Covid

Vittime del Covid, a Roma il 19 novembre la protesta delle famiglie

 

“Il 19 novembre alle 10.30, per la prima volta, i familiari delle vittime del Covid scendono in piazza a Roma, in piazza Madonna di Loreto con una manifestazione intitolata ‘onelove19novembre‘ per avere risposte e conoscere la verità“. Così in una nota stampa il comitato nazionale familiari vittime del Covid (nella foto una recente manifestazioni di famiglie delle vittime). “‘L’essere umano è fragile e vulnerabile, e vive in una relazione di cura in ogni momento della sua vita. In questo senso, la cura è il grado zero della nostra umanità, la possibilità stessa di esistere’ (Monia Andreani), sono le parole di una filosofa che come comitato abbiamo scelto- prosegue il comunicato- perché riassumono tutto il nostro pensiero”. “In tanti ci hanno detto: solo ora scendete in piazza?. Oppure ci hanno chiesto: chi ci sarà? Quando perdi un affetto caro- proseguono i familiari delle vittime del Covid- senza la possibilità di assisterlo, senza la possibilità di dargli l’ultimo saluto, senza poter vedere il suo corpo, beh quando ti succede una tragedia del genere, è difficile rialzarti, e non importa che il tuo caro avesse 90 o 30 anni, non importa se ne hai perso uno o due, o tre, il lutto, come la malattia non ha protocolli perché non siamo macchine costruite in serie ma esseri umani con una coscienza, un’anima, un amore che alle volte è più forte di ogni medicina e di ogni psicofarmaco. E quindi sì ‘one love’ inteso come l’amore che proviamo per i nostri cari e l’amore che ci ha salvato dalla perdita dei nostri cari, l’amore che ci lega l’un l’altro e che ci ha permesso di sopravvivere fino ad ora”. “Ecco, scendiamo in piazza- continuano- solo ora perché fino ad ora siamo stati troppo impegnati a sopravvivere e a cercare di capire i mille perché che bruciano nelle nostre menti? I perché a queste domande non li abbiamo trovati, abbiamo allora cercato di chiederli a chi potesse darceli, ma non abbiamo trovato queste risposte. Abbiamo allora pensato che l’unica soluzione per uscire dall’invisibilità e dal deserto affettivo che si è creato attorno a noi sia la piazza. Saremo pochi, molti sono ancora piegati dal dolore, ma c’è un nucleo di donne coraggiose che quelle risposte le vuole sempre più, con sempre maggior determinazione e, nonostante non sia una bella notizia, cresciamo di giorno in giorno, di mese, in mese, cresciamo in numero e in consapevolezza, e sono tutte donne, donne come le coraggiose madri di Plaza de Mayo che per anni manifestarono ogni giovedì per reclamare i corpi dei propri figli scomparsi nelle acque dell’oceano. Come quelle madri noi manifesteremo ogni mese per reclamare i corpi dei nostri cari, scomparsi nelle acque dell’oblio. Sì, perché dopo i 30mila di Bergamo, sembra che gli oltre 150mila che sono seguiti non abbiano diritto neanche al ricordo, neanche ad una cerimonia degna di questo nome. E invece no, noi vogliamo le risposte a quei perché e vogliamo che venga ridata dignità a tutti quei poveri martiri che sono i veri eroi della pandemia e che vengono puntualmente dimenticati in ogni occasione”. E concludono: “Ci saremo noi, ed è un piccolo miracolo in Italia che un comitato nasca spontaneamente dall’iniziativa di una casalinga di Napoli e da un portiere di Perugia che, schiacciati dal dolore, riescono a mettere insieme gente comune legata da un grande dolore che piano piano si affievolisce parlando in chat con chi li comprende perché ti senti meno solo, meno pazzo, perché la tua narrazione coincide con quella dell’altro e non con quella accomodante e falsa che per anni il governo ha fatto trapelare attraverso i media. E allora è quasi terapeutico poterti aprire finalmente senza essere giudicato da amici e parenti che sono stanchi di sentir parlare di Covid, per loro è andato tutto bene, per loro! Per noi la parola Covid rimarrà tatuata sul cuore, impressa nel cervello, un incubo che rivivremo ogni giorno e che non potrà essere risarcito in alcun modo. Ma quei perché devono avere risposte vere e sincere, lo stato non può impedire alla magistratura di indagare su chi quel famoso amore di cui parliamo all’inizio non lo ha avuto nei confronti di degenti e morenti, quell’amore che ci è stato inutilmente negato di dare ai nostri cari e che tutt’ora viene negato”.

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