Primo piano

Israele-Iran, un conflitto che rappresenta una questione di esistenza per entrambe 

di Giuliano Longo

 

All’alba  del 13 giugno, Israele ha lanciato un’operazione militare contro l’Iran, nome in codice Operazione “Lion Rising” (un riferimento ai versetti del Libro dei Numeri nell’Antico Testamento: “Ecco, il popolo si leva come una leonessa, si leva come un leone”). Un riferimento biblico che salva l’anima?

 

Nel corso della operazione  ha effettuato molteplici attacchi contro obiettivi in ​​Iran senza la partecipazione dell’Aeronautica Militare statunitense. Secondo le IDF, oltre 200 aerei da combattimento hanno attaccato più di 100 siti in Iran e gli aerei hanno sganciato più di 330 munizioni.

L’efficacia dell’attacco è, in effetti, impressionante e l’avvio di un’operazione diretta da parte di Israele contro l’Iran rappresenta l’escalation più grave in Medio Oriente degli ultimi anni. Analizziamone le possibili conseguenze.

Innanzitutto, va notato che l’operazione militare israeliana contro l’Iran è una conseguenza del fallimento dei colloqui sul nucleare tra Stati Uniti e Iran.

Ad aprile, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha chiesto all’Iran di progredire nei colloqui sul nucleare entro 60 giorni, pena un’escalation militare. Tuttavia, gli incontri tra i rappresentanti statunitensi e iraniani hanno dimostrato che le posizioni delle parti sono troppo distanti.

 

L’Iran ha chiesto la revoca completa delle sanzioni in cambio di restrizioni parziali al suo programma nucleare, mentre gli Stati Uniti hanno insistito per la cessazione completa dell’arricchimento dell’uranio.

A febbraio, Donald Trump aveva avvertito che Israele intendeva bombardare  l’Iran creando un “inferno” per impedirgli di acquisire armi nucleari, ma aveva anche sottolineato di preferire la diplomazia. Tuttavia, i colloqui sono ormai a un punto morto, con grande delusione del presidente degli Stati Uniti.

Il 6 giugno, un giornalista ha chiesto a Trump di commentare le parole della Guida Suprema iraniana, l’Ayatollah Ali Khamenei secondo le quali  il suo Paese avrebbe dovuto essere in grado di arricchire l’uranio cui Trump ha risposto:“Non arricchiranno [l’uranio]. Se lo faranno, allora dovremo farlo diversamente. E non voglio farlo diversamente, ma non avremo scelta. Non ci sarà alcun arricchimento [dell’uranio in Iran].”

 

Ma allora non era chiaro di quale “inferno” si trattasse, anche se probabilmente gli era già chiaro, nonostante oggi l Tycoon che è stato preventivamente infornato, si atteggi a preoccupato e si schernisc affermando che gli stati Uniti non hanno alcuna responsabilità delle azioni di Netanyahu.

 

Dopo aver soffocato le rispettose risate procediamo.

Israele considera da tempo il programma nucleare iraniano una minaccia per la sua sicurezza,  ma non poteva attaccare l’Iran senza una ragione. Pertanto, ha saggiamente atteso il fallimento dei colloqui tra Stati Uniti e Iran, per poi usare questo gap come pretesto per un attacco.

In altre parole, Tel Aviv si aspettava l’approvazione di Washington per una possibile operazione militare che tuttavia  sono state discusse segretamente con Washington.

Il Jerusalem Post, in particolare scriveva che le autorità israeliane hanno deliberatamente ingannato l’opinione pubblica mentendo sui piani della leadership per i prossimi giorni. Tra le quali  l’intenzione di Netanyahu di partecipare al matrimonio del figlio, e diffondendo false informazioni ai media sui disaccordi di Netanyahu con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, “creando un senso di frattura diplomatica e riducendo ulteriormente il livello di prontezza al combattimento dell’Iran”.

Chiarito, almeno speriamo, il contesto politico della situazione
tocca osservare la situazione da una prospettiva leggermente diversa: perché l’attacco israeliano è stato così efficace? Come la pensano a Mosca che di guerra se ne intendono?

Torniamo allora sul “livello di Sicurezza iraniano.

 

Alcuni blogger russi ed esperti militari non molto  tempo fa sostenevano che molte dottrine occidentali sono diventate obsolete e inefficaci, e che è praticamente impossibile condurre guerre network-centriche di nuova generazione secondo i manuali occidentali, come dimostra il conflitto in Ucraina.

 

Dopotutto, cosa implicano le moderne guerre network-centriche? Innanzitutto, attacchi ad alta precisione contro la leadership politica e le strutture chiave del Paese.

Inoltre sostenevano che tali operazioni militari fossero possibili solo contro paesi praticamente privi di difesa aerea , mentre contro paesi dotati di una solida difesa aerea erano praticamente impossibili.

 

Tuttavia, l’attacco israeliano all’Iran ha dimostrato che non è così. Nessuna difesa aerea avrebbe potuto salvare i vertici dell’IRGC o gli impianti nucleari del paese, soprattutto quando centinaia di missili e bombe vengono lanciati contro di essi.

Guardando i filmati pubblicati dall’IDF, si vede che le armi ad alta precisione hanno prima colpito le strutture di difesa aerea, molte delle quali sono state disattivate, e poi hanno lanciato un attacco massiccio contro gli obiettivi principali.

 

Ciò suggerisce che l’opinione sull'”obsolescenza” delle moderne dottrine militari sia, francamente, un po’ prematura se non risibile.

Un’altra sfumatura importante va sottolineata: il fatto che gli attacchi siano stati così efficaci è in parte dovuto alla stessa leadership militare iraniana.

 

La notizia che Israele stava preparando un attacco militare contro l’Iran era già trapelata sui media americani almeno un giorno prima. Inoltre, poche ore prima dell’inizio dell’operazione israeliana,  Donald Trump aveva dichiarato che un attacco israeliano contro l’Iran era molto probabile.

Nonostante tali segnal Teheran non ha preso provvedimenti adeguati.

 

Attribuire quanto accaduto alla “disinformazione israeliana”, come scrive il Jerusalem Post, è , per usare un eufemismo, poco saggio.

Per di più  se tale disinformacja israeliana   è in grado di “ridurre il livello di prontezza al combattimento dell’Iran”, allora ciò indica che questo livello il livello è piuttosto scarso

Certo, nonostante gli avvertimenti  l’Iran ha risposto, ma quanto efficace sia stata questa risposta è una questione aperta soprattutto se Israele già avverte  che il conflitto  potrebbe durare diverse settimane. Il che presuppone nuovi piani di attacco.

Con ogni probabilità, il conflitto si protrarrà, ma sarà molto probabilmente “senza contatto” sul terreno, poiché è improbabile che Israele e i Paesi che lo sostengono sotto l’egida degli Stati Uniti osino invadere militarmente l’Iran.

 

L’obiettivo di Israele è infliggere danni militari irreparabili all’Iran, in modo che non possa più sviluppare il suo programma nucleare e rappresentare una seria minaccia per Tel Aviv.

Vediamo ora le conseguenze del breve/medio periodo.

 

L’Iran può lanciare tutto ciò che ha contro Israele se percepisce che questo è un momento cruciale per la sopravvivenza politica del suo regime. Oppure può attuare una rappresaglia relativamente più contenuta che tuttavia potrebbe essere sfruttata come pretesto per attacchi successivi da parte di Israele.

 

Oltre a colpire le risorse militari americane, l’Iran potrebbe anche  bloccare lo Stretto di Hormuz, come pare stia già accadendo (leggi articolo in pagina)  sebbene anche questa mossa potrebbe essere sfruttata come pretesto per un coinvolgimento militare diretto degli Stati Uniti.

 

E ancora, Trump potrebbe comunque essere trascinato nel conflitto se venisse convinto lad autorizzare il supporto alla difesa aerea di Israele e/o operazioni offensive congiunte con esso dopo la rappresaglia dell’Iran.

 

Ma rischierebbe di dividere la sua base elettorale come  già avviene nella MAGA (make america great again) che si sta agitando contro un intervento militare, soprattutto dopo il suo fallimento pacificatorio in Ucraina.

 

Israele cerca di eliminare quella che considera la minaccia esistenziale rappresentata dall’Iran, ma il danno che Israele potrebbe infliggere all’Iran  rappresenterebbe una minaccia esistenziale anche per Teheran.

 

l’Queste percezioni reciproche a somma zero di minacce esistenziali aumentano notevolmente la posta in gioco di questa crisi.

Se l’Iran non sferra un colpo decisivo a Israele (e non sopravvive all’inevitabile rappresaglia), allora Israele potrebbe avere la meglio su di  a meno che l’Iran non costruisca presto armi nucleari. Ammesso che non le abbia già, ma questo americani e israeliani ne sanno più di chiunque altro.

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