Primo piano

Il futuro di Hamas fra paesi Arabi e Teheran

di Giuliano Longo

Che ne sarà di Hamas dopo la fine della guerra contro Israele? Questo l’interrogativo che si pone la pubblicazione americana Foreign Policyla quale conclude che “Considerati i legami e il sostegno dell’organizzazione con l’Iran, il suo futuro a lungo termine rimane connesso alla questione più ampia del ruolo di Teheran in Medio Oriente”.  Il futuro collegamento conl’Iranè legato a quanto decideranno gli Stati Uniti se davvero intendono eliminare la minaccia rappresentata da Hamas a Israele conferendo un ruolo all’Autorità Palestinese e alla stabilità del Medio Oriente. D’altra parte Israele non ha ancora in mente  uno scenario coerente che riguardi il governo di Gaza nel dopoguerra, anche se a TelAviv in molti pensano che Israele non voglia governare Gaza, mentre l’ attacco alla Striscia viene giustificato con l’obiettivo di sradicare la leadership militare di Hamas. Obiettivo che in pratica significa eliminare  personaggi come Yehia Sinwar, leader di Hamas nella Striscia di Gaza; Mohammed Sinwar, leader delle operazioni militari; Mohammed Deif,leader dell’ala militare di Hamas, le Brigate Izz ad-Din al-Qassam; eSaleh al-Arouri, cofondatore delle brigate. Ma come nel caso di altri gruppi militanti legati all’Iran, decapitare un gruppo eliminando i suoi leader militari non comporta automaticamente lo scioglimento del gruppo stesso. L’uccisione in passato dei leader di Hezbollah, ad esempio,  non ha causato il collasso dell’organizzazione, né la forza del Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamicasi è sciolta dopo l’uccisione del suo capo, Qassem Suleimani. Inoltre le Forze di mobilitazione popolare sostenute dall’Iran esistono ancora in Iraq Inostante l’uccisione del vice capo del gruppo e figura più potente, Abu Mahdi al-Muhandis. Finché l’Iran considererà questi gruppi militanti necessari alla sua influenza regionale, continuerà a sostenerli e consentirà loro di rigenerarsi dopo battute d’arresto militari e perdite di leadership.  Tuttavia  Hamas non sembra  sia la risorsa regionale più importante dell’Iran che comunque  non rinuncerà facilmente alle sue carte palestinesi, anzi Teheran usa la causa palestinese  per sostenere i gruppi militanti in tutto il Medio Oriente, presentandoli come parte di un “asse di resistenza” contro gli Stati Uniti. Imperialismo e sionismo. L’Iran non è l’unico paese che ha beneficiato di Hamas, fu lo stesso Netanyahu a sostenere il governo di Hamas a Gaza per rafforzare la sua posizione politica in Israele a danno dell’OLP.  Mentre lo stesso  Egitto, con  la repressione  nei confronti dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas è un ramo, vede in questa organizzazione un utile attore della  sua sicurezza per impedire che le dinamiche militari a Gaza si riversino oltre confine e creino instabilità all’interno dell’Egitto. Questa una delle ragioni per cui il Cairo non accetterà un’alternativa a Hamas a meno che non sia accompagnata da credibili garanzie di sicurezza. Tuttavia è quindi da escludere che dopo l’eliminazione dei suoi capi militari si delinei  uno scenario a medio termine, con un accordo arabo-israeliano  per una versione riformata di Hamas, coerentemente con le dichiarazioni del vertice congiuntoLega Araba-Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC)tenutosi a Riyadh all’inizio di questo mese.  La dichiarazione sottolinea il riconoscimento solo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) come legittimo rappresentante dei palestinesi, ma afferma che anche che tutte le altre fazioni palestinesi dovrebbero operare “nell’ambito di un partenariato nazionale guidato dall’OLP”. La proposta non prevede una condivisione del potere tra l’OLP e Hamas ma l’idea è che Hamas accetti di operare come attore politico di secondo piano sotto l’egida dell’OLP. È molto  discutibile se Hamas aderisca a questo piano proprio perché uno dei suoi obiettivi, con l’’attacco a Israele, è stato proprio quello di evidenziare la debolezza dell’OLP e dell’Autorità Palestinese, tentando di affermarsi  come l’unica vera voce del popolo palestinese. Ma alcuni leader  di Hamas che sono all’estero – in particolare il leader politico del gruppo residente in Qatar, Ismail Haniyeh– probabilmente accetterebbero di entrare a far parte del proposto partenariato nazionale.  Il 9 novembre, Haniyeh ha guidato una delegazione che ha incontrato al Cairo il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel. I colloqui dietro le quinte tra Egitto, Qatar ed Emirati Arabi Uniti (EAU)dall’inizio della guerra, sottolineano la plausibilità che Haniyeh svolga il ruolo di rappresentante di Hamas in una nuova coalizione politica palestinese che estenderebbe il governo dell’Autorità Palestinese dalla Cisgiordania a Gaza.  L’esclusione politica di Hamas potrebbe tuttavia  provocare la reazione tra molti dei sui sostenitori trasformandosi  in un’insurrezione con il  sostegno dell’Iran– uno scenario di cui gli stati arabi sono consapevoli e desiderano scongiurare. Mentre per Teheran una rappresentanza minima di Hamas in una futura coalizione palestinese non sarà sufficiente. Tuttavia anche se  Hamas venisse drasticamente indebolita militarmente, la proposta coalizione guidata dall’OLP è solo uno scenario a medio termine. Nel lungo termine, è altamente improbabile che un gruppo sostenuto dall’Iran come Hamas limiti la propria ambizione a un ruolo minore al potere. Anzi, potrebbe comunque rappresentare un elemento di destabilizzazione nell’area o divenire come Hezbollà, una milizia permanente in un territorio diviso come inLibano. E come il gioco dell’oca si ritorna da capo nella questione palestinese irrisolta.

aggiornamento crisi mediorientale ore 14.25

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