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I marmi del Partenone tra Grecia e Inghilterra

di Sara Valerio

Il Partenone è uno dei simboli dell’intero patrimonio culturale mondiale. Consacrato alla dea Atena Parthenos, è uno dei più importanti templi dorici conservati e anche il più grandioso dei monumenti creati nell’Atene di Pericle, nel V secolo a. C. Celebra la vittoria della democrazia ateniese, verso la quale la cultura occidentale è debitrice per il successivo sviluppo di tutte le arti come le conosciamo oggi, dalla politica, alla filosofia, al teatro, alla scienza.

Negli ultimi 40 anni il governo greco ha rivendicato con forza la restituzione delle sculture del tempio che nel 1800 furono prese dall’Acropoli e trasportate in Inghilterra per poi essere vendute al British Museum, dove sono esposte dal 1832. Ma la posizione del museo inglese è sempre stata fortemente contraria. Fino agli anni più recenti in cui si è cominciata a vedere un’apertura, considerando anche gli esiti degli altri processi di restituzione di reperti e manufatti trafugati illegalmente oppure ottenuti in condizioni di evidente disparità. Ad oggi Regno Unito e Grecia sembrano più che mai vicini a un primo accordo.

Il 15 novembre, durante la cena annuale dei trustees, gli amministratori del museo, nel corso del suo intervento, il presidente del board George Osborne ha auspicato una collaborazione con la Grecia, per fare in modo che le sculture possano essere ammirate “sia ad Atene che a Londra”, e che nessuno debba rinunciare alle proprie prerogative. Non ha indicato delle modalità operative, né una strada per giungere a un accordo, ma è significativo che dal Regno Unito arrivino segnali di apertura. Ha parlato più apertamente delle controversie che il museo sta affrontando: “Troppe volte abbiamo pensato: stiamo zitti. Se non parliamo di cose difficili, nessun altro lo farà. E naturalmente non ha funzionato. Quando c’è una controversia a causa di errori che abbiamo commesso, allora dovremmo riconoscerli”. Ha poi espresso la speranza che “si possa raggiungere un accordo”, affinché almeno alcune sculture del British Museum “possano essere viste ad Atene”. In cambio, chiede che “altri tesori della Grecia, alcuni dei quali non hanno mai lasciato quelle coste, siano visibili qui al British Museum”.

I due frontoni del Partenone sono considerati capolavori assoluti della scultura greca classica. Decorati con due ricchi complessi di statue, furono eseguiti tra il 440 a.C. circa e il 432 a.C. da Fidia con l’aiuto della sua bottega. Le statue ci sono arrivate in condizioni frammentarie, e al complesso lavorarono più artisti, anche se le sculture trovano una loro armonia nell’unitarietà del progetto concepito da Fidia. Sul frontone est, il progetto iconografico aveva previsto la raffigurazione del mito della nascita di Atena, partorita dalla testa di Zeus, mentre su quello ovest era raffigurata la lotta tra Atena e Poseidone per il controllo dell’Attica, vinta dalla dea.

Nel corso dei secoli, il tempio subì varie trasformazioni che ne deteriorarono l’edificio: fra il 1208 e il 1258, al suo interno fu costruita una chiesa bizantina e, nel 1458, fu trasformato in una moschea; nel 1687, fu utilizzato come polveriera dai turchi. I primi a tentare di saccheggiare il Partenone furono i veneziani, nel Seicento, quando la Grecia divenne un dominio dell’Impero Ottomano.

Nel 1800, Lord Elgin, ambasciatore britannico presso il Sultano di Costantinopoli, durante un viaggio in Grecia con l’obiettivo di studiare e acquisire le opere della Grecia antica, si fece dare dalle autorità turche, il permesso di effettuare sopralluoghi sull’Acropoli di Atene, con lo scopo di fare rilievi, disegni e calchi. Nel 1803 riuscì a ottenere dal Sultano stesso un ulteriore permesso che lo autorizzava a prelevare qualsiasi scultura o iscrizione dall’Acropoli, purché non mettesse a rischio le strutture della rocca. Non si sa se agì su incarico del governo britannico o per iniziativa personale, ma sicuramente fu agevolato da una posizione dominante, dal momento che l’Impero Ottomano contava sul Regno Unito per proteggersi dalla Francia, ed era incline a fare concessioni.

Elgin trasferì via nave più di 60 casse con dentro i gruppi scultorei e i fregi del Partenone. Partirono per le isole britanniche 39 metope, 56 rilievi del fregio e 17 statue dei frontoni, che all’inizio furono conservate nella sua residenza, dove si potevano ammirare su invito, e solo successivamente furono vendute alle autorità.

Il British Museum manifestò sin quasi da subito il desiderio di acquistare la raccolta, anche se la trattativa all’inizio fu ostacolata dalla cifra chiesta dal nobile, ritenuta troppo esosa. La transazione avvenne nel 1816, per la somma di 35.000 sterline (l’equivalente di circa 2,3 milioni di euro odierni), all’incirca la metà di quello che il diplomatico aveva speso. Le opere furono mostrate al pubblico dal 1832 nella “sala Elgin”: da quel momento, i marmi del Partenone diventavano i “marmi Elgin”. Rimasero in questa sala fino al 1939, anno del completamento della Duveen Gallery, ambiente appositamente costruito per ospitare i marmi del Partenone, e dove ancor oggi si possono ammirare.

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