Economia e Lavoro

Bce pronta ad alzare il costo del denaro, preoccupazione per i tassi finali dei mutui. Lo scenario di mutuionline.it

 

Con la Banca Centrale Europea che si appresta ad alzare ancora il costo del denaro, può essere utile cercare di capire cosa accadrà ai tassi finali di mutui. Guardando all’esperienza passata, si possono ricavare utili indicazioni in merito. La data cerchiata in rosso è il 16 marzo. Per quella data è in programma la prossima riunione della Bce e tutto lascia pensare che la presidente Christine Lagarde attuerà un’altra stretta al costo del denaro. Questo alla luce delle sue dichiarazioni nelle ultime settimane e anche alla luce della dinamica inflattiva. Infatti, a febbraio il carovita nell’Eurozona è calato di un solo decimale rispetto a gennaio, attestandosi all’8,5% tendenzialmente, e nel contempo i prezzi al consumo sono cresciuti dello 0,8% nel confronto a un mese, dopo che tra dicembre e gennaio avevano fatto segnare una contrazione dello 0,2%. Segno evidente del fatto che, nonostante l’arretramento dei prezzi energetici, la spirale al rialzo riguarda molti settori, a cominciare dall’alimentare. Insomma, lo scenario è ben distante dalla prospettiva del 2% circa indicata nello statuto della Bce, una crescita dei prezzi ritenuta sana, e verosimilmente l’istituto di Francoforte attuerà ulteriori strette nei mesi a venire. Per i possessori di mutuo a tasso fisso non vi saranno conseguenze. Chi sceglie questa opzione, generalmente paga qualcosa in più rispetto all’opzione variabile e questo vale come una sorta di polizza protettiva dall’eventualità di futuri rialzi dei tassi. Ma l’incremento del costo del denaro impatta sui nuovi contratti. Per chi ha un mutuo a tasso variabile, invece, il tasso risente, anche se non immediatamente, delle decisioni di politica monetaria. L’impatto sulla rata è più marcato se il piano è stato avviato da poco, dato che – a parità di somma da pagare ogni mese – gli interessi si pagano soprattutto nei primi anni, mentre poi prevale la quota capitale. A questo proposito va ricordato che quanti hanno un mutuo in corso per un importo non superiore a 200mila euro possono ottenere il passaggio al fisso. Un’opportunità introdotta dal Governo solo per il 2023, in merito alla quale la banca contraente non ha discrezionalità: se sussistono i requisiti, è tenuta ad assecondare la richiesta. Ci sono due condizioni da rispettare per poter usufruire di questa opzione: che il mutuatario abbia un Isee non superiore ai 35mila euro; che lo stesso non abbia fin qui registrato ritardi nel pagamento delle rate. Come riferimento per il tasso fisso si considera l’Irs pari alla durata residua del mutuo. Un esempio può aiutare a comprendere il concetto: se il finanziamento è trentennale e si è già versato per 20 anni, si considera l’Irs a dieci anni. Il benchmark va confrontato con il tasso a dieci anni e prevale quello più basso. Il risultato va sommato allo spread che era previsto dal contratto di mutuo variabile e in questo modo si determina il nuovo tasso fisso. La norma prevede anche che banca e mutuatario possano allungare il piano di rimborso del mutuo – ad esempio per fronteggiare eventuali difficoltà per il mutuatario, come quelle dovute al picco dell’inflazione – per un periodo massimo di cinque anni, purché non si superino complessivamente i 25 anni di durata residua del mutuo. I rialzi degli ultimi mesi rendono più costoso contrarre un finanziamento legato all’acquisto immobiliare. Secondo quanto emerge dal Bollettino mensile dell’Abi, a gennaio il tasso medio sul totale dei prestiti è risultato pari al 3,51% (3,20% nel mese precedente e 6,18% prima della crisi, a fine 2007), quello sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese si è attestato al 3,70% (3,55% a dicembre; 5,48% a fine 2007) e quello sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è il 3,53% (3,01% a dicembre, 5,72% a fine 2007). Si tratta dei valori più elevati dal 2013 in avanti.  Un aspetto positivo è che – almeno fino a questo momento – i rialzi da parte della Bce non hanno penalizzato più di tanto la dinamica dei finanziamenti. A gennaio, secondo il Barometro Crif sull’andamento delle richieste di credito da parte delle famiglie, le domande totali di finanziamenti (personali e finalizzati) sono cresciute di ben l’11,7%. Del resto, rispetto alle medie storiche i tassi restano sostenibili e poi va considerato che proprio il mattone è considerato – non a torto, alla luce delle tendenze passate – l’investimento più adatto per fronteggiare l’inflazione galoppante.

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