Esteri

Affaire Congo, l’Eni patteggia e pagherà 11 milioni di euro

Eni verserà un risarcimento di 11 milioni di euro e una sanzione pecuniaria da 800 mila euro per uscire dal procedimento sulle presunte irregolarità nei rinnovi dei permessi petroliferi in Congo. Il via libera è arrivato dal gip di Milano, Sofia Fioretta, che ha ratificato l’accordo di patteggiamento già raggiunto tra la Procura di Milano e il gruppo di San Donato Milanese, imputato per responsabilità amministrativa, dopo che i pm avevano derubricato l’ipotesi di reato da corruzione internazionale a quella, meno grave, di induzione indebita. Secondo la ricostruzione del pm Paolo Storari, per ottenere il via libera al rinnovo delle concessioni petrolifere dei pozzi “Marine VI e VII”, nel 2015 il gruppo del cane a 6 zampe avrebbe ceduto quote azionarie delle licenze a un’azienda locale, la Aogc (Africa Oil e Gas Corporation), formalmente intestata a prestanome ma di fatto riconducibile Denis Gorkana, ex presidente dell’ente petrolifero statale congolese e poi consigliere per l’energia del presidente congolese Sassou Nguesso.Nei mesi scorsi la procura di Milano aveva anche chiesto una misura interdittiva, con lo stop per due anni all’attività di produzione petrolifera dei due giacimento. Un’ipotesi poi spazzata via dalle trattative avviate tra i pm e il pool di legali della società (assistita dagli avvocati Nerio Diodà e Nadia Alecci) e poi sfociate nella proposta di patteggiamento che oggi ha incassato l’ok da parte del giudice. Un accordo raggiunto dopo la mossa della procura di alleggerire la posizione di tutti i 5 indagati (tra cui l’ex dirigente a capo dell’area subsahariana Roberto Casula). L’accusa, per loro, non è più corruzione internazionale ma induzione indebita. In una nota l’Eni afferma che il patteggiamento della pena “non è un’ammissione di inadeguatezza dei propri modelli o colpevolezza da parte della società rispetto al reato contestato, ma un’iniziativa tesa esclusivamente a evitare la prosecuzione di un iter giudiziario che comporterebbe un nuovo e significativo dispendio non recuperabile di costi e risorse”. Eni esprime “la propria soddisfazione per la conferma da parte della Procura di Milano dell’inesistenza, anche in questo caso, di ipotesi di reato di corruzione internazionale. Questo – conclude il gruppo petrolifero – ha consentito la definizione della soluzione approvata oggi”.

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