Esteri

Biden e Netanyahu, gli alleati in (apparente) disaccordo sui due stati in terra di Palestina

di Giuliano Longo

La decisione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di vietare all’Autorità Palestinese, che ora governa parti della Cisgiordania, di amministrare la Striscia di Gaza dopo la fine della guerra contro Hamas, mira a far naufragare il rinnovato piano di pace della “soluzione a due Stati” per porre fine al Medio Oriente. Il conflitto più longevo in Oriente.
Formulata nel 1991, ma già prima dall’ONU nel 1946, e favorita dagli Stati Uniti principale alleato di Israele, l’iniziativa dei due Stati aveva lo scopo di creare uno stato palestinese in Cisgiordania e Striscia di Gaza in pace con Israele. Sebbene a lungo oscurata dalle politiche di Tel Aviv la formula è considerata la via più praticabile verso la pace nella regione.
L’amministrazione del presidente americano Joe Biden ha indicato che il futuro Stato dovrebbe essere ostetrico inizialmente governato dall’Autorità Palestinese. Dall’inizio della guerra di Gaza, il 7 ottobre, Biden ha spesso delineato una visione generica della soluzione, senza tuttavia fornire una tabella di marcia per arrivarci.“Quando questa crisi sarà finita, dovrà esserci una visione di ciò che verrà dopo e, a nostro avviso, deve essere una soluzione a due Stati”, ha recentemente affermato.
L’8 novembre, il segretario di Stato americano Antony Blinken non solo ha ribadito l’appoggio dell’amministrazione alla soluzione dei due Stati, ma ha aggiunto che Gaza dovrebbe essere “unificata con la Cisgiordania sotto l’Autorità Palestinese”. Netanyahu, tuttavia, rifiuta entrambe le soluzioni opponendosi storicamente alla soluzione dei due Stati sin dagli esordi di questa proposta, anche se appare reticente dichiararlo in modo così esplicitato proprio mentre Biden sostiene il suo sforzo bellico. Invece, il leader israeliano sta cercando di sabotare tale ipotesi opponendosi all’Autorità Palestinese, discendente del Fronte di Liberazione della Palestina che ha negoziato con Israel il piano originale dei due Stati.
Durante il fine settimana, Netanyahu ha affermato che l’Autorità Palestinese non è idonea a governare nemmeno la Cisgiordania, e ancor meno Gaza. “Penso che finora non abbiamo visto nessuna forza palestinese, inclusa l’Autorità Palestinese, che sia in grado di farlo”, ha detto, attribuendo il suo veto all’incessante “odio” dell’Autorità Palestinese nei confronti di Israele.
Ha poi indicato il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, che ha negoziato gli accordi volti a rendere la formula dei due Stati una realtà, come ostacolo ad una soluzione che veda partecipe l’Autorità Palestinese.
“Dopo la peggiore ferocia perpetrata contro il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto (quella del 7 ottobre), il presidente dell’Autorità Palestinese ha ancora si rifiuta di condannarne la ferocia. Quindi, abbiamo bisogno di un’autorità e di una amministrazione diversa”, ha detto Netanyahu. Gggiungendo “Dobbiamo prima (di ogni soluzione) vedere due cose : Gaza deve essere smilitarizzata e deve essere deradicalizzata. E penso che, finora, non abbiamo visto nessuna forza palestinese, inclusa l’Autorità, che sia in grado di farlo”.
Il Ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich ha poi calcato la mano affermando che “l’Autorità Palestinese è un organismo che sostiene e incoraggia il terrorismo e non abbandoneremo mai più la sicurezza dei nostri cittadini nelle mani dei nostri nemici”.
Il veto ha sollevato la questione se davvero Biden sia determinato a rilanciare l’antico piano dei due Stati schiantatosi sulle secche della violenza, del sospetto e dell’abbandono. Inoltre il presidente degli Stati Uniti deve ancora tracciare un percorso per trasformare i negoziati in realtà, preferendo parlare di un “orizzonte” non specifico che si trova da qualche parte in lontananza mentre Gaza brucia.
La sincerità di Biden viene così messa in discussione. Non ha fatto alcuno sforzo per istituire effettivamente una formula diplomatica per riunire Israele e palestinesi durante i suoi 22 mesi di mandato. In effetti, la questione palestinese sembrava relegata in un dimenticatoio diplomatico, senza alcuna ripresa in vista.
Settimane prima che Hamas invadesse il sud di Israele e massacrasse circa 1.200 civili, il capo consigliere per la sicurezza di Biden, Jake Sullivan, pubblicò un articolo adulatorio a Biden su Foreign Affairs, in cui dichiarava che la politica del presidente in Medio Oriente mirava sia ad allentare le tensioni che a “integrare la regione attraverso progetti infrastrutturali congiunti e nuove infrastrutture nonché anche partenariati tra Israele e i suoi vicini arabi”.
Non menzionava né le controversie croniche e la violenza israelo-palestinese, né la soluzione dormiente dei due Stati. Quando è scoppiata la guerra nella Striscia di Gaza, Sullivan ha rielaborato parte del suo inno al presidente, suggerendo che le politiche di Biden “includevano sempre proposte significative per i palestinesi. Se concordata, questa componente garantirebbe che il percorso verso due Stati rimanga praticabile”.
Nonostante le apparenti differenze politiche, Biden e Netanyahu hanno condiviso un istinto politico comune: entrambe non prevedevano né tenevano conto delle capacità letali di Hamas e tanto meno di un conflitto che si va prolungando con il rischio che infiammi tutta l’area mediorientale…

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