Politica

Il paradosso di Lega e FdI sulle elezioni in Sardegna

 

di Viola Scipioni

 

In Italia esiste un partito autonomista, basato ovvero sull’autogoverno dei territori. Questo partito è la Lega di Matteo Salvini, con un passato ricco di slogan a partire dal «Padania is not Italy», che negli ultimi tempi sembra piuttosto star diventando quasi “colonizzatore” di tutti quei territori che una volta avrebbe preferito evitare. Il voler decidere così duramente sul candidato della coalizione di centrodestra in Sardegna non solo si distacca dal passato politico del partito, piuttosto crea anche una grande spaccatura all’interno della coalizione di governo. Ma dall’altro lato, il Presidente del Consiglio Meloni non sembra affatto voler incarnare l’idea di un centrodestra unito, come magari poteva apparire evidente dopo le elezioni politiche del 2022, bensì pare creare una spaccatura difficilmente risanabile. Nessuna intenzione di ricreare un PDL, quindi, per il momento. Anche se forse alla Lega di Matteo Salvini non conviene: se, come dichiarato più volte, il generale Vannacci deciderà di non candidarsi, i sondaggi dichiarano una forte perdita di potere da parte del partito di via Bellerio 41 a Milano. Quel potere che, quasi sicuramente, passerà tra le mani del partito di Meloni. Il paradosso di questo susseguirsi di eventi degli ultimi giorni si trova nel sondaggio pubblicato la scorsa estate dell’istituto Noto sul Sole 24 Ore: a quanto pare, Solinas della Lega è l’ultimo in quanto gradimento tra tutti i Presidenti delle regioni italiane. Una marcia in più per Meloni, si direbbe, se non fosse che Truzzu, l’attuale sindaco di Cagliari che piace molto alla leader di FdI, nel medesimo sondaggio sul gradimento dei sindaci delle più grandi città italiane si posiziona 84° su 87. È sicuramente il gioco della politica. Quel gioco a cui i cittadini sardi saranno chiamati a rispondere il 25 febbraio in cui si decreterà se ci saranno ancora le condizioni fertili per lavorare nell’esecutivo.

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