di Giuliano Longo
I recenti massicci bombardamenti sul territorio ucraino e l’avanzata dell’esercito russo sono presagi della fine che l’Ucraina subirebbe se non riuscirà a trovare una via d’uscita.
Secondo alcuni commentatori occidentali, anche statunitensi, una soluzione è rendere l’Ucraina un attore flessibile, isolando Zelensky con un governo di coalizione che si assuma l’onere dei negoziati con la Russia.
Ancora oggi continuiamo a sentire da Zelensky e dai suoi fedelissimi, che l’Ucraina può vincere se proseguono gli aiuti militari americani e che non cederanno nemmeno un metro di territorio ucraino agli odiati russi. Che poi l’Ucraina possa vincere lo teorizza anche la prestigiosa pubblicazione americana Foreign Affairs nostalgica di Biden.
Fra le altre risibili affermazioni salta fuori che Kiev potrebbe acquistare equipaggiamento militare americano “a noleggio” (come le automobili) o acquistare hardware americano usando la Germania come copertura.
Ma davvero gli esponenti ucraini credono quello che dicono o tentano di farlo credere all’Occidente e agli ucrain, ben difficili da rassicurare quando missili e droni esplodono e ovunque costretti a dormire nei rifugi.
Il grande errore avvenne il 30 marzo 2022 quando Boris Johnson avrebbe convinto Zelensky a ritirarsi dall’accordo di pace concordato dalle parti a Istanbul, accreditando una sorta di legittimità alla decisione di Zelensky di ritirarsi, forse temendo temendo che il suo esercito avrebbe rovesciato la sua presidenza e forse l’avrebbe pure eliminato.
Prima di allora, come riportato dall’ex primo ministro israeliano Naftali Bennett, Zelensky temeva che i russi lo uccidessero, e Bennett ottenne l’impegno di Vladimir Putin a non farlo, ma forse la minaccia veniva proprio da quelle formazioni nazionaliste e neonazi del suo esercito, come l’organizzazione Azov.
Da allora, Zelensky ha assunto una posizione totalmente rigida su qualsiasi accordo con la Russia, chiedendo che l’esercito russo lasci l’Ucraina e che Putin venga punito per crimini di guerra.
Il che ha certamente senso se non fosse che con la sua totale inflessibilità, Zelensky ha precluso il successo della mediazione di Trump e per coprire le sue tracce ha chiesto un cessate il fuoco di 60 giorni, che i russi non avrebbero mai accettato anche se Trump ha cercato di convincerlo Putin, senza successo.
L’ idea è stata di nuovo buttata lì il 3 luglio, quando Putin e Trump hanno parlato al telefono per più di un’ora e ora il presidente americano fra mille giravolte promette al raggiante Volodia di aiutarlo nella difesa aerea.
Ma non conferma né smentisce le sue difficoltà nella massiccia fornitura di armi fra le più sofisticate e rimanda la protezione dei cieli a una commissione mista di esperti militari di entrambe le parti.
Il problema per l’Ucraina, non solo per Zelensky, è che sta esaurendo armi e soldati e sta iniziando a perdere territorio a un ritmo allarmante. Con la distruzione di vie di rifornimento e depositi di munizioni, nonché di centri di comando e fabbriche, la situazione peggiora di giorno in giorno.
I russi invece hanno un esercito numeroso con una riserva significativa che non hanno ancora impegnato in guerra. Questo fatto va correlato ai gravi problemi che l’Ucraina ha, non solo nel reclutare nuovi soldati, ma anche nel trattenerli al fonte visto che il tasso di diserzione eè cresciuto a un ritmo allarmante.
La Russia invece sta rafforzando i ranghi con l’arrivo di altri 30.000 nord coreani che si aggiungono agli 11.000 che hanno contribuito alla liberazione delle russe di Kursk confinanti con l’Ucraina.
Per qunto riguarda le munizioni la produzione bellica russa avrebbe raggiunto il massimo storico i fornitori ucraini sono in difficoltà. La recente lettera inviata dall’esercito ucraino all’azienda di difesa statunitense General Dynamics, che ha collaborato con la Turca Repkon, minaccia di annullare il progetto di costruzione di un impianto per la produzione di proiettili da 155 mm a Mesquite, in Texas.
Il nuovo stabilimento di proprietà del governo statunitense (il primo di tre) avrebbe dovuto sostenere la produzione di proiettili da 155 mm a sufficienza per rifornire l’Ucraina, ma. l’esercito americano è sul punto di licenziare la General Dynamics perché l’impianto non rispetta i tempi previsti e ci sono gravi carenze nei macchinari, alcuni dei quali provengono dalla Turchia.
Più o meno nello stesso periodo in cui l’esercito ucraino ha pubblicato la sua lettera alla General Dynamics, il Segretario alla Difesa Pete Hegseth ha annunciato che alcune forniture, tra cui missili e altre attrezzature ad alta tecnologia, e proiettili da 155 mm, non sarebbero state consegnate a Kiev, comprese alcune forniture già spedite in Polonia.
Trump ha rafforzato le capacità statunitensi in Medio Oriente e la cancellazione del programma Hegseth, basata sul grave esaurimento delle scorte di armi statunitensi, è parte di una crescente preoccupazione che il rifornimento di sistemi importanti, inclusi i Patriot, non abbia funzionato come previsto.
Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare ritardi nella produzione, problemi nella catena di approvvigionamento e carenza di manodopera. Il meglio che si può dire è che gli Stati Uniti sono lontani da una base industriale di difesa in grado di produrre equipaggiamento bellico sufficiente per lunghi periodi di conflitto.
Vari think tank e numerose simulazioni hanno sempre affermato che gli Stati Uniti esaurirebbero le proprie armi “intelligenti” in un conflitto di grandi dimensioni in poche settimane. Se si aggiunge che non riescono a tenere il passo con la semplice produzione di munizioni tradizionali, il problema si aggrava seriamente.
Questo lascia l’Ucraina in un caos a cascata. Qualcosa Kiev deve cedere, e presto, affinché possa sopravvivere come stato indipendente. La NATO non interverrà perché il rischio supera i benefici, poiché l’Europa diventerebbe una zona di guerra guerreggiata con il rischio atomico.
Il primo passo sarebbe quello di fornire a Trump gli strumenti per negoziare con la Russia. Zelensky, aizzato da alcuni governi europei della NATO, fatto finora il contrario, ma è un gioco suicida.
La partenza migliore sarebbe quella di riesumare gli accordi raggiunti a Istanbul nel 2022, ma russi diranno che quell’accordo è ormai acqua passata, ma c’è la possibilità che Putin lo accetti anche solo come punto di partenza.
Ovviamente ci sono richieste russe allora non prese in considerazione a Istanbul (prima chr scorresse troppo sangue) che devono essere prese in considerazione. Trump avrebbe così qualcosa di “reale” per avviare un vero processo diplomatico, non una pletora di “piani”, nessuno dei quali andrà da nessuna parte, finché le posizioni di partenza non cambieranno.
Il secondo punto è che gli Stati Uniti hanno una vera e propria influenza che includa l’accesso ai mercati per la Russia, la condivisione di tecnologie, la commercializzazione e gli investimenti e la ricostruzione in Ucraina.
Putin afferma di essere impegnato a ricostruire le aree di Donetsk, Zaphorize, Kherson e Crimea, distrutte dai combattimenti, ma la Russia non ha né le risorse né il denaro per fare molto da sola. È necessario comunque l’aiuto degli Stati Uniti, toccherebbe allora mettersi d’accordo.
Il terzo punto riguarda la natura del governo ucraino, che, con la legge marziale, governa per decreto, mentre Zelensky ha congelato le elezioni e incarcerato, imposto restrizioni o esiliato i politici dell’opposizione.
Sebbene sia importante per Zelensky porre fine alla legge marziale e consentire le elezioni, un passo immediato sarebbe formare un governo di coalizione per negoziare con la Russia.
Un tale governo distribuirebbe la responsabilità di qualsiasi accordo a tutti gli attori politici interessati, facilitando loro la concessione di compromessi. Un altro vantaggio è che contribuirebbe a proteggere Zelensky dalle accuse di svendita del suo Paese a Mosca, ma sotto sotto, anche agli americani.
L’Ucraina si trova dunque a un bivio: può continuare e perdere la guerra, il che potrebbe portare a un cambio di regime e a una crisi politica incontrollabile, oppure adottare misure per presentare proposte realistiche, cosa che potrebbe richiedere una svolta politica, una coalizione, appunto.
L’alternativa è prolungare la guerra, che Mosca afferma di poter condurre ancora per due anni, dissanguando l’Ucraina anche con i patriot e magari con qualche altra eclatante e pericolosa operazione di sabotaggio in territorio russo del GUR.
Mosca da tempo denuncia la possibilità che Kiev possa utilizzare una “bomba sporca” simil nucleare e l’intelligence ucraino che pure sopravvive per il sostegno di quello occidentale non è sempre controllabile. Anzi talora è aizzato e sostenuto dall’MI5 britannico che di provocazioni non è secondo a nessuno.