Esteri

Confindustria, Focus del mese sull’economia internazionale. Lo stato di Cina e Usa

 

 

La Cina reagisce alla frenata. La Cina ha stanziato 137 miliardi di dollari di stimolo all’economia, dando un segnale di forte reazione alle spinte recessive nel settore delle costruzioni; in contrazione la manifattura a causa del calo delle vendite estere. Il raffreddamento della domanda globale rallenta anche la corsa della manifattura indiana e tiene in recessione per il 2° mese quella brasiliana. In Russia l’industria continua a crescere trainata dalla domanda domestica.

Continua a sorprendere la crescita USA. Il PIL USA nel 3° trimestre 2023 è cresciuto per il quinto trimestre consecutivo (+1,2%, dopo il +0,5% nel 2°), al di sopra delle attese e in forte accelerazione rispetto alla media dei quattro trimestri precedenti (+0,6%).

Consumi, ma non solo. Rispetto al 3° trimestre 2022, la crescita americana è stata del +2,9%. Trainata in particolare dai consumi, che hanno contribuito per l’1,6% a tale variazione tendenziale (+0,6% i consumi di beni, +1,0% quelli di servizi) e per lo 0,7% a quella del 3° trimestre 2023. D’altra parte, gli investimenti sembrano aver invertito il trend negativo osservato nella seconda metà del 2022 (+0,3% il contributo alla variazione tendenziale del PIL), dovuto esclusivamente al contributo negativo di quelli in costruzioni (-1,4% nell’ultimo anno, a fronte di +2,0% degli altri investimenti); che sono tornati a crescere nel 3° trimestre, per la prima volta da marzo 2021. Le esportazioni nette (+0,2% il contributo alla variazione tendenziale del PIL, nullo quello al 3° trimestre), le scorte (+0,2% e +0,3%) e la spesa pubblica (+0,8% e +0,2%) hanno a loro volta contribuito positivamente.

Perché sono andati così bene i consumi? La performance americana, quindi, è dovuta soprattutto ad una tenuta inattesa delle decisioni di consumo delle famiglie. Le quali hanno goduto di una crescita dei salari orari (+0,33% la media delle variazioni mensili tra luglio e settembre, +0,37% nel 2° trimestre) maggiore dell’inflazione core (+0,25% e +0,33%) e di un consolidamento del mercato del lavoro nel 2023: il tasso di disoccupazione si è stabilizzato al di sotto del 4,0% (3,7% nel 3° trimestre, da 3,6% nel 2°), i posti di lavoro creati tra gennaio e ottobre 2023 nei settori non agricoli sono stati complessivamente 2,4 milioni (erano stati 4,8 nel 2022, di cui 4,3 nei primi 10 mesi), in accelerazione nel 3° trimestre (+799mila) rispetto al 2° (+603mila). Inoltre, le famiglie hanno sostenuto gli acquisti erodendo le riserve di liquidità accumulate nel periodo della pandemia: la propensione al risparmio è diminuita più che in altri paesi.

E gli investimenti? Le imprese USA hanno potuto usufruire delle agevolazioni fiscali introdotte con l’Inflation Reduction Act (IRA), un imponente piano da 386 miliardi di dollari (se si esclude la parte sanitaria) e non sembrano avere ancora sofferto pienamente gli effetti dei tassi elevati di politica monetaria, ad eccezione di quelle operanti nel settore delle costruzioni.

Prospettive industriali deboli. L’analisi congiunturale rivela qualche elemento di debolezza nel 4° trimestre del 2023. Nel 3°, la produzione industriale ha avuto una buona dinamica, grazie soprattutto all’incremento a luglio (+1,0%), con una variazione trimestrale di +0,6%, che segue il +0,2% nel 2° trimestre. La variazione acquisita per il 2023 è di +0,5%. Tuttavia, gli indicatori, che erano tornati vicini alla soglia di espansione nel corso del 3° trimestre, ad ottobre hanno fatto un passo indietro: il PMI manifattura si è fermato proprio a 50 punti (da 49,8), ma l’ISM e l’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago sono crollati (a 46,7 da 49,0 e a 44,0 da 48,7) e gli indici di attività manifatturiera locale della FED sono attestati su valori recessivi.

Rischio ulteriore rialzo dei tassi. C’è tutt’ora la possibilità che, contando proprio sulla resilienza dell’economia USA, la FED decida di proseguire nel rialzo dei tassi di interesse, per assestare un altro colpo all’inflazione, ancora sopra il +3,0% (con la core al +4,0%). A quel punto, il rischio è che la BCE decida di seguire la strada di “ulteriori rialzi”, per evitare ripercussioni sul cambio dollaro/euro che alimenterebbero l’inflazione importata. Sarebbe un altro colpo per l’economia italiana e europea, già fiaccate.

Previsioni di frenata. Rispetto al 4° trimestre 2019, livello pre-pandemia, la crescita cumulata degli USA fino al 3° trimestre 2023 è stata di +9,6%, molto superiore a quella nell’Eurozona (+3,0%). I principali previsori prospettano il proseguire dell’espansione nel prossimo anno, ma con un chiaro rallentamento, già da fine 2023: la FED a settembre ha previsto una dinamica del PIL al +2,1% nel 2023 e al +1,5% nel 2024, scenario confermato dall’FMI in ottobre (con i dati aggiornati, la crescita annua già acquisita per il 2023 è di +2,4%).

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