La guerra di Putin

La guerra in Ucraina: questione aperta della campagna presidenziale degli Stati Uniti nel 2024?

di Giuliano Longo

 

Dobbiamo iniziare a pensare al rapporto tra la guerra Russia-Ucraina e le elezioni presidenziali statunitensi del 2024?. A meno che la guerra non finisca in modo decisivo nei prossimi diciotto mesi ( e ce lo auguriamo), circola fra molti commentatoti statunitensi l’opinione che  l’esito delle elezioni presidenziali statunitensi del 2024 potrebbe pesare sull’esito del conflitto. Sia Mosca che Kiev lo capiscono, così faranno del loro meglio, nei prossimi diciotto mesi, per influire su quelle elezioni con scelte che non saranno puramente militari, ma politiche. Per l’Ucraina di Zelensky  le scelte saranno relativamente sempliciperché non avrebbe potuto sperare  in un amico migliore alla Casa Bianca di Joe Biden, che ha guidato un vasto (e costoso) programma di sostegno internazionale alle operazioni militari ucraine. Biden non gli ha ancora consegnato tutto, ma sino ad oggi il suo aiuto ha incluso munizioni, tecnologia avanzata, assistenza finanziaria, pianificazione tecnica e supporto alle comunicazioni. Inoltre ha gettato la forza del sistema diplomatico e finanziario statunitense nel calderone ucraino, mantenendo una coalizione internazionale e un massiccio regime di sanzioni contro la Russia. Quindi, qualunque sia l’esito della competizione elettorale negli States difficilmente potremmo immaginare un sostenitore alla Casa Bianca  più aggressivo del vecchio Joe e del su establishment. Donald Trump, al di là delle apparenze e delle sue recenti dichiarazioni pacificatorie,forse non è il candidato perfetto per la Russia. Il volubile ex presidente non è mai stato un partner affidabile per nessun paese straniero e sarebbe un errore per la Russia puntare sul suo sostegno come già serpeggia nella vulgata dei media russi. Nel suo primo mandato, Trump ha dimostrato una certa incapacità di gestire lo stato di sicurezza nazionale, tanto che la fine ha lasciato la patata bollente dell’Afghanistan al suo successore, anche se  oggi critica aspramente  aspramente le decisioni di Biden ed esprime convinzioni  che rasentano una certa simpatia per la Russia e il presidente Vladimir Putin. Invece nel suo partito invece, Il GOP (Great old party) rimane il conflitto sul livello (soprattutto finanziario)  per il quale  gli Stati Uniti dovrebbero continuare a sostenere l’Ucraina, con alcuni che vorrebbero la continuità l’accelerazione del sostegno Usa a Zelenskyed altri no. Lo stesso  governatore della Florida Ron DeSantis,il più plausibile avversario del GOP di Trump alle primarie, ha già spostato la sua retorica sull’Ucraina per adattarsi a quella di Trump. Mentre il repubblicano Josh Hawley guida l’avanguardia intellettuale dell’opposizione a un ulteriore sostegno con l’altra repubblicana, Marjorie Taylor Greene che sostiene la causa populista.

Se Trump fosse il candidato presidenziale Repubblicano del 2024, ma, anche se non lo fosse, il Partito Repubblicano potrebbe  comunque fermare o ridurre drasticamente l’assistenza all’Ucraina. A questo punto cinicamente, per quanto riguarda il tritacarne ucraino, occorre chiedersi quali sarebbero gli sviluppi della guerra in corso durante la campagna elettorale. Le guerre che non coinvolgono direttamente gli Stati Uniti normalmente non hanno un grande impatto sulle elezioni presidenziali statunitensi, sebbene ci siano delle eccezioni. Tenere gli Stati Uniti fuori dalla prima guerra mondiale fu un problema critico nelle elezioni del 1916, sebbene la promessa del presidente Woodrow Wilsondi rimanere neutrale crollò rapidamente dopo il suo insediamento. La seconda guerra mondiale ebbe un impatto simile sulle elezioni del 1940, con entrambi i candidati impegnati a tenere gli Stati Uniti fuori dalla guerra anche se il presidente Roosevelt aumentò il sostegno alla Gran Bretagna.Se la guerra finisse prima del 2024, l’auspicabile evento probabilmente non avrà molto impatto sulle elezioni. Se l’Ucraina vince, Biden ne trarrà qualche vantaggio, ma il pubblico americano ha dimostrato una risoluta capacità di dimenticare qualsiasi cosa della politica estera che sia accaduta anche pochi mesi prima. In questo caso Trump forse  perderebbe nel confronto politico e potrebbe subire il contraccolpo delle dichiarazioni filo-russe, ma la sua retorica  fa breccia su ben altri problemi della “America profonda”. Ovviamente analisti e commentatori mainstream danno per scontato che Putin perderà, ma se avvenisse il contrario? Visti gli esiti delle varie guerre perse dagli Stati Uniti dal Vietnam all’Afghanistan, non vi è alcuna garanzia che abbiano avuto un grande impatto sugli elettori americani. Solo che oggi i problemi ed i rischi sono globali e soprattutto l’America non è più “the first” negli assetti e nei rapporti internazionali. Ma l’ostilità diffusa fra l’elettorato conservatore e nella maggioranza di quello Democratico, guarda alla Cina come il vero Competitor sopratutto in economia, tema molto caro all’opinione pubblica americana. E non solo, perché ormai politicamente il peso dell’Europa è quasi insignificante nel suo ruolo di baluardo alle presunte  brame”espansionistiche  russe se non fosse coperta dall’ombrello militare Americano, e la difesa della “democrazia globale” non è un argomento che fa presa su un elettorato storicamente “isolazionista”.  Descritti questi scenari di simulazione politica, la cruda realtà è che potrebbe giovare alle parti in competizione e allo stesso Joe Biden, il pacificatore, è quella di una soluzione negoziata. Ma se la linea (non dichiarata)  è quella di mettere in ginocchio la Russia per poi regolare i conti con la Cina, le ripercussioni anche economico/finanziarie (oltre ai rischi di uno scontro atomico)  potrebbero avere un differente e imprevedibile riflesso, fra un opinione pubblica che non combatte per i confini del proprio Paese, ma per quelli della sua egemonia.

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