Cronaca

Blitz della Polizia postale contro la pirateria informatica, addio Sky, Dazn, Mediaset e Netfix per oltre un milione di ‘abusivi’

Maxi operazione della Polizia postale, coordinata dalla procura di Catania, contro la pirateria audiovisiva e il fenomeno delle IP TV illegali. Gli indagati sono 45 in tutta Italia: devono rispondere di associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistema informatico, frode informatica e riproduzione e diffusione a mezzo internet di opere dell’ingegno. Scoperta una “complessa infrastruttura tecnologica che operava a livello nazionale – spiegano gli investigatori -, responsabile della diffusione via Internet, attraverso numerosi siti, del segnale di numerose piattaforme tv con contenuti a pagamento captato illegalmente”.
Tra le aziende danneggiate da questo sistema spuntano Sky, DAZN, Mediaset e Netflix. I provvedimenti sono stati eseguiti in diverse città italiane e sono stati impiegati nell’operazione più di 200 specialisti provenienti da 11 Compartimenti regionali della Polizia Postale: Catania, Palermo, Reggio Calabria, Bari, Napoli, Ancona, Roma, Cagliari, Milano, Firenze e Venezia. L’operazione si è sviluppata sul territorio di 18 province, smantellando “la complessa infrastruttura criminale sia sotto il profilo organizzativo che tecnologico”. Lo studio tecnico-informatico della diffusione dei segnali in streaming effettuato dalla Polizia postale e delle comunicazioni di Catania, con il coordinamento del Servizio polizia postale e delle comunicazioni di Roma, ha consentito di individuare le sorgenti dalle quali veniva distribuito il segnale piratato. Queste le città interessate dalle perquisizioni: Roma, Catania, Messina, Siracusa, Bari, Taranto, Fermo, Verona, Palermo, Agrigento, Napoli, Caserta, Salerno, Pisa, Pistoia, Milano, Potenza e Cagliari. Oscurati 1.500.000 di utenti con abbonamenti illegali, azzerato l’80% del flusso illegale delle IP TV in Italia. L’operazione è stata denominata ‘Black Out’.
Secondo gli investigatori l’associazione a delinquere si basava su uno “schema piramidale” e vedeva diversi indagati operare in sinergia, pur non essendo personalmente noti gli uni agli altri. I contenuti protetti da copyright venivano prima acquistati lecitamente, come segnale digitale, dai vertici dell’organizzazione (le cosiddette ‘Sorgenti’) e, successivamente, attraverso una complessa infrastruttura tecnica e organizzativa, i dati informatici venivano trasformati e convogliati in flussi audio-video trasmessi attraverso una fitta intelaiatura criminale a una rete capillare di rivenditori e utenti finali dotati di connessione internet domestica ed apparecchiature idonee alla ricezione (il noto ‘Pezzotto’). Le indagini della Polizia postale di Catania hanno portato alla luce diversi sito di bot, canali, account gruppi su Telegram e vari social network, ma anche forum, blog e profili che pubblicizzavano la vendita sul territorio nazionale di accessi per lo streaming illegale di contenuti a pagamento tramite IPTV delle più note piattaforme. Le indagini si sono avvalse di complesse attività di analisi informatiche, documentali, riscontri bancari e servizi di osservazione e appostamento. Nel corso delle perquisizioni è stato sequestrato numeroso materiale informatico, ma anche server e i dispositivi illegali utilizzati per le connessioni e la diffusione dello streaming.
Un costo di dieci euro al mese per ogni singolo utente, che si era trasformato in un volume d’affari per la criminalità pari a 15 milioni di euro mensili. Sono i numeri dell’organizzazione, scoperta dalla procura e dalla Polizia postale di Catania. I guadagni dell’organizzazione criminale rappresentavano, di contro, un mancato introito per le piattaforme televisive con contenuti a pagamento. Il sistema di pirateria audiovisiva e di IP TV illegali aveva una “importante centrale” a Messina, dove veniva gestito circa l’80% del flusso illegale IP TV in Italia. Nel corso delle perquisizioni attuate è stato sequestrato numeroso materiale informatico nonché i server ed i dispositivi illegali utilizzati per le connessioni e le attività di diffusione dello streaming. Nelle abitazioni di alcuni degli indagati è stato sequestrato denaro in contante per decine di migliaia di euro ritenuto provento dell’attività illecita.

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