Seimila tonnellate di rifiuti indifferenziati, non smaltibili. I container erano finiti in Tunisia in maniera illecita, bloccati alla dogana, e rispediti al mittente, in Campania. Ieri sono bruciati, dov’erano stoccati, in un’area militare di Persano, nel comune di Serre, in provincia di Salerno. Il cerchio si è chiuso in una nube mefitica. Un ciclo dei rifiuti deviato. Nel 2020 i rifiuti era partiti da Salerno, grazie ad un accordo tra la società Sra, e un’azienda tunisina, la Soreplast, per un prezzo di 48 euro a tonnellata. I primi 70 container con circa 1.900 tonnellate di rifiuti vennero depositati nell’impianto della Soreplast di Moureddine, e andarono in fumo in incendio a fine anno. Successivi 212 container furono invece depositati nel porto di Sousse, in attesa di essere poi smistati. La Soreplast era in realtà una società di Mohamed Moncef Noureddin, molto legato al regime dell’ex presidente Ben Ali. Il governo tunisino avviò l’apertura di un’inchiesta che portò all’arresto di diversi funzionari compreso l’allora ministro dell’Ambiente tunisino Mustapha Larou. Fu indagata anche Beya Ben Abdelbaki, la console tunisina a Napoli. Secondo l’inchiesta i container erano classificati con il codice europeo di “rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani”, invece dentro c’era di tutto, compreso materiale sanitario pericoloso.