Economia e Lavoro

Confindustria:“Prezzi e tassi alti bloccano l’economia italiana: si fermano anche i servizi, soffre l’industria”

 

Prezzi e tassi alti bloccano l’economia italiana. L’inflazione è in lento calo, i tassi ancora in rialzo ma forse a fine corsa, c’è meno credito e meno liquidità. Molti più interessi da pagare per le famiglie italiane. Nei servizi si è esaurita la ripresa e l’industria è in sofferenza. Giù la domanda interna in Italia e anche l’export è in riduzione, ma con un miglioramento in agosto. L’Eurozona è quasi ferma, mentre gli USA sono in crescita e vanno bene gli emergenti. Questo il tradizionale report dell’Ufficio Studi della Confindustria. che andiamo a vedere nel dettaglio.

  • Rischio recessione?Dopo la caduta nel 2° trimestre, il PIL italiano è stimato debole anche nel 3° e le attese sul 4° non sono migliori: al calo di industria e costruzioni si affianca la battuta d’arresto nei servizi. Non si fermano i rialzi dei tassi BCE, il credito è in caduta insieme alla liquidità, il costo dell’energia torna a salire. Ne risentono consumi e investimenti, mentre latita la domanda estera.
  • Inflazione: lento calo.L’inflazione italiana è scesa al +5,3% annuo a settembre. I prezzi core di beni e servizi rallentano (+3,9%), mentre per gli alimentari la moderazione è ancora agli inizi (+8,6%) grazie alla flessione recente delle materie prime. I prezzi energetici al consumo crescono poco (+1,7% annuo), ma a settembre le quotazioni di gas e petrolio sono risalite (35€/mwh e 93 $/barile).
  • Tassi a fine corsa?A settembre, la FED ha tenuto fermo il tasso USA a 5,50%, non escludendo nuovi rialzi. La BCE, invece, ha deciso un altro aumento, a 4,50%, perché prevede un’inflazione troppo alta troppo a lungo, ma ha ammorbidito il tono su eventuali ulteriori mosse. I mercati ora ritengono altri rialzi negli USA e nell’Eurozona possibili, ma non probabili, intravedendo i primi tagli entro il 2024.
  • Meno credito, meno liquidità.Prosegue la corsa del costo del credito (5,09% a luglio) per le imprese italiane e peggiora la caduta dei prestiti (-4,0% annuo). Una quota crescente di imprese non ottiene credito (8,2% a settembre): la domanda è frenata da condizioni troppo onerose, ma pesano anche i più rigidi criteri di accesso. Perciò, la liquidità delle imprese si sta prosciugando (-10,1% in un anno i depositi), mentre aumentano i ritardi nei pagamenti e il deterioramento dei vecchi prestiti.
  • Servizi: esaurita la ripresa.In agosto, il PMI scivolato a 49,8 (da 51,5) ha indicato marginale contrazione per la prima volta nel 2023 e l’RTT index (CSC-TeamSystem) conferma una moderata flessione, già da luglio. A settembre, la fiducia delle imprese del settore è scesa ancora. Non basta più il buon andamento del turismo: a luglio, +10,0% sul 2022 la spesa degli stranieri in Italia (+20,4% sul 2019) e anche i passeggeri in aeroporto si mantengono oltre i volumi pre-crisi (+3,7%).
  • Soffre l’industria.A luglio la produzione ha subito una nuova caduta (-0,7%; da inizio anno -1,9%), dopo il recupero di maggio-giugno (+0,2% acquisito nel 3° trimestre). La flessione è concentrata tra i beni di consumo durevoli (-4,4% a luglio). Alcuni dati qualitativi intravedono un miglioramento in agosto: il PMI manifatturiero è risalito, pur indicando un calo (45,4 da 44,5) e RTT segnala un parziale recupero del fatturato; ma a settembre la fiducia delle imprese ha proseguito la caduta. Anche nel settore edile forte calo a luglio (-1,6%, -4,3% da inizio anno) e in agosto l’RTT traccia una timida risalita del fatturato.
  • Giù la domanda interna.Il calo degli investimenti nel 2° trimestre (-1,8%) è dovuto alle costruzioni         (-3,6%) e, in parte, agli impianti-macchinari (-0,2%). I segnali più recenti dai beni strumentali sono negativi: produzione in calo a luglio, meno fiducia a settembre. Per i consumi, fermi nel 2° trimestre, si è avuto un continuo calo del sentiment nel 3°. I beni restano penalizzati rispetto ai servizi: a luglio meno vendite al dettaglio (-0,2% in volume) e in agosto l’ICC rileva un’ulteriore flessione, dovuta ai beni. Dopo mesi di crescita, a luglio prima incertezza nel mercato del lavoro (-73mila occupati): un freno ai redditi.
  • Export in riduzione.In calo l’export italiano di beni in luglio (-1,3%; e -1,0% sulla media del 2° trimestre, a prezzi costanti), sia nei mercati UE che in quelli extra-UE: alla debolezza delle vendite in Germania, si è aggiunta una battuta d’arresto di quelle negli Stati Uniti. Rimbalzo ad agosto per l’export extra-UE, in particolare negli USA, anche per effetto di vendite occasionali. Ancora negative in settembre le indicazioni dagli ordini manifatturieri esteri, specie per la debolezza della domanda europea.
  • La stretta sui taNel 2023 sta proseguendo il veloce rialzo dei tassi di interesse, iniziato lo scorso anno. L’effetto auspicato dalla BCE è un raffreddamento della domanda interna, cioè investimenti e consumi (che già si osserva), nel tentativo di ridurre l’inflazione. Per le famiglie, questo avviene facendo lievitare la spesa per interessi sui prestiti, anche quelli già in essere, in particolare i mutui per l’acquisto di un’abitazione; a ciò si sta associando anche un freno all’erogazione di nuovi prestiti.
  • Maggiori interessi subito. La stretta sui tassi ha un impatto considerevole soprattutto sulle famiglie che hanno mutui casa. L’aumento dei tassi è di +2,84 punti percentuali fino a luglio 2023, lo stock di mutui è di 425 miliardi di euro, di cui vanno considerati solo quelli a tasso variabile, stimati al 38% del totale (162 miliardi). Risulta un aggravio di interessi annui pari a +4,6 miliardi, in aggregato. Che pesa da subito, nel 2023, dato che le rate sui mutui variabili si aggiornano mese per mese.
  • Almomento, su poche famiglie.Il maggiore onere connesso all’aumento degli interessi è abbastanza concentrato, perché riguarda solo le famiglie che hanno comprato casa con un mutuo variabile, una quota che è stimata pari al 4,9% delle famiglie italiane (1,2milioni, su 25,6 totali). Cioè i 4,6 mld di interessi in più nel 2023 sono pagati solo da queste famiglie, per le quali i maggiori tassi corrispondono a +3.683 euro di interessi nell’anno (+307 al mese, un aumento consistente della rata per una famiglia con un mutuo residuo medio di circa 130mila euro). Non si tratta necessariamente di famiglie povere: in Italia l’affitto è più diffuso tra le famiglie a minor reddito, mentre la proprietà e quindi il mutuo è più diffuso tra quelle a maggior reddito.
  • Scelte prudenti e costose. Chi ha scelto il tasso fisso è invece al riparo al momento: proteggersi da un futuro aumento dei tassi è proprio l’obiettivo della famiglia che opta per tale tipo di mutuo. Si tratta di 2,0 milioni di famiglie (7,9%). Ma questa scelta èonerosa, perché equivale a comprare un pacchetto di opzioni finanziarie che trasforma il tasso da variabile a fisso. Si compra sicurezza per momenti come questi: ciò ha significato pagare un tasso alto durante la passata fase di tassi quasi nulli. Nel ricorso ai mutui ci sono differenze tra paesi europei: il rapporto mutui/proprietari in Italia è tra i più bassi; in Francia e Germania la quota di variabili è più bassa che in Italia, in Spagna più alta; ciò crea eterogeneità nella trasmissione della stretta
  • Più interessi nel lungo termine.Se ipotizzassimo un rinnovo completo dello stock di mutui, ai tassi attuali, l’aggravio di interessi annui per le famiglie italiane salirebbe a +12,1 mld; questo coinvolgerebbe anche le famiglie che ora sono al riparo, perché tutti i nuovi prestiti saranno più cari, anche quelli a tasso fisso. Inoltre, per una famiglia con mutuo variabile oggi e altri 5 anni di rate da pagare, a tassi invariati, l’aggravio complessivo di interessi è di circa 11mila euro (l’acquisto della casa costa molto di più, il 9% del mutuo residuo nel 2023); per 10 e 15 anni di rate l’aggravio arriva a +20mila e +29mila a famiglia. Si tratta di stime ipotetiche visto che ci si attende una discesa dei tassi nei prossimi due anni, ma se ciò non accadesse  l’impatto sul settore edile sarebbe molto rilevante: ribasso dei prezzi, freno agli investimenti.
  • Quale impatto sui consumi?Riguardo all’impatto sul reddito spendibile (al netto della rata di mutuo) e sui consumi nel 2023: la maggioranza delle famiglie italiane non è colpita tramite il canale “mutuo-casa” (chi non ha casa di proprietà e vive in affitto, chi non ha mutuo perché già estinto o mai acceso, chi ha il mutuo fisso); ma la parte di famiglie colpite, che hanno scelto il mutuo variabile perché inizialmente meno oneroso, lo è in modo marcato, tanto da essere quasi certo che saranno costrette a tagliare la spesa in altri beni e servizi.
  • Non solo mutui. Per le famiglie, il rialzo dei tassi colpisce anche il credito al consumo utilizzato per l’acquisto di beni durevoli (es. automobili, elettrodomestici). L’aumento dei tassi è stato identico a quelli sui mutui (+2,84 punti percentuali), ma lo stock di tali crediti è decisamente inferiore (circa 120 miliardi di euro). La differenza cruciale è cheper questo tipo di prestiti tipicamente la rata è fissa, per cui non si ha un impatto sui debiti in essere. Ma per le nuove operazioni il rialzo dei tassi pesa e potrebbe abbattere la domanda.

 

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