Comunque  ben poco paragonabile a quella di Verdun nella prima guerra mondiale, con i suoi oltre 500mila fra morti e feriti, grazie all’accanimento di generali che non ne hanno mai pagato il prezzo di sangue. Un paragone di qualche avventato articolista in fase di sensazionalismo. 

Certamente per Zelensky, ma anche per Putin, la conquista della cittadina quasi accerchiata da mesi, ha un valore simbolico e lì si va combattendo una guerra di logoramento che nemmeno la fornitura della armi più sofisticate dall’Occidente potrà risolvere 

Come ha notato il New York Times in un reportage, l’Ucraina sta cercando di ripetere l’esperienza della battaglia per il Donbass della primavera del 2022, quando le forze russe, dopo essersi ritirate da Kiev, misero in atto un’offensiva su larga scala in ampie parti dell’est dell’Ucraina, con l’obiettivo di conquistare quanto più territorio possibile.

 Dopo i primi successi l’offensiva fu fermata dalla resistenza dell’esercito ucraino, che cominciò gradualmente a migliorare la propria posizione man mano che arrivavano  i rifornimenti delle più potenti armi occidentali, fa cui  i lanciarazzi HIMARS.

A Bakhmut, lo scontro è diretto con grosse perdite da entrambe le parti  e l’Ucraina sta affrontando  una offensiva russa che  approfitta dell’inverno, dove le possibilità di ampie manovre sono limitate anche a causa delle temperature bassissime, in attesa che arrivino nuovi rifornimenti dall’Occidente. 

 

Ma anche con questi corposi aiuti la Russia ha la capacità di attingere a nuove forze, co la  mobilitazione peraltro in atto anche in Ucraine, e risulta quindi difficile  immaginare di poter sfiancare l’orso russo, sia pur con tutti i suoi limiti di burocrazia e risorse tecnologiche .

Eppure  questa città, che di per sé non ha nessuna rilevanza strategica, lo ripetiamo,  per Mosca rappresenta la testa di ponte da cui lanciare una futura offensiva su Kramatorsk che, in caso di successo, garantirebbe alla Russia il controllo pressoché totale dei due oblast di Donetsk e Luhansk. 

Che non sarebbe poco per riaprire  i giochi della pace o quantomeno della tregua perché se la la Sparta russa dovesse piangere  non è che l’Atena Usa/Occidente rida a crepapelle.  

aggiornamento la Guerra di Putin ore 17.20

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