Esteri

Israele-Iran, l’esperto di geopolitica: “La guerra è nelle mani di Netanyahu”

 

La guerra è nelle mani di Israele. Perché il suo governo, quello di Benjamin Netanyahu, è orientato a decidere “in modo completamente autonomo”, considerando “solo in misura marginale” l’invito americano alla “moderazione”. È il quadro del confronto con l’Iran tratteggiato per l’agenzia Dire da Nicola Pedde, esperto di geopolitica, direttore dell’Institute for Global Studies (Igs).
L’intervista comincia dalle modalità e dai tempi dell’offensiva con droni e missili condotta tra ieri sera e questa notte da Teheran in risposta al bombardamento di Tel Aviv sul consolato della Repubblica islamica nella capitale siriana Damasco. Un raid, questo del primo aprile scorso, nel quale sono stati uccisi anche due generali dei Corpi delle guardie della rivoluzione dell’Iran. “Ci sono alcune premesse da fare” dice Pedde: “In primo luogo, l’attacco di ieri sera era stato ampiamente annunciato, in qualche modo per permettere a Israele di prepararsi; in secondo luogo, l’Iran aveva l’esigenza anche sul piano politico interno di dare una risposta a Israele pur cercando di non innescare un meccanismo di crisi più grave, che potrebbe ritorcersi sullo stesso territorio della Repubblica islamica con attacchi diretti”. Secondo il direttore, oggi le decisioni su una guerra o una ulteriore escalation sono nelle mani di Israele. “Dobbiamo capire come interpreterà la natura dell’attacco dell’Iran” sottolinea Pedde, anche in riferimento alla riunione del gabinetto di guerra presieduta oggi da Netanyahu.
L’equazione è a più fattori. “C’è un tentativo da parte degli americani di invitare tutti alla moderazione, chiedendo a Israele di non reagire militarmente contro l’Iran e sottolineando di non essere disponibili a partecipare a un’iniziativa di quel tipo” evidenzia Pedde. “Credo però che, anche alla luce della dimensione regionale della crisi, con i fattori Hamas ed Hezbollah nella Striscia di Gaza e in Libano, il calcolo strategico di Tel Aviv sarà completamente autonomo e considererà le posizioni Usa solo in misura marginale”. A dividere il campo una linea rossa. “Israele la supererebbe decidendo per lo scontro aperto con Teheran sul territorio della Repubblica islamica”, sottolinea Pedde, “mentre l’alternativa sarebbe invece una scelta di cautela, più pragmatica, che impedisca il determinarsi di un effetto a catena”. Ma fare una previsione è possibile? “Ci sono molte variabili“, risponde Nicola Pedde, esperto di geopolitica, direttore dell’Institute for Global Studies (Igs), “ma credo che buona parte della maggioranza politica israeliana sia fortemente orientata a fornire una risposta muscolare contro l’Iran sul suo territorio nazionale”.
Secondo Pedde, “da molto tempo a Tel Aviv si è cercata una escalation con Teheran proprio per innescare un meccanismo di crisi che porti al collasso del sistema politico della Repubblica islamica anche attraverso una spinta interna in grado di far cadere il regime”. Questa strategia rischierebbe però di rivelarsi un azzardo, sottolinea il direttore: “Non so se il calcolo di israeliano sia corretto, perché anche in Iran potrebbero agire fattori come l’orgoglio nazionale, che tendono magari a rinsaldare il regime invece di indebolirlo”.

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aggiornamento la crisi mediorientale ore 11.17

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