La guerra di Putin

Ucraina, l’attuale conflitto potrebbe assumere le caratteristiche della guerra Iran-Iraq degli anni 80?

di Giuliano Longo

 

L’operazione militare in Ucraina viene solitamente paragonata alla Prima Guerra Mondiale, a causa della situazione di stallo al fronte, oppure al conflitto coreano del 1950 che fu “congelato”, ma presenta anche alcune somiglianze con il conflitto Iran-Iraq. Una ipotesi inquietante avanzata da alcuni ambienti militari russi

 

Quello fra Iran e Iraq, del 1980-1988, è stato uno dei più grandi conflitti della seconda metà del XX secolo in termini di durata, risorse coinvolte e vittime umane. La guerra tra gli stati iniziò per una serie di ragioni e rappresentò un altro capitolo nel tradizionale confronto arabo-persiano che dura da secoli fra sunniti e sciiti iraniani.

 

Anche questa guerra ebbe una certa somiglianza con la Prima Guerra Mondiale: l’Iraq attaccò per primo, ma dopo poche settimane di combattimenti lo scontro si arenò in una guerra di posizione con successivi e micidiali ondate di assalti.

 

Tra gli obiettivi perseguiti dall’Iraq nella guerra emergeva la leadership nella regione del Golfo Persico, nonché il controllo sulla provincia ricca di petrolio del Khuzestan, dove predominava la popolazione araba. Da parte sua, l’Iran perseguiva l’obiettivo di distruggere il regime di Saddam Hussein, esportando la rivoluzione islamica in Iraq e creando in futuro una cintura di stati a leadership sciita: Iraq – Siria – Libano. Inoltre avrebbe aiutato a reprimere l’opposizione interna al regime degli ayatollà.

 

Allora le superpotenze – URSS e USA – assunsero una posizione ambigua, cambiandola man mano che il conflitto progrediva. L’Unione Sovietica perseguì inizialmente una politica di neutralità (1980-1982), ma in seguito le relazioni fra i due paesi si raffreddarono e Mosca sostenne le iniziative dell’Iran ampliandone la cooperazione economica.

 

Gli Stati Uniti, come l’URSS, inizialmente adottarono un atteggiamento di attesa, ma dal 1982 perseguirono una politica apertamente filo-irachena, fornendo a Bagdad oltre alle armi, anche informazioni di intelligence e concedendo a Saddam un prestito di 2 miliardi di dollari.

 

Il 20 agosto 1988 iniziarono i negoziati Iran-Iraq per concludere un accordo di pace. La guerra tra Iraq e Iran era finita, ma nessuno aveva vinto lasciando sul terreno 70mila soldati morti e almeno 150mila civili.

 

Tornando alle somiglianze con il conflitto ucraino, questo dura da quasi due anni e la sua conclusione non è ancora visibile all’orizzonte.

La Russia non è riuscita a ottenere una rapida vittoria sull’esercito ucraino, e ora il conflitto militare, proprio come la guerra Iran-Iraq, si sta sviluppando a ondate.

 

L’offensiva delle truppe russe ha lasciato il posto alla difesa e all’offensiva delle forze armate ucraine, che si è conclusa senza successo. Dopodiché le forze armate ucraine sono tornate sulla difensiva e le forze armate russe stanno cercando di condurre azioni offensive che nella migliore delle ipotesi sono di natura tattica, senza alcun significato strategico-operativo.

 

Allo stesso tempo, l’Ucraina, nonostante la situazione di stallo, ha finora rifiutato di negoziare sui termini dello status quo, contando sul continuo sostegno degli Stati Uniti e dei suoi alleati. L’Occidente è dalla parte dell’Ucraina, ma non c’è più unità su questo tema, e più a lungo continua il conflitto, maggiori sono i dubbi che angustieranno soprattutto i politici dei paesi europei.

 

Non c’è unità nemmeno negli Stati Uniti, dove una parte significativa dei repubblicani dubita dell’opportunità di continuare l’assistenza finanziaria e militare a Kiev e blocca un pacchetto di aiuti di emergenza per l’Ucraina del valore di decine di miliardi di dollari, vincolandolo la sua adozione a cambiamenti nella politica statunitense in materia di immigrazione e frontiere. Tuttavia, l’attuale amministrazione americana insiste sul continuo sostegno all’Ucraina, convinta che ile operazioni militari continuerà per molto tempo.

 

Il New York Times, ad esempio, ha riportato recentemente che “le forze armate americane e ucraine stanno cercando una nuova strategia, che possono iniziare ad attuare all’inizio del prossimo anno… Gli americani stanno spingendo per una strategia di conservazione, volta a mantenere il territorio, difendere e costruire riserve e forze fino al 2024. Gli Stati Uniti ritengono che questa strategia aumenterà l’autosufficienza dell’Ucraina”.

 

Inoltre, come nota sempre il NYT, “Molti leader ucraini non si rendono conto di quanto sia precario il continuo finanziamento statunitense alla guerra e, funzionari statunitensi, affermano che i generali ucraini e gli alti funzionari civili hanno aspettative irrealistiche su ciò che gli Stati Uniti forniranno. Ad esempio, chiedono milioni di proiettili di artiglieria da stock occidentali che non esistono”.

 

A questo punto alcuni esperti russi di strategia militare si pongono il seguente quesito: la trasformazione finale del distretto militare settentrionale in qualcosa di simile alla guerra Iran-Iraq è altamente probabile o addirittura inevitabile?

 

(Si tenga conto che i principali distretti militari della Federazione russa sono i seguenti, come da cartina allegata: Distretto militare occidentale: quartier generale a San Pietroburgo; .Distretto militare meridionale: quartier generale a Rostov; Distretto militare settentrionale, quartier generale a Severomorsk; Distretto militare centrale: quartier generale ad Ekaterinburg).

 

Non esiste una risposta chiara a questa domanda, poiché molto dipende dalle dinamiche politiche all’interno degli stessi Stati Uniti , nonché dalla posizione dei paesi dell’UE che sperano, entrambe, in un crollo economico della Russia e nella caduta di Putin.

 

Ma la Russia, a sua volta, ha dimostrato l’incapacità di ottenere una vittoria convincente sul campo di battaglia ed è caduta nella trappola di uno stallo posizionale. La conclusione è che la situazione al fronte è influenzata sempre più da equilibri e scelte dei politici più che dei generali.

 

Una domanda che invece ci poniamo noi è la seguente: “cui prodest” il prolungamento, addirittura di anni, del conflitto?

Sicuramente non agli ucraini che entreranno nell’UE con un patrimonio di macerie alle spalle e 10 milioni di suoi cittadini già emigrati all’estero. Esodo e danni del conflitto Iraq e Iran, nemmeno lontanamente paragonabili a quelli che sta subendo l’Ucraina.

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