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Chi vuole salvare Israele deve gridare forte: “Cessate il fuoco!” A Gaza, un massacro senza confini sta lasciando una ferita profonda

 

di Daniele Ognibene

L’Unicef ha dichiarato Gaza come il luogo più pericoloso al mondo per un bambino, con quasi 10.000 piccole vite spezzate dagli attacchi israeliani. Questo macabro spettacolo, che ogni giorno si abbatte su Gaza, non può che incrinare persino il cuore di chi più ama Israele, poiché oggi è difficile difendere l’indifendibile. A Gaza, almeno 21.507 persone sono state uccise e 55.915 ferite negli attacchi israeliani successivi al massacro di Hamas del 7 ottobre.

Come spiega in maniera chiara l’economista e docente di Harvard Jeffrey Sachs: “Netanyahu sta trascinando Israele nella stessa trappola in cui gli Stati Uniti sono caduti dopo l’11 settembre. L’obiettivo di Hamas, con il suo attacco terroristico atroce del 7 ottobre, è stato di trascinare Israele in una guerra lunga e sanguinosa, spingendolo a commettere crimini di guerra che lo getteranno nel disprezzo mondiale. Questa è una tattica classica dell’uso politico del terrore: non solo per uccidere, ma per spaventare, provocare, denigrare e, alla fine, indebolire il nemico.”

Una trappola velenosa da cui Israele può uscire solo con il cessate il fuoco immediato. Da quando sono iniziate le operazioni militari a Gaza, le accuse di genocidio rivolte ad Israele sono aumentate in maniera esponenziale, insieme ai preoccupanti rigurgiti antisemiti. L’azione furibonda dell’esercito ha fatto dimenticare al mondo la devastante e crudele azione di Hamas del 7 ottobre. Israele rischia di inimicarsi il Mondo, perdendo due volte. La prima perché non ha saputo difendere i propri cittadini, la seconda per la punizione collettiva che sta infliggendo al popolo Palestinese.

Confesso di provare una certa titubanza nell’accusare Israele di genocidio, ma la realtà di ciò che sta accadendo toglie il fiato. Oggi, nessuno può negare i crimini di guerra perpetrati da Israele, la pulizia etnica che avanza nel silenzio assordante dei media e nell’indifferenza della politica, capace solo di rifugiarsi nella straniante e vuota formula del ‘due popoli, due Stati’.

La priorità ora è far cessare le ostilità. Gaza è diventata invivibile. Le malattie, causate dalla carenza di acqua ed igiene, stanno diffondendosi rapidamente.

Il presidente israeliano Isaac Herzog ha definito l’attacco a Gaza un’azione “per salvare la civiltà e i valori occidentali”. Ma ci siamo davvero ridotti a identificarci con tali valori?

È una consapevolezza diffusa, anche se facciamo difficoltà ad ammetterlo. L’Occidente si è macchiato dei crimini più aberranti: L’attacco in Afghanistan, costato vite e miliardi di dollari, è terminato, dopo 20 anni di occupazione, con una ritirata che ha infranto anche i sogni di chi aveva creduto che quella società potesse cambiare. La distruzione dell’Iraq ha lasciato quel Paese nel caos più totale. Per non parlare del colonialismo, delle dittature militari in Sudamerica, dei governi fantocci in Africa. E la lista sarebbe quasi infinita.

La politica europea, in particolare quella italiana, non è più in grado di immaginare nuove strade per la pace. Il mondo, ridotto a brandelli, sembra come assuefatto alla guerra. La considera ineludibile.

L’odio, che coltiveranno i giovani in Palestina, rischierà di rendere vana una qualsiasi possibilità di pace futura. Volgere lo sguardo altrove vuol dire non pensare al loro futuro e neanche al nostro.

aggiornamento crisi mediorientaòe ore 19.17

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