Esteri

Il “grande gioco” degli  Stati Uniti in Asia Centrale preoccupa Cina e Russia

 

Gli Stati Uniti stanno tornando in Asia centrale sostituendo, paradossalmente  l’Impero Britannico che di quel “grande gioco” con la Russia zarista di cui fu il principale attore per tutto l’800 e oltre. 

 

Il prologo dei prossimi eventi è stato il vertice dei leader di Stati Uniti, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, che si è concluso a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

Il formato C5+1, creato nel 2015 a Samarcanda, era stato sostenuto solo a livello dei ministri degli Esteri, ma successivamente gli alti funzionari di quei Paesi si sono incontrati per la prima volta.

 

“Credo che questo sia un momento storico. Ci stiamo basando su anni di stretta cooperazione tra l’Asia centrale e gli Stati Uniti, una cooperazione basata sul nostro impegno condiviso per la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale”, ha affermato Joe Biden durante l’incontro.

 

In un modo o nell’altro, il Kazakistan e il Kirghizistan sembrano davvero i paesi più significativi per gli Stati Uniti.Il primo è più potente, più indipendente, ma ha un lungo confine con la Federazione Russa, una complessa questione con mosca, ma è stato a lungo dominato dalle imprese americane nel campo della produzione di energia e petrolio. Il secondo sembra il più debole, rappresentando un soggetto più adatto per lo sviluppo di nuove relazioni.

 

L’Uzbekistan, al contrario, è di scarsa utilità come ariete contro la Russia, poiché non ha né un confine comune con la Federazione, né una grande diaspora russa presente ed è fortemente dipendente da Mosca in materia di migrazione. E del resto il presidente Mirziyoyev sembra essere stato politicamente “convertito” da Vladimir Putin subito dopo la morte di Karimov. Il Turkmenistaninvece è terra incognita, mentre il Tagikistanè un Paese complicato, bisognerà aspettare.

 

Biden ha promesso ai paesi dell’Asia centrale la cooperazione sulle questioni relative alla sicurezza delle frontiere e alla lotta al terrorismo. Una base militare statunitense era già presente nella regione fino al 2014  presso l’aeroporto di Manas in Kirghizistan,  utilizzato dalla coalizione americana per sostenere le forze in Afghanistan.

 

Ora gli Usa hanno promesso a questi Paesi  di contribuire al loro sviluppo economico sostenibile, compresi gli investimenti nel corridoio di trasporto internazionale transcaspico, una rotta che collega la Cina con i paesi europei attraverso il Kazakistan, il Mar Caspio, l’Azerbaigian e la Georgia. Naturalmente, bypassando la Russia.

 

Questi benefici sono stati accompagnati dalla richiesta di sostenere la società civile e di lavorare per espandere l’emancipazione economica delle donne e delle persone con disabilità senza nominare i transgender, per non turbare la mentalità molto conservatrice di questi paesi in gran parte musulmani.

 

Nello specifico, è stato ascoltato solo il desiderio del Kazakistan di avere un ufficio regionale delle Nazioni Unite ad Almaty, e il vanto di Tagikistan e Kirghizistan di grandi riserve idriche, con la sottintesa  richiesta di un arbitro esterno per risolvere la loro reciproca controversia, a volte sanguinosa.

 

Al termine del vertice è stata adottata una dichiarazione che evidenzia le attuali questioni globali e regionali e le principali aree di cooperazione tra i paesi C5+1, ma non è stato emesso alcun comunicato stampa.

 

La Russia non ha dovuto aspettare i risultati del vertice per capire dove sarebbero andate le cose. “Se diciamo le cose col loro nome, allora stiamo parlando di tentativi con minacce e ricatti di costringere i nostri alleati ad abbandonare la cooperazione legale con la Russia… Naturalmente, da parte nostra verranno intraprese delle contromisure”, ha commentato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.

 

Ma nel gioco avviato c’è un’altro player: la Cina

 

Tra i tre grandi contendenti per l’influenza in Asia centrale, ogni paese ha i propri punti di forza e di debolezza. La Russia ha una lingua russa, un mercato del lavoro e buoni rapporti con l’Afghanistan.

 

Gli Stati Uniti hanno molti soldi, intraprendenza politica e capacità diplomatiche, ma sono lontani da questi paesi e odiati dai talebani.

 

“La Cina è vicina”, relativamente ricca, con una forte motivazione per integrare i vicini asiatici nei suoi progetti di trasporto e per prevenire il separatismo islamico nella sua regione autonoma uigura. Quindi per ora, nonostante la disponibilità degli americani a intervenire, le possibilità di Mosca e Pechino sembrano migliori.

 

È logico che in futuro  Russia e Cina uniscano le forze per impedire la presenza attiva degli americani vicino ai loro confini e quando questo pericolo sarà definitivamente allontanato, sarà molto più facile concordare i limiti dell’influenza reciproca nella regione, ma a spuntarla sarà sicuramente la Cina se la Russia continua a indebolirsi nel conflitto ucraino.

 

Eppure  le realtà dei paesi dell’Asia centrale sono fluide e molto instabili fra golpe e sommosse spesso sanguinose, stabilità che sino ad oggi la Russia ha garantito anche con l’Unione Economica Euroasiatica.

 

Tuttavia il “gioco” è in corso ma ancora non si sa quali carte abbiano effettivamente i giocatori. La questione Armenia/Nagorno Karabak e un esempio caucasico non così distante dalle steppe dell’Asia Centrale.

 

GiElle

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