Economia e Lavoro

Un euro sempre meno utilizzato

di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi*

da Mario Lettieri e Paolo Raimondi riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Il mercato dei cambi valutari, il cosiddetto foreign exchange FX, una parte importante della bolla finanziaria e dei derivati, vive una crescente fibrillazione. Il rischio di una grave crisi è grande. A dirlo è la Banca dei Regolamenti Internazionale di Basilea nella sua recente «Triennual Survey».

Il turnover nei mercati FX è in forte rialzo a livello globale. Nell’aprile 2022 il fatturato è stato pari a 7.500 miliardi di dollari al giorno, un volume 30 volte superiore al pil globale giornaliero. Il 14% in più rispetto al 2019. Circa il 90% delle operazioni è fatto con la valuta americana. L’euro ha una quota del 31%, in forte calo rispetto al 39% del 2010. La valuta cinese è passata da meno dell’1% di venti anni fa a oltre il 7% di oggi.

Secondo la Bri, a rendere più difficile la gestione è la maggiore frammentazione del trading sui cambi perché si è passati a forme bilaterali di negoziazione elettronica. La Bri parla di uno spostamento da forme visibili ad altre più opache. Una delle principali fonti di vulnerabilità è l’indebitamento in dollari insito nei mercati valutari. A differenza della maggior parte dei derivati, quelli sulle valute comportano lo scambio di capitale e quindi danno luogo a obblighi di pagamento (debiti) pari all’intero importo del contratto.

A metà del 2022 questo indebitamento in dollari ammontava globalmente a 85 mila miliardi. Se si aggiungono tutte le monete, i debiti arrivano a 97.000 miliardi di dollari, cioè pari al pil globale del 2021 e tre volte il commercio mondiale.

Per i soggetti non bancari fuori degli Usa, per esempio i fondi d’investimento, si stimano 26 mila miliardi di obblighi di pagamento tenuti fuori bilancio, il doppio del loro debito in dollari registrato in bilancio. Nel 2016 erano 17.000 miliardi. Le banche non statunitensi hanno circa 39.000 miliardi di tali obblighi fuori bilancio rispetto a quelli registrati nei bilanci pari a 15.000. Sono più di 10 volte il loro capitale.

Le operazioni sulle valute, quindi, creano debiti in dollari in gran parte a brevissimo termine che non compaiono nei bilanci e mancano nelle statistiche sul debito. Lontano dagli occhi, afferma la Bri, non dovrebbe tuttavia significare lontano dalla mente. In passato ci sono stati persino casi di fallimento di alcuni attori coinvolti.

La Bri sottolinea che ogni giorno dello scorso aprile un terzo del fatturato FX, circa 2.200 miliardi di dollari, era a rischio. Un aumento del 16% in tre anni. In definitiva la Bri invita le banche centrali e i governi ad approntare con urgenza regole stringenti. Evidentemente ritiene che le parole e le danze degli sciamani della finanza non bastino.

 

*già sottosegretario all’Economia **economista

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