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Il Pnrr tra obiettivi mancati e ritardi Una spada di Damocle sul governo

A fine dicembre dello scorso anno è scaduto il tempo utile per completare gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che valevano il pagamento, da parte dell’Ue, della terza rata: un pacchetto da 19 miliardi di euro. Il governo Meloni, in carica da pochi mesi, annunciava che tutti gli interventi erano stati portati a termine. A febbraio però, quando si aspettava l’erogazione dei fondi, la Commissione europea ha chiesto più tempo per discutere alcune discrepanze. Da allora la trattativa è continuata, e oggi sembra vicina al termine ma ancora non si sa quando i soldi arriveranno, e se arriveranno tutti. Nel frattempo, è arrivato il termine per la quarta rata: il 30 giugno. E i ritardi sono aumentati. La piattaforma OpenPnrr, che raccoglie i dati pubblici a disposizione su ogni singolo progetto del Pnrr, permette di mettere qualche punto fermo. Entro giugno l’Italia avrebbe dovuto raggiungere 55 obiettivi. Di questi, i target più rilevanti erano 27: i numeri mostrano che l’Italia ha raggiunto 10 obiettivi; gli altri 17 risultano non ancora completati. Palazzo Chigi ha avuto successo in target come l’invio delle dichiarazioni Iva precompilate, il ddl Anziani, la riforma del Codice degli Appalti, l’assegnazione di appalti pubblici in vari ambiti. Per la maggior parte, tra l’altro, si parla di scadenze di marzo. Tra quelle di giugno che sono state completate ci sono solo le dichiarazioni Iva precompilate e la “revisione del quadro giuridico per gli interventi di rinaturazione dell’area del Po”. Tutte le altre sono da ieri ufficialmente in ritardo. Alcune, fra l’altro, figurano tra le misure più note del Pnrr. Innanzitutto, gli appalti per 6.500 stazioni di ricarica per le auto elettriche. E anche i contratti per la costruzione di asili nido, un progetto da 4,6 miliardi di euro che dovrebbe arrivare a creare 264mila nuovi posti entro il dicembre del 2025. Oggi, però, quasi un contratto su cinque non è stato stipulato, soprattutto a causa di ritardi nei Comuni. Ma c’è anche l’assegnazione di borse di studio per i medici di base di cui non si sa più nulla da quando i soldi sono arrivati alle Regioni, nell’ottobre del 2022. Ci sono i lavori di ristrutturazione degli immobili in ottica antisismica e di risparmio energetico, su cui il ministero dell’Ambiente non ha dato informazioni. Il rinnovo dei trasporti regionali con treni più green, le stazioni di rifornimento a idrogeno (non sono stati assegnati abbastanza lavori), l’entrata in vigore delle riforme del processo civile e penale per le quali servirà ancora qualche settimana. Mancano anche gli studios di Cinecittà: per il progetto iniziale bisognava firmare i contratti per realizzare 17 nuovi teatri, mentre si è arrivati solo a nove. Il governo Meloni, finora, ha detto che per la quarta rata non ci saranno grossi problemi. Mentre continua a rimandare il dibattito sul Mes per evitare frizioni interne, e in Europa affronta il dibattito sul Patto migrazioni e non solo, il Pnrr incombe come il principale pericolo per la credibilità internazionale dell’esecutivo. Gli step, al momento, appaiono sempre gli stessi e sempre piuttosto indefiniti: il Piano nazionale di ripresa e resilienza sarà “rimodulato”, tramite dei nuovi negoziati con la Commissione europea, per modificare gli obiettivi che non possono essere raggiunti e spostarne altri su dei fondi europei diversi, che hanno scadenze più lunghe. Questo è ciò che il governo ha annunciato dal momento in cui è entrato in carica. Da allora, però, sono passati otto mesi. L’esecutivo ha più volte ribadito questa sua intenzione, e secondo indiscrezioni di stampa avrebbe recentemente inviato a Bruxelles una prima lista di alcuni progetti che vorrebbe spostare sul fondo RePowerEu, dedicato agli interventi per la transizione energetica e in scadenza nel 2027 (contro il 2026 del Pnrr). Però non si vede ancora da nessuna parte un elenco completo; le notizie ufficiali scarseggiano e le comunicazioni del presidente del Consiglio e dei ministri restano sul vago. La scadenza ultima, ora, è il 31 agosto, termine per inviare la proposta di modifica alla Commissione europea. Ma, dato che i ritardi per la quarta rata sono iniziati, il governo dovrà sbrigarsi se non vuole costringersi a mesi di trattative, vedere il pagamento di 16 miliardi slittare ancora, magari fino al 2024, e accumulare altri rinvii sempre più difficili da sostenere.

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