Covid

La nuova variante Covid (Kraken) cerca di conquistare l’Europa

La variante Kraken preoccupa anche l’Europa. Apparsa negli Stati Uniti, dove si è già ampiamente diffusa, la sottovariante di Omicron XBB.1.5 potrebbe diventare dominante nel Vecchio Continente “nei prossimi uno o due mesi” secondo la previsione del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc).

Dunque la presenza di una nuova variante a rapida diffusione di SARS-CoV-2, il virus che causa COVID-19, implica che un aumento di nuove infezioni potrebbe essere dietro l’angolo. Anche se probabilmente non eluderà completamente l’immunità, la variante potrebbe riuscire a evitare alcune delle nostre difese grazie a una spinta mutazionale.
XBB.1.5 – ufficialmente soprannominata “Kraken” on line da alcuni scienziati – è una sottovariante di Omicron che ha attirato l’attenzione dei virologi nelle ultime settimane per il suo significativo vantaggio in termini di velocità di diffusione. Le ricerche effettuate dal virologo computazionale Trevor Bedford e dal suo gruppo al Fred Hutchinson Cancer Center di Seattle, negli Stati Uniti, indicano che XBB.1.5 ha attualmente un numero di riproduzione di circa 1,6, il che significa che ogni persona infettata da questa sottovariante infetterà in media circa 1,6 altre persone. “Secondo le stime Nowcast dei Centers for Disease Control and Prevention sulle proporzioni delle varianti, probabilmente XBB.1.5 è già tra le sottovarianti più diffuse negli Stati Uniti”, spiega Marlin Figgins, dottorando dell’Università di Washington che lavora nel laboratorio di Bedford. “È probabile che nel breve periodo si verifichi un aumento dei casi, anche se ciò dipenderà dall’entità del vantaggio di XBB.1.5 e dai vari fattori che influenzano la trasmissione di SARS-CoV-2 in generale.” [A fine dicembre in Italia era al due per cento, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità”. È importante notare che XBB.1.5 è ancora una forma di Omicron, non una variante di SARS-CoV-2 completamente nuova, nonostante sia a poche decine di mutazioni di distanza dalla sottovariante BA.5, che ha dominato la scorsa estate. È anche molto simile al suo lignaggio di origine, XBB, a sua volta frutto di una combinazione di due lignaggi discendenti dalla sottovariante BA.2 che ha dominato la scorsa primavera.
La capostipite XBB, che ha fatto notizia dopo aver causato un’ondata di infezioni a Singapore lo scorso anno, si distingue per la sua capacità di eludere il sistema immunitario umano grazie a una mutazione in un sito della sua proteina spikenoto come 486. Le mutazioni in questo sito sono note per aver aiutato il virus a sfuggire al sistema immunitario anche nelle prime varianti della pandemia.
Lawrence Young, professore di oncologia molecolare alla School of Medicine dell’Università di Warwick, nel Regno Unito, descrive la mutazione come un compromesso evolutivo: “Fornisce una maggiore elusività immunitaria, ma è un compromesso in termini di infettività, poiché il cambiamento rende il virus leggermente meno efficiente in termini d’infezione”, afferma.
Al contrario, la caratteristica distintiva di XBB.1.5 e la sua principale differenza rispetto a XBB è una mutazione della proteina spike nota come F486P. Questa mutazione conferisce a XBB.1.5 un vantaggio significativo, aumentando l’infettività e mantenendo la capacità di XBB di eludere le difese umane. In altre parole, non si tratta tanto di un compromesso, quanto di un’accelerazione.
Il meccanismo alla base della maggiore trasmissibilità di XBB.1.5 non è noto con certezza. Ma la mutazione F486P della sottovariante permette al virus di agganciarsi più efficacemente ai recettori ACE2 nell’organismo, “la porta attraverso cui il virus entra nelle cellule del naso, della gola e dei polmoni”, afferma Young.
“Credo che pochi studi mostrino una correlazione diretta tra il legame con ACE2 e una migliore capacità di trasmettere il virus”, afferma Stanley Perlman, professore di microbiologia e immunologia all’Università dell’Iowa. “Sono sicuro che sia un fattore, ma è solo uno dei tanti.”
Il risultato è che XBB.1.5 è altamente trasmissibile, pur mantenendo la capacità di Omicron di eludere il sistema immunitario. Diversi esperti hanno sottolineato che la capacità di XBB.1.5 di eludere il sistema immunitario non devono essere sopravvalutate. Anche se la sottovariante può, in una certa misura, eludere gli anticorpi conferiti dai vaccini o da una precedente esposizione, non eluderà completamente il sistema immunitario, afferma Alessandro Sette, professore del La Jolla Institute for Immunology. Secondo Sette, XBB.1.5 avrebbe difficoltà a sfuggire all’immunità cellulare conferita dai linfociti T killer, che distruggono le cellule infettate dal virus anche se gli anticorpi non riescono a impedire l’infezione di quelle cellule.
Questa risposta dei linfociti T aiuta a prevenire malattie gravi. Al momento non ci sono prove che indichino che XBB.1.5 causi una malattia più o meno grave o sintomi diversi rispetto alle precedenti sottovarianti di Omicron.

“C’è stata una notevole confusione nella narrazione della protezione immunitaria”, afferma Sette. “È relativamente facile per un virus mutare per sfuggire agli anticorpi perché questi sono limitati a una certa area della proteina spike del virus. Ma che dire dell’immunità cellulare? Il meccanismo con cui i linfociti T riconoscono il virus è completamente diverso.”
E aggiunge che mentre alcune varianti di SARS-CoV-2 possono sfuggire agli anticorpi in misura variabile, i linfociti T mantengono circa l’85 per cento della loro capacità di combattere il virus a livello di popolazione. Ciò rafforza un punto che molti esperti hanno sottolineato durante la pandemia: anche se l’immunità derivante da vaccini o da una precedente esposizione potrebbe non impedire alle persone di essere infettate più volte, aiuterà comunque a prevenire malattie gravi. Jake Scott, professore di malattie infettive alla Stanford University, non è ancora preoccupato per l’XBB.1.5. “Credo sia chiaro che tutte le sottovarianti di Omicron hanno intrinsecamente meno probabilità di portare a malattie gravi perché hanno meno probabilità di portare a malattie del tratto respiratorio inferiore”, afferma. “Sì, le sottovarianti di Omicron sono abbastanza trasmissibili e sì, XBB.1.5 è la più trasmissibile delle sottovarianti di Omicron, quindi è possibile che porti a un aumento dei casi. Ma non temo affatto che possa portare a un aumento dei ricoveri e dei decessi dovuti esclusivamente al COVID.”
Scott riconosce che si tratta per lo più di congetture. “Ma anche se sono riluttante a fare previsioni, penso che sia giusto avere fiducia nei vaccini”, afferma.
Sette ribadisce questo punto: “Certamente ci sono state ondate tremende di infezioni con ogni diversa variante, ma in larga misura i vaccini hanno mantenuto la loro protezione contro le malattie gravi”, sottolinea. “Ora abbiamo dei richiami bivalenti che sono ancora migliori: questo è molto importante.”
Inoltre, i farmaci COVID antivirali come Paxlovid e remdesivir “dovrebbero essere ancora efficaci contro XBB.1.5”, afferma Young. “Entrambi impediscono la replicazione del virus e la loro funzione cruciale non è alterata in XBB.1.5.”

 

 

L’originale di questo articolo è stato pubbbblicato su Scientific American. Traduzione ed editing a cura di “Le Scienze”. 

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