di Wladymiro Wysocki (*)
Due morti sul lavoro nella provincia di Milano a distanza di poche ore, fanno continuare l’inarrestabile scia di sangue nel lavoro.
Endrit Ademi di 24 anni e Roberto Vitale di anni 60, questi i nomi delle due vittime che oggi si aggiungono alla lunga lista delle tragedie a causa del lavoro.
Ademi, che viveva nella provincia di Brescia è morto a Milano per una caduta di 12 metri dal ponteggio sul quale stava lavorando per i lavori di ristrutturazione della facciata della palazzina.
Vitale, stava lavorando per una ditta di trasporti di Brescia quando viene investito, all’interno di un deposito della DHL, da una motrice guidata da un collega uccidendolo.
Dalle prime notizie l’uomo era in pensione e stava continuando a lavorare con regolare assunzione per cercare di arrotondare e poter arrivare alla fine del mese.
Ormai parlare di emergenza non ha più senso, è diventata una costante quotidiana quasi una assurda “normalità” nella conta di persone che perdono la vita o restano gravemente mutilate dal lavoro.
Strage quotidiana, mattanza forse sono i termini che più si avvicinano alla realtà.
Dalle classiche dichiarazioni di circostanza si torna a parlare della necessità di ispettori sul campo, di formazione, di regole, di definire chiaramente le responsabilità, tante parole che tuonano nell’aria ma che poi restano solo di pura apparenza.
Si continua a morire, questo avviene ogni giorno e in media ogni otto ore circa.
La sicurezza sul lavoro resta un costo, alla vista delle imprese, resta un obbligo meramente burocratico al quale non tutti ottemperano e parlare di rischio o pericolo rimangono termini di qualche addetto ai lavori o prestate alle istituzioni per riempire i discorsi ormai svuotati di argomentazioni.
Già, termini che rimangono privi di una applicazione vera.
Investire nella cultura della prevenzione, nella programmazione, pianificazione, organizzazione e attuazione del Documento di Valutazione dei Rischi aziendale (DVR) e la formazione resta un miraggio.
Le leggi ci sono tutte, la normativa nella prevenzione è completa manca la sua attuazione e applicazione.
La prevenzione della sicurezza è avvertita come un valore? Questa è una domanda che ci dobbiamo porre e dare una risposta, visti i risultati è ovviamente negativa.
Proprio da qui dobbiamo partire per dare maggiore forza e contributi alla divulgazione della materia, della prevenzione, della tutela di ogni lavoratrice e lavoratore, degli studenti.
Due considerazioni vanno evidenziate, da una parte un comportamento illecito dei datori di lavoro che non applicano la legge e per questo devono essere necessariamente condannati con sanzioni e provvedimenti esemplari, dall’altra parte abbiamo anche dei comportamenti irresponsabili di alcuni lavoratori nel mettere in essere le loro attività lavorative.
Per entrambi si deve intervenire con la giusta formazione e la piena consapevolezza dell’esecuzione del proprio lavoro, dell’utilizzo delle attrezzature, dei mezzi, dei rischi presenti.
Nell’analisi degli eventi infortunistici dobbiamo considerare il panorama aziendale nei quali questi si verificano, sono aziende micro, piccole e medie questo indica una maggiore carenza di sensibilità alla cultura della prevenzione e della sicurezza diversamente alla grande impresa.
Ovviamente anche per una evidente disponibilità economica per poter investire a tutta quella documentazione e formazione che la normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro prevede, oltre alla disponibilità di poter organizzare una vera struttura.
Attualmente, viste le incessanti stragi, viene naturale soffermarsi a una riflessione su quale sia nostro Paese il valore che diamo alla vita del lavoratore.
È ancora possibile considerare la morte una condizione per lavorare?
Annullare il rischio nel lavoro non è possibile, come ci insegna la normativa, ma sicuramente lo possiamo ben valutare e progettare le giuste procedure con una specifica formazione per rendere il lavoratore esperto e addestrato a poter mettere in essere le attività con la preparazione necessaria e il comportamento corretto.
Purtroppo la realtà è ben diversa e si tende a sottovalutare il rischio e pericolo anche a causa di una esperienza che inevitabilmente ci fa abbassare la guardia accompagnato da una diseducazione al lavoro sicuro.
La sicurezza non deve essere un campo di scontro tra parti sociali, istituzioni, ordini professionali, tecnici, enti formativi, associazioni ma deve essere un argomento trasversale e unanime dove tutti concorrono a un fine unico, tutelare e garantire il benessere del lavoro, il lavoro sano e sicuro.
Non lasciamo il terreno al pessimismo dove nulla cambi, anzi, la speranza deve essere sempre viva e avere la forza e la determinazione per vincere una guerra dove rendere il lavoro migliore.
Quel lavoro tanto cercato per la propria realizzazione, per garantire una famiglia e per essere vita.
(*) Esperto di sicurezza sul lavoro