Economia e Lavoro

Accesso alla pensione, nel futuro prossimo ci sarà il limite dei 41 anni di contributi e senza soglia dell’età. Nel 2023 piccola fuga con quota 103, meno le uscite con Opzione Donna e Ape Sociale

 

“Quota 41 è un metodo, non uno spot. Solo ragioni di costo hanno richiesto l’inserimento di un coefficiente anagrafico a 62 anni, ma il futuro è verso l’azzeramento progressivo del limite di età. Quindi si potrà andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età”. E’ la prospettiva per la flessibilità in uscita per le pensioni delineata in una intervista al Messaggero dal sottosegretario all’Economia Federico Freni.  “Purtroppo Opzione donna – ha detto ancora – non era sostenibile economicamente. Ma si tratta di una misura che intercetta un bisogno di tutela cui non possiamo e non vogliamo negare risposte. Vedremo di trovare una quadra migliorativa”. Sempre in ambito di previdenza, Freni evidenzia che si è scelto “di supportare in modo deciso i redditi medio bassi, limitando la rivalutazione previdenziale solo a determinate fasce. È stata una scelta politica”, ma “nei prossimi mesi l’andamento dell’inflazione sarà il parametro per le nostre scelte”. Quanto ai rilievi della Ragioneria alla manovra, “rispetto agli ultimi 5 anni – osserva il sottosegretario – quest’anno la nota è stata di gran lunga la meno dura: un solo stralcio e alcuni rilievi marginali. Ricordo anni, anche in tempi recentissimi, con oltre 60 rilievi e quasi 15 stralci. Ma è fisiologico che sia così: è giusto che vi sia sempre un controllo a valle che garantisca l’equilibrio contabile”. Intanto lastima di chi andrà in pensione in anticipo il prossimo anno, grazie alle misure “ponte” previste dalla Legge di Bilancio 2023, sono fino a 64mila. Oltre i due terzi dovrebbero essere collegate all’introduzione della nuova Quota 103, per la quale è ipotizzata una platea potenziale di 41.100 soggetti. Altre 20mila dovrebbero essere alimentate dalla proroga per 12 mesi dell’Ape sociale con gli attuali requisiti.

Opzione donna, con le nuove limitazioni previste per il prossimo anno, dovrebbe attestarsi a 2.900 pensionamenti anticipati delle lavoratrici. Ma il governo starebbe ancora valutando la possibilità di aprire la strada a una proroga secca dello schema attuale, ovvero uscite con 58 anni, 59 per le lavoratrici autonome, e 35 anni di versamenti, facendo eventualmente leva sul decreto Milleproroghe. La legge di Bilancio fa scattare anche il nuovo meccanismo di rivalutazione a sei fasce, con unastretta sui trattamenti di importo superiore alle quattro volte il minimo e l’indicizzazione maggiorata per le “minime”, che arrivano a circa 570 euro (600 mensili per gli over 75). Viene poi confermata la perequazione piena per i trattamenti fino a 4 volte il minimo (2.101 euro lordi al mese). Attenuato poi il taglio su quelli fino a 5 volte il minimo (2.626 euro), con l’indicizzazione che lievita all’85% dall’80% previsto in origine. Viene infine rafforzata la stretta sugli assegni con importi superiori: la rivalutazione passa dal 55% al 53% tra 5 e 6 volte il minimo (3.150 euro mensili); da 50% a 47% tra 6 e 8 volte il minimo (4.200 euro); da 40% a 37% tra 8 e 10 volte il minimo (5.250 euro) e da 35% a 32% negli assegni oltre le 10 volte il minimo. Per quanto riguarda Quota 103, potrà essere usata dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023 da chi matura  62 anni d’età e 41 anni di versamenti. Fino al raggiungimento della soglia di vecchiaia il trattamento con Quota 103 non sarà cumulabile con altro reddito da lavoro, ad esclusione di quello autonomo “occasionale” non oltre i 5mila euro. La manovra prevede che l’importo della pensione non potrà comunque superare il livello pari a 5 volte il minimo Inps. Chi possiede i requisiti per il pensionamento tramite Quota 103, può anche scegliere un rinvio beneficiando del cosiddetto Bonus Maroni, un incentivo che corrisponderà al trasferimento direttamente nello stipendio della quota di contributi a carico del lavoratore dipendente (circa il 9,19%). Dal 1° gennaio 2023 Opzione Donna sarà accessibile con 60 anni d’età, solo alle lavoratrici che siano in possesso di specifici requisiti come assistenza al coniuge o a un parente di primo grado convivente con handicap grave; invalidità civile uguale o superiore al 74%; lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo per la gestione della crisi aziendale. Sempre riguardo Opzione Donna è previsto l’abbassamento della soglia anagrafica di un anno per le lavoratrici con un figlio (uscita a 59 anni) e di due anni per quello con due o più figli (uscita a 58 anni). Nel 2023 resterà attiva l’Ape sociale che, con gli attuali requisiti, potrà essere utilizzata dai lavoratori in particolare difficoltà, come disoccupati di lungo corso, caregiver o invalidi civili.

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