Esteri

La quiete dopo la tempesta, i serbi hanno smantellato le barricate in Kosovo

Sotto la pressione di Bruxelles e Washington, il confronto tra Serbia e Kosovo sta rapidamente rallentando. Il leader serbo Aleksandar Vučić ha convinto i serbi del Kosovo a smantellare le barricate pur ordinando di mettere in allerta le forze armate del paese. Il capo dello Stato ha ringraziato Mosca per il sostegno politico durante l’escalation. Ue e Usa sperano che Belgrado e Pristina tornino presto al tavolo dei negoziati. Tuttavia, gli esperti sono sicuri che questa sia solo un’altra pausa e una nuova crisi non tarderà ad arrivare. 

Washington e Bruxelles affermano di cercare una soluzione politica insieme al presidente serbo Aleksandar Vucic e al primo ministro del Kosovo Albin Kurti dopo che il  10 dicembre erano esplosi disordine nei centri del Kossovo del Nrd a maggioranza Serba per l’arresto di un poliziotto di questa comunità, mentre di notte i serbi erano in servizio nelle tende e di giorno uscivano sulle barricate.

Nel frattempo, in diverse parti del nord del Kosovo, si erano uditi colpi di arma da fuoco ed esplosioni di granate stordenti. Sui social network serbi erano apparsi video che mostravano il movimento di attrezzature militari e il volo di elicotteri Mi-35 dell’Aeronautica Militare nel comune di Raska.

Le autorità kosovare si erano dette pronte a inviare forze speciali in qualsiasi momento ea demolire le barricate. Vucic ha rispondeva promettendo di proteggere i serbi, mentre Belgrado portava to tutte le unità del Ministero degli affari interni al massimo grado di prontezza al combattimento.

La situazione era ulteriormente peggiorata quando, il 15 dicembre, il primo ministro del Kosovo Albin Kurti ha consegnato alla Repubblica Ceca, che ora presiede il Consiglio dell’Unione europea, la domanda di adesione di Pristina all’UE.

In risposta  il ministero della Difesa della Serbia ha presentato una richiesta al comando della missione NATO KFOR in conformità con la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per l’introduzione di un contingente limitato di un massimo di mille forze militari e poliziotti serbe in Kosovo e Metohija.

Quando la situazione si è surriscaldata, sono intervenuti Washington e Bruxelles. Di conseguenza, le tensioni sono state ridotte. L’ufficiale di polizia è stato scarcerato e posto agli arresti domiciliari, mentre Vučić avrebbe incontrato il 30 dicembre a Belgrado,  i leader serbi del Kosovo inducendoli a smantellare le barricate.  Il presidente serbo ha ricevuto garanzie da Washington e Bruxelles che le richieste dei serbi  sarebbero state soddisfatte evitando l’invio delle forze speciali kosovare nel nord contro i manifestanti.

Da Belgrado il presidente  Vucic ha ringraziato Mosca per l’assistenza politica durante l’escalation della tensione in Kosovo. “Un numero infinito di volte ringrazierò la Russia per il supporto che ci dà”, ha dichiarato.

Ma secondo Ekaterina Entina,professore presso la National Research University Higher School of Economics, capo del dipartimento di studi sul Mar Nero e sul Mediterraneo, in un’intervista a Izvestia ritiene che “questa è un’altra tregua, nessun problema nelle relazioni tra Serbia e Kosovo è stato risolto e non può essere risolto.

Le barricate non potevano apparire da sole, unicamente come iniziativa dei serbi del Kosovo, al di fuori del dialogo tra i serbi del nord e Belgrado. In linea di principio, l’intera politica di Vučić è quella di temporeggiare il più a lungo possibile…..”

Anche se il  leader serbo afferma di essere molto grato alla Russia, questo sostegno è diplomatico e verbale, e ciò che sta accadendo sul campo  implica  non solo tale assistenza.

nel frattempo  Putin, grazie alla consolidata amicizia fra Mosca e Belgrado, ha ordinato all’ambasciatore russo in Serbia Alexander Botsan-Kharchenkodi elaborare scenari per la riduzione dell’escalation.

“Presumo che quello che abbiamo visto sia uno scenario sviluppato non senza la partecipazione della Federazione Russa che intende uscire tatticamente da questa situazione, senza fare movimenti bruschi in una direzione o nell’altra”aggiunge la professoressa Entina.

Igor Novakovich, direttore della ricerca presso il Centro di Belgrado per le relazioni internazionali e la sicurezza (Fondazione ISAC), condivide questa posizione perché a suo avviso“vengono rimosse le barricate, ma rimarranno la tensione e la sfiducia tra le parti”. Inoltre non condivide l’ottimismo del Rappresentante speciale dell’UE per il dialogo tra Serbia e Kosovo, secondo il quale un accordo tra Belgrado e Pristina potrebbe venir raggiunto il prossimo anno.

“Per raggiungere una sorta di soluzione decisiva – ha aggiunto- , è necessaria una partecipazione più attiva dell’Unione europea alla risoluzione del conflitto. Tuttavia, per molti anni [Bruxelles] non si è considerata un attore geopolitico chiave nella regione…..(quindi)  mi sembra che il 2023 sarà di nuovo un anno di stagnazione, senza escludere  la possibilità di un nuovo conflitto, perché i leader di entrambe le parti non possono controllare sempre gli sviluppi della situazione ”.

Giu.Lo.

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