La guerra di Putin

Bruxelles studia il 14° pacchetto di sanzioni contro la Russia, ma rischiano di essere inefficaci

 

di Giuliano Longo

 

L’UE varerà a breve un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, ma il problema è che sino ad oggi non sono state realmente efficaci.Ecco allora che in Europa si affacciano ipotesi di sanzioni le cui conseguenze a livello globale non sono del tutto chiare.

In sostanza invece di bloccare le vendite di petrolio e gas di Mosca o di garantire che le tecnologie vietate non finiscano nelle sue forze armate, Bruxelles sta ridimensionando le sue ambizioni prendendo  di mira un piccolo numero di aziende che non rispettano le regole.

Ma, ecco il punto, manca il consenso tra i paesi aderenti all’Unione e  l’Ungheria si è attestata  su una decisa opposizione a qualsiasi misura che intacchi i suoi interessi.

E allora che fare? Secondo le teste d’uovo di Bruxelles, le condizioni per colpire duramente Mosca esistono. vediamole.

 

Prima dell’inizio della guerra le vendite di petrolio e gas rappresentavano quasi la metà delle entrate della Russia. Nel dicembre 2022 le nazioni ricche del G7, più UE e l’Australia, hanno imposto un tetto massimo senza precedenti di 60 dollari al barile sul petrolio russo, ma anche se inizialmente il piano ha funzionato, la sua efficacia alla fine si è erosa quando Mosca ha trovato il modo di aggirare le regole. Oggi praticamente nessun vende petrolio al di sotto del limite di prezzo.

 

Per quanto riguarda l’energia nel 2023 la Russia rappresento ancora ancora il 15% delle importazioni di gas dell’UE, anche se il continente ha aumentato quelle di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti, Norvegia, Libia e Algeria, ma nello stesso anno Belgio e Spagnahanno  aumentato i loro acquisti di gas da Mosca.

 

Zelensky sta tentando di convincere i suoi alleati occidentali ad agire contro la “flotta ombra” di vecchie petroliere che la Russia sta utilizzando per vendere “clandestinamente”  il suo petrolio a  India, Turchia e Cina

 

Ma ma pare che gliStati Unitinon siano così intenzionati  a inasprire le regole esistenti, inoltre forte è la preoccupazione che ulteriori misure nel settore energetico possano comportare un aumento dei prezzicon severe conseguenze per molti paesi occidentali, fra cui Germania e Gran Bretagna(che non fa parte della UE) in recessione tecnica.

 

Allora occorre  stringere i freni  sui prodotti siderurgici russi semilavorati. Nonostante il divieto generale sull’acciaio, questi semilavorati possono ancora entrare nell’UE fino al 2028. Quindi, per ora, questi prodotti godono di un commercio praticamente libero, grazie in parte alle pressioni di due piccole aziende in Belgio e Repubblica ceca e lo stesso vale per la ghisa.

 

Come per l’alluminio, le lastre russe di metallo sono molto più economiche di quelle prodotte in Europa e si stima che da questo export  le aziende russe guadagnino circa 2,2 miliardi di euro dalle esportazioni. Che a ben vedere non è poi gran ché sotto il profilo finanziario, mentre questi prodotti potrebbero venire dirottati su altri Paesi.

 

C’è poi il problema  dei beni “a duplice uso” che le forze armate di Mosca possono riutilizzare.

Paesi come la Georgia e l’Armenia, nel Caucaso e il Kazakistan nell’Asia centralecondividono o sono vicini al confine con la Russia e hanno importanti relazioni commerciali con Mosca.

Finora sia l’Armenia che il Kazakistan hanno dichiarato che intendono aderire alle sanzioni occidentali, ma la Georgia, a cui è stato concesso lo status di candidato all’UE alla fine dello scorso anno, ha deciso di non attuare queste regole.

 

Più lontano, Turchia, India e Cina hanno tutti approfittato della necessità di Mosca di rotte commerciali alternative, mentre Pechino che spedisce tonnellate di hardware facilmente utilizzabile a scopi militari. Quindi, l’imminente  pacchetto di sanzioni,  l’UE dovrebbe aggiungere le società cinesi all’elenco delle entità con cui non è possibile commerciare beni bellici  a duplice uso. Salvo le inevitabili ritorsioni economiche di Pechino.

 

Per quanto riguarda il nucleare russoKiev sostiene che per i paesi europei è giunto il momento di smettere di trattare con il colosso statale russo dell’energia nucleareRosatom,che attualmente fornisce carburante e servizi a numerosi paesi dell’UE. Solo che Budapest sta a espandendo la sua centrale nucleare di Pakscon il sostegno proprio di Rosatom e il primo ministro Viktor Orbán ha promesso di bloccare qualsiasi sanzione nel settore.

 

Tecnicamente, Bruxelles ha la capacità giuridica di sospendere ogni commercio di un prodotto se un paese straniero non accetta “altre misure individuali e iniziative di sensibilizzazione da parte dell’UE”,ma il problema è politico poiché per per fare questo passo è necessaria l’unanimità di tutti i 27 paesi dell’UE, con la possibilità che altri Paesi, oltre alla Ungheria, si oppongano.

 

Anche se la Russia non mostra segni di esaurimento dei fondi necessari per la sua guerra, le suddette “teste d’uovo” sostengono che difficilmente sarà in grado di rimanere sul piede di guerra per sempre, cosa che peraltro non vuole nemmenoPutin.

 

Ma nel frattempo  il conflitto sta diventando sempre più una  guerra di logoramento tra la capacità di Mosca di continuare a combattere e la capacità dell’Occidente di mantenere il sostegno all’Ucraina.

 

Fra disaccordi politici e preoccupazioni economiche che impediscono l’adozione di alcune delle misure che avrebbero il maggiore impatto sulla capacità di Mosca di condurre una guerra, l’ultima tornata di sanzioni probabilmente non sarà altro che un gesto simbolico.

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