Politica

Edilizia, Tajani: “Non parlerei di condono, sanare solo le piccole cose”

 

“Penso che sia importante puntare sulla rigenerazione urbana. E all’interno di questo progetto si può vedere di inserire qualche aggiustamento per piccole cose, molto piccole, che sono state fatte in violazione della legge. Non penso a un condono, ma nell’ambito di una strategia di rigenerazione urbana si può risanare qualche piccolo lavoro”. Lo dice Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, a ‘In mezz’ora’ su Raitre. “Non parlerei di un condono- aggiunge-. Se ci sono piccole cose fatte senza autorizzazione si può risanare. Se uno ha costruito 2 piani è un’altra cosa. Se ha aperto o allargato una finestra è una piccola cosa. Insomma, piccole cose che non incidono sulla struttura di un edificio”. Sulla questione degli extra profitti delle banche “credo che abbia prevalso il buon senso. Ho detto che bisognava correggere un testo che aveva una proposta sensata, soltanto che quel testo come uscito dal Cdm doveva essere migliorato. L’obiettivo non era quello di fare un favore alle banche, ma far sì che i risparmiatori potessero essere meglio tutelati. Ne ho parlato con il presidente del consiglio, ho trovato ascolto e con Giorgetti abbiamo cercato di migliorare quel testo. Siamo riusciti cosi a rassicurare i mercati internazionali. In una coalizione ognuno deve dare un contributo”, ha spiegato il ministro degli Esteri. Sul tema c’è già una proposta di legge, depositata dalla Lega alla Camera: risale al 7 giugno di quest’anno, è a prima firma del deputato Gianangelo Bof, e da luglio è assegnata alla commissione Ambiente, che non l’ha ancora esaminata. La proposta prevede in sostanza di eliminare l’obbligo di “doppia conformità”, e dà un’idea di come potrebbe intervenire il governo Meloni. Oggi per chiedere una sanatoria bisogna dimostrare che l’immobile in questione, anche se è stato realizzato senza i permessi necessari o non rispettando i progetti consentiti, rispetta le regole edilizie: si dice “doppia” conformità perché deve rispettare sia le norme che sono in vigore quando si chiede la sanatoria, sia quelle che erano in vigore quando si sono fatti i lavori.

 

Il ddl leghista propone di eliminare l’obbligo: se un intervento edilizio è conforme alle regole in vigore oggi, si può ottenere la sanatoria. A prescindere che fosse stato realizzato senza permessi o senza seguire i progetti. La sanatoria andrebbe a toccare tutti gli “interventi edilizi che, nonostante presentino tutti i requisiti di conformità, sono stati realizzati senza permesso di costruire o in difformità dal permesso medesimo”. In cambio ci sarebbe un pagamento: da 516 a 5.164 euro se c’era la Scia (segnalazione certificata di inizio attività), e altrimenti una somma da calcolare sui costi di costruzione. La sanatoria riguarderebbe solo gli edifici costruiti prima del 30 giugno 2003, quando entrò in vigore il Testo unico dell’edilizia. Perché, si dice, prima di quella data è difficile risalire alle norme che vigevano in ciascun Comune e quindi sarebbe complicato dimostrare la doppia conformità. Inviando la richiesta di sanatoria, il Comune avrebbe 60 giorni di tempo per rispondere e, in caso di nessuna risposta, la pratica si considererebbe chiusa.

Sarebbero esclusi gli edifici che non rispettano le norme antisismiche e quelli che danneggiano il paesaggio. Nella relazione si sottolinea anche che non si tratterebbe di un condono, perché ci sarebbe una “verifica di conformità da parte del competente ufficio comunale” oltre a un “rigoroso controllo della sostanziale inesistenza di un danno urbanistico”. Non è detto, comunque, che il governo Meloni sceglierà di partire da questo ddl per formulare la sua proposta di sanatoria edilizia.

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