di Giuliano Longo
Nei prossimi giorni Trump e il presidente cinese Xi Jinping si incontreranno in Corea del Sud per il loro primo incontro vis a vis. Si prevede che il suo esito determinerà il futuro delle relazioni tra Stati Uniti e Cina, con un impatto diretto sui processi economici e geopolitici globali.
Ci sono anche molte previsioni secondo cui l’incontro potrebbe cambiare radicalmente l’esito della guerra in Ucraina. Lo stesso Trump ne ha già esortato Xi a smettere di acquistare energia russa per fare pressione su Putin affinché accetti un cessate il fuoco lungo la linea del fronte.
Inoltre, nei giorni scorsi ha affermato che l’India ha già smesso di acquistare petrolio russo, mentre la Cina ha ridotto significativamente i suoi acquisti almeno via nave. Diversi media confermano che entrambi i Paesi potrebbero aver già sospeso gli acquisti di petrolio russo. Altri lo negano.
Ma anche se una pausa dell’export russo di petrolio fosse in corso, non è escluso che il flusso possa venire ripristinato nel prossimo futuro, come è accaduto molte volte in passato dopo l’imposizione di nuove sanzioni.
Tornando all’Ucraina, Pechino è stata in passato costantemente identificata come un attore chiave in grado di influenzare l’andamento della guerra, con due opinioni contrastanti.
La prima sostiene che la Cina potrebbe indurre la Russia a fare concessioni considerando la sua ormai emergente dipendenza economica dall’industria cinese.
La seconda presume che la Cina tragga vantaggio dal conflitto ucraino allontanando sempre più Mosca dall’Occidente legandola sempre di più ai propri interessi globali. .
Quest’ultim<a teoria ha dato origine persino a interpretazioni bizzarre, come le dichiarazioni di Rutte di quest’estate secondo cui se la Cina dovesse attaccare Taiwan, potrebbe chiedere alla Russia di attaccare l’Europa per dirottare le forze NATO.
Ma in questo caso qualsiasi vantaggio possa ottenere la Cina sarebbe una vittoria di Pirro, poiché gran parte del proprio mercato è diretto in Occidente e nel sud est asiatico.
Senza contare che le sanzioni sino ad ora imposte a Mosca non stanno ostacolando lo sviluppo del commercio russo-cinese ed è inoltre abbastanza facile aggirarle.
Quindi Pechino, anche per la natura della sua diplomazia pluridecennale, è certamente interessata a una rapida conclusione a del conflitto a qualsiasi condizione. Ma non vuole la sconfitta di Putin determinata dall’Occidente, a svantaggio della Cina, con un non indifferente squilibrio geopolitico..
E poiché fermare la guerra lungo la linea del fronte non costituirebbe apparentemente una netta sconfitta per la Russia che beneficerebbe della occupazione di altri territori, a Pechino potrebbe anche convenire un cessate il fuoco sulla linea del conflitto o un congelamento dello stesso a tempo indefinito.
Ricordiamo che questa pòosizione era il contenuto della sua iniziativa di pace già nel febbraio 2023, proposta che allora fu respinta da Kiev e da tutto l’Occidente da cui l’Ucraina dipendeva ormai da almeno dieci anni, mentre la Russia, al contrario, l sostenne questa proposra di Pechino.
Se una rapida fine della guerra è possibile solo con un cessate il fuoco lungo le linee del fronte, significa che la Cina farà in qualche modo farà pressione sulla Russia affinché accetti, come vorrebbe Trump?
Senza contare che nelle trattative con Trump il presidente XI sta perseguendo obiettivi puramente tattici nei negoziati con Trump per impedire un brusco crollo delle relazioni tra i due Paesi per guadagnare tempo e rafforzarsi militarmente e tecnologicamente,
La principale vulnerabilità della Cina è la sua dipendenza dalle importazioni critiche (energia, altre materie prime e cibo) che attualmente arrivano via mare.
Se le tensioni dovessero peggiorare, gli Stati Uniti potrebbero tentare di bloccare il commercio estero cinese utilizzando la propria marina, Pechino conterebbe sulla sua “retroguardia russa” che garantirebbe il supporto anche a fronte si un blocco navale americano che non sarebbe poi così catastrofico.
E’ quindi improbabile che Trump, data la natura esistenziale dello scontro tra Stati Uniti e Cina, possa ofrire alternative significative a Pechino per ridurre i suoi acquisti di risorse energetiche russe.
Ma per la Cina, c’è anche un aspetto geopolitico basato sulla sua immagine.
Nella situazione attuale, qualsiasi passo intrapreso dalla Cina nella direzione richiesta da Trump (acquistare meno petrolio russo, esercitare pressioni su Putin in altri modi ecc.) apparirebbe come un cedimento all’America, mentre ha sempre affermato che nessuno le può dettare con chi dovrebbe commerciare.
Un accordo a perdere di Pechino sarebbe duro colpo per le sue relazioni anche con i suoi potenziali alleati della Cina che la vedrebbero una “entità geopolitica dipendente”, timoroso delle sanzioni.
Infine, anche se per qualche motivo la Cina decidesse di ridurre o interrompere completamente gli acquisti di petrolio e gas russi, ciò non garantisce in alcun modo che Putin accetti di fermare il conflitto. .
Anzi, con il rischio che Putin, isolato, ricorra a una forte escalation come “ultima risorsa“, cosa di cui la Cina non ha certamente bisogno.
Una prospettiva, quella della escalation, che Mosca minaccia continuamente , non ultima cui la dichiarazione di Putin di due giorni fa sul completamento dei test sul missile Burevestnik, nuova Armageddon nel caso di un conflitto nucleare..
La sintesi di tutti questi elementi induce a credere che la possibilità che Cina accetti di unirsi alle pressioni di Trump sulla Russia al momento appare piuttosto scarsa..
Sono possibili invece alcune misure a breve termine per limitare gli acquisti dalla Russia (cosa che è già avvenuta periodicamente in passato), ma niente di più. E anche in tal caso, solo a condizione che Trump faccia concessioni significative a Pechino su altre questioni, il che è tutt’altro che certo.
Restano in prospettiva quattro scenari.
Il primo è quello di una crescente pressione americana sulla Cina, che peggiorare drasticamente le relazioni tra i due Paesi, interrompendo l’accordo commerciale e provocando un riavvicinamento ancora maggiore tra Mosca e Pechino (anche in ambito militare).
Il secondo è quella di continuare ad aumentare le sanzioni e altre pressioni contro la Federazione Russa, senza toccare la Cina, ipotesi che i non avrà alcun impatto critico sulla capacità dei russi di continuare la guerra.
Il terzo è che Trump prenda gradualmente le distanze dal conflitto ucraino, senza esercitare ulteriori pressioni su Putin, Zelensky, l’Europa o la Cina.
Last but not least, che Trump faccia pressione su Zelensky affinché accetti le condizioni di Putin, impegnandosi esclusivamente alla competizione globale con Pechino, lasciando ai “volenterosi europei” l’ingrato compito di gestire il conflitto lucrando, lui si, sul business delle armi e delle risorse energetiche americane.
