Primo piano

La destra israeliana vuole la ricostruzione delle colonie a Gaza

 

Domenica 28 gennaio  di  fronte a un pubblico di migliaia di coloni e di attivisti di destra, 12 ministri del governo Netanyahu e 15 parlamentari della coalizione di maggioranzasi sono impegnati a ricostruire gli insediamenti ebraici israeliani nel cuore della Striscia di Gaza, incoraggiando l’“emigrazione” della popolazione palestinese dopo la fine della guerra.

Presenti anche alcuni ministri ministri del Likud, il partito di maggioranza relativa,un ministro il Partito del Giudaismo della Torah e l’influente rabbino Dov Lior. La folla, circa 3mila persone, è giunta in maggioranza dalle comunità sioniste religiose con centinaia di giovani e molte famiglie, compresi bambini piccoli.

Daniella Weis,  presidente dell’associazione dei coloni Nachala e attivista per l’estensione degli insediamenti,  ha chiesto che i 2,3 milioni palestinesi di Gaza “lascino il territorio” e vadano all’estero, mentre “solo il popolo di Israele si stabilirà sull’intera Striscia di Gaza e la governerà”.“E’ ora di tornare a casa a Gush Katif”, ha detto da parte sua il ministro della Sicurezza e leader dell’estrema destra, facendo riferimento agli insediamenti israeliani a Gaza evacuato con il Piano di Disimpegno del 2005.

Ben Gvir e il suo collega Smotrich, insieme a sei parlamentari della coalizione, hanno firmato il cosiddetto  “Patto di vittoria e rinnovamento degli insediamenti” a Gaza. Uno striscione alzato dalla folla diceva: “Solo un trasferimento [di palestinesi da Gaza] porterà la pace”.

 

Israele ha smantellato i 21 insediamenti ed evacuato 8.000 coloni da Gaza circa 19 anni fa e Netanyahu, che non ha partecipato alla conferenza, il sabato precedente al raduno, ha dichiarato di essere contrario al reinsediamento a Gaza di coloni, smentendo che il tema della conferenza rappresenti la politica del suo governo.

Una posizione conseguenza anche dell’opposizione degli Stati Uniti e di altri paesi alleati di Israele alla colonizzazione di Gaza, ma altre fonti israeliani sostengono che la colonizzazione di Gaza diventerà un pilastro della campagna elettorale della destra quando Israele andrà al voto.

A novembre dello scorso anno numerosi analisti prevedevano il professor che Israele non reintrodurrà i coloni a Gaza, ma potrebbe includere la creazione di installazioni militari all’interno della Striscia. Non è tuttavia escluso che possa ricostruire i 21 insediamenti ebraici demoliti nel 2005 per ordine del premier scomparso Ariel Sharonnel quadro del «Piano di disimpegno»unilaterale da Gaza.

Netanyahu non ha mai nascosto che «Israele avrà il controllo della sicurezza a Gaza per un periodo indefinito»,autorizzando ad ipotizzare che la ricostruzione di alcune colonie sia sul tavolo. Nella sostanza non si tratterebbe di un insediamento coloniale vero e proprio, ma di un progetto che mette in primo piano l’edilizia per la ricostruzione di Gaza ormai semidistrutta e non solo per ricostruire i kibbutz e piccoli centri abitati colpiti dall’attacco di Hamas.

La distruzione di Gush Qatif,il principale blocco delle colonie israeliane a Gaza nell’estate del 2005, resta una ferita fra le organizzazioni e i movimenti di destra che propagandano l’idea che anche Gaza faccia parte della biblica Erez Israel,la Terra di Israele.

L’immagine dei circa 8mila coloni portati via con la forza dai soldati, ha continuato a girare negli ambienti di destra e Ariel Sharon che per decenni era stato il punto di riferimento della destra radicale tanto che  dopo aver ordinato l’evacuazione di soldati e coloni da Gaza venne definito come un traditore.

Oggi Netanyahu e altri esponenti dell’establishment politico non si sbilanciano. La posizione prevalente è che il fermento per il «ritorno a Gaza»vada contenuto perché può danneggiare l’appoggio diplomatico di cui gode Israele, già compromesso nei rapporti con gli USA e dall’ammonimento , non esecutivo,della Corte Internazionale di Giustizia dell’AJa a Israele perché eviti il genocidio del popolo palestinese.   .

Ma Netanyahu, sempre più spostato a destra e contestato da larga parte dell’opinione pubblica e non solo dai famigliari degli ostaggi, tra qualche mese avrà bisogno, ancora più di oggi, dell’appoggio dei coloni, dell’ultradestrae anche dei sostenitori della ricostruzione delle colonie a Gaza, se vuole provare a ribaltare i sondaggi che oggi lo danno al punto più basso da anni a questa parte.

GiElle

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